2 Febbraio 2002
Il
segno del canone inverso
DIANA
SARTORI
La tradizione del pensiero filosofico ripensata alla luce della differenza
tra i sessi.
Per Tre Lune
Edizioni, "I filosofi e le donne", l'ultimo lavoro di Wanda
Tommasi
Il mondo della differenza è il mondo dove il terrorismo getta le
armi e la
sopraffazione cede al rispetto della varietà e della molteplicità
della vita". Colpisce
leggere adesso questa frase di Carla Lonzi scelta da Wanda Tommasi per
il risvolto
di copertina del suo libro I filosofi e le donne (Tre Lune Edizioni, Mantova
2001).
Sono lontane nel tempo le parole di Lonzi che adesso suonano tanto amaramente
profetiche: erano trent'anni fa, il femminismo della differenza in Italia
era agli inizi.
Tommasi le riprende non molto tempo fa, ma comunque prima degli eventi
che oggi
le fanno risuonare ancora amaramente profetiche. Quanto, come è
cambiato il
mondo in questo tempo, viene da domandare. Quanto, come il mondo della
differenza è venuto al mondo.
Certo non sembrerebbero tempi, questi, che inclinino ai bilanci positivi,
ma
l'inclinazione all'amarezza cui spinge la durezza del tempo presente può
inclinare
anche malamente la bilancia del giudizio, alterandone la misura e la sensibilità.
Misura forzata dal peso degli eventi, dalla violenza e dal dolore, dalla
visibilità
estrema con la quale vanno a occupare tutta la scena, inducendo una riduzione
dello sguardo e una semplificazione dei discorsi che scherma, occlude
e sottace ogni
differenza. Di un dispositivo di semplificazione che non è poi
così distante, né si può
dire così innocente, rispetto a questo, pur volendosi levare dal
mondo all'altezza
sottile e rarefatta del pensiero, parla il libro di Wanda Tommasi.
Il suo sguardo,
rivolto alla tradizione del pensiero filosofico dal guadagnato punto di
osservazione della differenza sessuale, fa infatti risaltare, proprio
"per differenza",
come la prospettiva disegnata da quella tradizione sia affetta da una
peculiare
distorsione della visione che proietta sullo schermo filosofico una immagine
che
risulta insieme disordinata e semplificata. Con il risultato che "c'è
un disordine, nella
tradizione, quanto al tema della differenza tra i sessi, e il disordine
è lo schermo di
una mancanza di pensiero". I filosofi hanno, a prima vista, mancato
di pensare la
differenza dei sessi, e quando lo hanno fatto hanno pensato la differenza
di uno solo
dei due, quello femminile, differente dal loro e in quanto tale portatore
di un
problema risolto per lo più nei termini dell'essere una "differenza
da", minore,
mancante. La loro prospettiva "somiglia un po' alla posizione di
un osservatore che
veda bene l'altro, perché lo ha di fronte, ma non riesca a vedere
se stesso, perché
non ha davanti uno specchio in cui la sua immagine possa riflettersi.
O meglio, il
filosofo, l'uomo, uno specchio ce l'ha davanti: è una donna".
E' questa un'immagine
che Tommasi mutua da Virginia Woolf, quella della donna che funge da specchio
ingrandente per l'uomo, e che illumina uno dei meccanismi cruciali del
dispositivo che
si è detto: "per ingrandire l'immagine di un'identità
umana che faceva tutt'uno con
quella maschile, i filosofi si sono impegnati, quasi sistematicamente,
a svalorizzare la
differenza femminile". Con ciò viene in primo piano il profilo
di quello che è uno degli
aspetti più vistosi della tradizione filosofica, e anche quello
che per primo è stato
portato alla luce e smascherato dalle analisi femminili: la misoginia.
Qui Wanda
Tommasi sembra di nuovo raccogliere l'eredità della Lonzi, e del
suo
"Chiediamo referenze di millenni di pensiero filosofico che ha teorizzato
l'inferiorità
della donna". Ma, se il legame c'è, e riconosciuto, il tempo
è passato, e la differenza
ha fatto mondo. Lo si sente anche dal tono, che non è più
quello del liberatorio e
violento Sputiamo su Hegel, sacrosanto peraltro, ma quello pacato e saldo
di un
giudicare con un agio che si alimenta di forza libera da rancore. La differenza
femminile, pur avendo più volte fatto la sua comparsa nella storia
del pensiero per
opera di alcune donne che la hanno agita e pensata, non si è consolidata
in una
tradizione, rileva Tommasi scegliendo alcune voci femminili a fare da
"contraltare" a
quelle dei filosofi. La differenza non si sarà fatta tradizione,
aggiungo, ma si è fatta
libertà, mondo, orizzonte, giudizio, discorso. Discorso di cui
la stessa Wanda
Tommasi è stata protagonista, nella ricerca con Diotima, e come
una delle prime
fautrici del fiorire dell'interesse su Simone Weil in Italia. A partire
dal luogo del senso
libero della differenza femminile, luogo imprevisto e inaudito perché
"non c'è stato
quasi mai, nella storia, libero gioco tra i due sessi nel comune cimento
per l'identità
umana", non si tratta di "mettere sotto accusa una differenza
maschile che è stata
per secoli egemone, nel bene e nel male, ma di rilanciare la posta in
gioco
dell'identità umana a partire dal guadagno di libertà della
differenza femminile". Nel
ripercorrere la tradizione del pensiero filosofico occidentale, alla chiave
della
misoginia, definita "una scorciatoia, un'occupazione abusiva da parte
di uno dei due
sessi dell'identità umana", viene così preferita quella
dell'androcentrismo, essendo
quest'ultimo "un orientamento del pensiero, nel quale risalta soprattutto
l'operazione
egemonica di elaborazione dell'identità umana da parte del soggetto
maschile".
L'elaborazione filosofica, così, appare segnata da una profonda
asimmetria, quella "di
una identità umana tutta sbilanciata sul lato maschile", da
una "forma dispari, con il
maschile come misurante e il femminile come misurato". Da ciò
la necessità di un
approccio che, a partire dal punto di vantaggio asimmetrico di uno "squilibrio
teorico
che è frutto di uno squilibrio storico", assuma la centralità
della differenza sessuale
la quale agisce come "significante che organizza la sfera sociale
e quella simbolica".
Così Tommasi formula un criterio metodologico secondo il quale
dichiara di aver
"considerato la differenza sessuale come significante che struttura
in profondità
tutto il pensiero di un autore, anche là dove le ricorrenze esplicite
relative alla
differenza di essere uomo/donna siano, come spesso accade nella tradizione,
confinate in luoghi marginali del pensiero dell'autore stesso."
Le tappe
di questo percorso di ripensamento della tradizione sono costituite
dall'attraversamento dei principali autori del canone: la cultura greca
e medievale
che tematizzano la differenza dei sessi soprattutto attraverso il tema
dell'amore,
con Platone, Aristotele, Tertulliano, Agostino, Tommaso, e una bella lettura
della
vicenda di Abelardo ed Eloisa dove viene in primo piano la di lei scelta
della posizione
di "secondarietà". Seconde solo a Dio sono invece le
protagoniste della mistica
femminile (Ildegarda, Porete, Teresa) che vengono poste a "contraltare".
Nella
modernità (scandita da Cartesio, Rousseau, Kant) la differenza
dei sessi non passa
più per la tematizzazione dell'amore, ma per la dinamica tra ragione
e passioni, e si
impone quell'alternativa uguaglianza/differenza che si dimostrerà
una chiave tanto
tenace nel costringere gran parte del femminismo storico "a collocarsi
entro la
'gabbia' della battaglia per l'uguaglianza dei diritti", a partire
da Mary Wollstonecraft.
Dopo aver passato al vaglio del pensiero della differenza la stagione
della filosofia
ottocentesca (con Hegel, il marxismo, Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche)
all'altezza dell'aprirsi di un '900 che sembrerebbe voler portare la differenza
al cuore
della filosofia, Tommasi sceglie significativamente di dare ascolto solo
a voci
femminili: Virginia Woolf, Simone De Beauvoir, Simone Weil, Hannah Arendt,
Maria
Zambrano, Luce Irigaray. E' il segno dello squilibrio di cui si è
detto, che consente di
smarcare il pensiero della differenza dai significati previsti e dalle
parole che
declinano "un concetto non libero di differenza femminile",
siano quelle che vengono
dal pensiero maschile contemporaneo - che viene con precisione riconosciuto
da
Tommasi come interessato piuttosto ad una differenza sessuale come mera
"figura"
di altro - siano quelle femminili che riportano nell'alveo dell'uguaglianza
la differenza,
come lucidamente si giudicano essere quelle che le preferiscono la categoria
di
gender. La differenza non è riducibile al genere, né alla
condizione femminile, né ad
un insieme di valori, qualità, ruoli che si sono storicamente sedimentati:
"la
differenza femminile eccede anche, in parte, la storicità, e allude
a una
trascendenza del femminile, all'apertura di quest'ultimo verso possibilità
inesplorate e
non previste dalla prospettiva androcentrica." C'è un di più
della differenza, che
"nella sua irriducibilità, nell'opacità del corpo che
la rende non oltrepassabile" ne fa
un "significante inesauribile".
Differenza
imprevista e imprevedibile che riapre il gioco in un guadagno di libertà
che, afferma Tommasi, riguarda entrambi i sessi "i giochi, dunque,
rimangono più che
mai aperti." Sta qui, in fondo la risposta alla domanda che in apertura
del libro era
posta: di fronte al mutamento in corso "perché non lasciare
sprofondare nel silenzio"
quella tradizione e quelle parole? Per avere parole femminili come queste,
risponderei, ma per riaprire il gioco, e perché invece, intorno,
c'è tutto questo
rumore così assordante e così vuoto.
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