Il
sole 24 ore - 31 maggio 2009 «Noi, madri di Tienanmen» Lettera delle Madri di
Tienanmen al Congresso del popolo cinese Da allora,
le autorità governative hanno sminuito l'evento nominandolo solo
attraverso la sua data, "il 4 giugno". Hanno inoltre proibito
ai compatrioti e ai media di discuterne. Voi, delegati riuniti per il Lianghui, voi membri del Comitato solennemente riuniti, riuscite oggi a sentire tutto il dolore che proviene dal 4 giugno? Riuscite a sentire i gemiti sofferenti dei familiari delle vittime? Da allora le macchie di sangue e i proiettili sono spariti e hanno fatto posto a piante esotiche. La piazza è stata trasformata in un luogo pacifico e opulento. Pensate che questo possa nascondere i crimini commessi quel giorno? Pensate che possa eliminare la sofferenza dei parenti delle vittime che si rinnova anno dopo anno? No, questo non è assolutamente possibile! Il 4 giugno non deve essere ricordato né come "un incidente politico" né come "un grave incidente politico". Quella piazza è il luogo della vergogna e deve essere ricordata come la piazza dei crimini contro l'umanità. Non importa quanto forte sia il potere che abbiamo di fronte, nessuno può negare che vent'anni fa le armi automatiche e i carri armati hanno spazzato via centinaia di giovani vite. Questo fatto è orribile! Gli anni trascorsi non sono pochi, sono sufficienti alla crescita di una generazione. Una generazione che sta crescendo senza aver vissuto e senza poter ricordare quella carneficina. Una generazione che non sa cosa significa essere massacrati in una città sotto assedio e neppure conosce la desolazione che ne segue. In questi vent'anni si sono susseguite quattro generazioni di leader. Voi delegati riuniti per il Lianghui, voi membri del Comitato, anche voi siete cambiati, sessione dopo sessione. Nonostante la situazione storica sia profondamente diversa, sembra che ai leader del Paese e del Partito continui a far comodo che il ricordo del 4 giugno sia debole, quasi fosse un evento avvenuto nella notte dei tempi. Anche su
questo le Madri di Tian'anmen non sono d'accordo. Noi crediamo che la
Nazione non si possa permettere di determinare in maniera vaga la natura
del 4 giugno. Il proposito delle madri di Tian'anmen è questo: dire tutta la verità, risolvere la questione e non credere a nessuna bugia. Noi abbiamo chiesto subito un'inchiesta, abbiamo chiesto a chi di dovere di riesaminare l'accaduto, di tornare a verificare che nessuno dei 194 caduti noti sino ad oggi ha commesso alcuna violenza. Loro sono parte delle vittime innocenti massacrate in piazza, sono morti per la giustizia e noi, per loro, dobbiamo tornare a discutere di giustizia. Non ci fermeremo fino a quando non l'avremo ottenuta. Il nostro futuro, altrimenti, dovrà fare i conti con i fantasmi di quei morti. Dal 1995
ogni anno le vittime e i familiari delle vittime del massacro del 4 giugno
scrivono all'assemblea del popolo proponendo tre punti per risolvere la
questione del 4 giugno: -Scrivere un rapporto sul massacro del 4 giugno e determinarne le responsabilità. Tutto ciò
si può sintetizzare in tre parole: verità, risarcimento
e responsabilità. Per analizzare, spiegare e risolvere l'impasse del 4 giugno e per proseguire su una via pacifica, noi nel 2006 abbiamo proposto, in base al principio fai prima ciò che è facile e poi ciò che è difficile, di rimandare ad un momento successivo le grosse controversie e i problemi su cui non è possibile trovare un accordo rapidamente. Prima di
tutto chiediamo di: Ancora nel
2008 ci siamo rivolti ai delegati del Lianghui per affermare che il dialogo
sta sostituendo il conflitto in tutto il mondo. Anche il governo cinese,
negli affari internazionali, preferisce il dialogo come mezzo di soluzione
di dispute e ostilità. Noi abbiamo molti argomenti e chiediamo
alle autorità governative di risolvere le dispute e le ostilità
interne alla società cinese con lo stesso metodo. Se bisogna trovare
un accordo sulla questione del 4 giugno è meglio che il dialogo
sostituisca il conflitto. Questo metodo gioverebbe anche a tutte le minoranze
etniche e ai compatrioti dell'assemblea plenaria. Più dialogo significa
più cultura e più legalità e, quindi, meno ignoranza
e presunzione. Dialogo non significa indirizzare la società contro
i nemici ma significa indirizzare la società verso la pace e la
riconciliazione. Usare il metodo del dialogo per risolvere la questione
del 4 giugno è l'unico modo per pacificare la società su
un accordo condiviso. Il presidente Hu Jintao, in un recente discorso pubblico si è chiesto: "Sosteniamo o no la popolazione? La assistiamo? La rendiamo felice? Siamo in grado di rispondere ai problemi esistenti con l'istituzione di politiche generali e specifiche?" . Diamo il nostro benvenuto a queste problematiche, ma noi continueremo a proporre al Congresso nazionale del popolo, al Comitato centrale dell'Assemblea consultiva politica, all'intera nazione e in special modo a Pechino, di rompere il tabù del 4 giugno e di promuovere, per una volta, un vasto sondaggio di opinione sugli eventi del 4 giugno per vedere cosa rispondono le masse. Pensiamo che questo obiettivo non sia difficile da raggiungere. Nel cuore delle masse cinesi è tutto chiaro. Il massacro del 4 giugno è il rivestimento di ferro costruito con abilità dal leader di seconda generazione Deng Xiaoping sull'intera nazione, dalle masse al leader massimo. La Nazione è accecata dal prestigio di cui ancora gode Deng Xiaoping e preferisce abbandonare le novità per non cambiare il principio secondo cui "il partito determina la composizione del governo". Questa è la questione più difficile. L'interpretazione del 4 giugno come una "soppressione della ribellione controrivoluzionaria" ha lasciato il posto a quella che vede accadere "un serio incidente politico", ma nella pratica non è cambiato nulla. Per questo abbiamo bisogno che i delegati mostrino il coraggio e l'intelligenza politica necessari a superare un tabù. Bisogna discutere della terribile tragedia avvenuta venti anni fa per risolvere, alla luce dei fatti, la questione del 4 giugno. Se questo accadrà, la gente comune ne riceverà beneficio per i prossimi mille anni. 26 febbraio
2009 (traduzione di Cecilia Attanasio Ghezzi) |