di Elena Basso
La storica presidente dell’associazione che denunciò i crimini della dittatura militare argentina tra il 1976 e il 1977 aveva 93 anni. Il governo argentino ha decretato tre giorni di lutto nazionale.
In Argentina c’è un detto: «Quando non sai cosa fare, guarda dove vanno le Madri». Le Madri a cui si riferisce sono le Madres de Plaza de Mayo, il gruppo di donne argentine che durante gli anni della dittatura di Videla ha deciso di scendere in piazza sfidando il regime per chiedere dove fossero finiti i loro figli, fatti scomparire da un giorno all’altro dai militari. Le Madres sono state la prima crepa che ha causato la fine della dittatura e oggi nel Paese sono così rispettate che, come recita il detto, quando gli argentini non sanno cosa pensare di fronte a una nuova notizia o un fatto politico aspettano il parere delle Madri, guardando da che lato vanno. Oggi per capire dove sta andando una delle fondatrici delle Madres gli argentini dovranno guardare un po’ più lontano: Hebe de Bonafini, leader della storica associazione, è morta stamattina [20 novembre ’22, Ndr].
Come ha divulgato la famiglia, Bonafini, novantatré anni, era stata ricoverata per tre giorni in ospedale alla metà di ottobre per accertamenti che non avevano rivelato particolari patologie. La settimana prima del ricovero Bonafini, come ogni giovedì degli ultimi quarantacinque anni, aveva marciato insieme alle altre Madres in Plaza de Mayo, di fronte alla Casa Rosada, il palazzo governativo argentino. Durante la dittatura di Videla, iniziata con un golpe il 24 marzo del 1976, sono stati almeno 30mila i cittadini fatti sparire dai militari. Chiunque si opponesse alla spietata dittatura veniva sequestrato, torturato e rinchiuso in uno delle centinaia di centri clandestini di sterminio presenti in quegli anni in tutto il Paese, per poi essere ucciso o gettato, ancora vivo, in mare con uno dei cosiddetti “voli della morte”. A cercare i desaparecidos sono rimaste le madri che, giorno dopo giorno, continuavano ad andare nei commissariati chiedendo dove fossero finiti i loro figli. Tutti chiudevano loro le porte in faccia: i desaparecidos semplicemente non esistevano.
Ma invece di arrendersi quelle donne decisero di fare ciò che di più pericoloso si sarebbe potuto fare in quegli anni: un giovedì del 1977, appena un anno dopo l’inizio del regime, scesero in piazza di fronte al palazzo governativo e iniziarono a sfilare in silenzio tenendo in mano la foto dei loro figli scomparsi. Al capo annodarono un pannolino di tela che avevano usato quando i loro figli erano dei neonati, sopra ricamarono il nome dello scomparso, la data di nascita e quella dell’ultima volta in cui era stato visto in vita. Iniziarono a marciare in tondo, facendo una ronda attorno a un monumento al centro della piazza. I militari si avvicinarono, ma non prestarono loro molta attenzione. Era solo un gruppo di casalinghe, presto si sarebbero stancate.
Loro però non smisero e mentre la maggior parte della popolazione le chiamava “le pazze della piazza”, si moltiplicarono e ogni giovedì furono sempre di più. Fra quei fazzoletti bianchi non mancò mai quello di Bonafini, i cui figli Jorge Omar e Raúl Alfredo, furono fatti sparire nel 1977 a La Plata. «Prima del sequestro dei miei figli – ha detto Bonafini durante un discorso – ero una casalinga. Non mi interessava la situazione politica del Paese o la questione economica: per me erano fatti assolutamente estranei. Però dopo la loro scomparsa, grazie all’amore che provavo per loro e per la ricerca di giustizia condivisa con tante altre madri, ho potuto conoscere un mondo nuovo. E ora mi importa di tutto ciò che mi circonda. Mi sono resa conto di fatti fondamentali, di cui tutti dovrebbero curarsi, perché sono cruciali per il destino del Paese e per quello di migliaia di famiglie».
Dalla notizia della scomparsa di Bonafini (per cui il governo ha decretato tre giorni di lutto nazionale) sono arrivati da tutto il mondo migliaia di messaggi di cordoglio. Il più comune e quello con cui sicuramente la leader delle Madres verrà salutata al suo funerale è stato: «Hebe, presente, ahora y siempre» (Hebe è presente, adesso e per sempre), lo stesso grido con cui i familiari dei desaparecidos scuotono le piazze argentine da oltre quarant’anni.
(la Repubblica, 20 novembre 2022)