di Ilaria Galateria
Misurata, riservata e discreta sul lavoro e nel privato, altrettanto sui social. Francesca Fialdini, da due anni su RaiUno impeccabile padrona di casa de “La vita in diretta”, questa stagione al suo fianco c’è Tiberio Timperi, ci racconta la sua “vita digitale”
Il mio rapporto è duplice e di segno opposto – dice la conduttrice di origine toscane, 40 anni il prossimo 11 ottobre – da un lato mi piace la possibilità offerta dai social network di mantenere un’ulteriore forma di contatto con i miei amici e i miei affetti più cari. Così anche di conoscere tante persone splendide, che mi scrivono quotidianamente per segnalarmi notizie, storie o semplicemente per raccontarmi una parte del loro quotidiano. D’altro lato, però, non amo quando i social network si trasformano in luoghi di odio, dove alcune persone sperimentano l’aspetto più feroce della propria personalità e la mostrano senza inibizioni.
Facebook, Instagram, Twitter. Quali usi di più?
Ho un profilo su ognuno dei tre, ma quello che seguo con più assiduità è Instagram. Lì spesso mi capita di avviare lunghe e articolate conversazioni con amici e persone che non ho mai incontrato ma che condividono con me un pensiero su un argomento che in qualche modo ci lega. Può essere lo spunto di un post che ho appena pubblicato, oppure un argomento che ho trattato in trasmissione. È bello avere questo ritorno, non lasciare che il confronto con chi ti segue si fermi al momento della diretta. Spesso si riesce a trovare stimoli e curiosità che arricchiscono il proprio punto di vista…
A volte mi capita di controllare i commenti che le persone lasciano sui miei profili ma so anche quando è il momento di staccare e riappropriarmi del mio tempo.
Dagli inizi della sua carriera come è cambiato il mondo del giornalismo con i nuovi mezzi di comunicazione?
Naturalmente il giornalismo è cambiato moltissimo. Ma ditemi quale aspetto della vostra vita non è stato stravolto dalle nuove tecnologie? La televisione è stata rivoluzionata così come il mondo dell’intrattenimento. Una volta un film era prerogativa della sala cinematografica, ora sempre più spesso la prima visione è dedicata allo streaming in tv o sullo smartphone. E non si tratta solo di spettacolo. Molti nuovi lavori nati dall’idea di un’app erano inimmaginabili solo qualche tempo fa. E pure le relazioni sentimentali ora fluiscono attraverso codici di un’applicazione. Questo per dire che certe cose non si possono fermare.
L’innovazione tecnologica non è un Moloch a cui sacrificare il futuro, ma un’opportunità da saper governare. Il giornalismo sicuramente ha sofferto l’avvento dei social network, tra mancati guadagni e la concorrenza di siti spazzatura, ma sono certa che saprà ritrovare la sua essenza.
E, per quanto a volte possa sembrare anacronistico ripeterlo, credo che la direzione verso la quale puntare per “salvare” il mestiere più bello sia investire sempre su due caratteristiche: qualità e verità.
Un mondo di vite connesse tra loro, di condivisione, di racconto collettivo che, in qualche modo, unisce tutti. Anche il mondo del lavoro, delle relazioni, delle amicizie ha subito una trasformazione.
Sì, in atto ci sono enormi trasformazioni. Non credo però ai racconti distopici di un futuro cupo e negativo ma, piuttosto, nella necessità di gestire con consapevolezza queste profonde trasformazioni. E quando dico “gestire” intendo educare. Educare al rispetto dell’altro, alla responsabilità delle proprie azioni, alla gentilezza. Prima degli smartphone non potevano accadere casi come quello che ha colpito Tiziana Cantone, la ragazza morta suicida dopo la diffusione di un video privato in cui era protagonista insieme al fidanzato di allora. La pratica del “revenge porn” è uno degli aspetti più negativi di questo mondo dove tutto è connesso e tutto è condiviso. E, da questa degenerazione, si può solo uscirne con l’educazione.
Il lato oscuro del web: frodi, cyberbullismo e altro. Come tutelarci?
Non credo ci sia un lato oscuro del web. Credo piuttosto ci sia un lato oscuro di alcune persone che si manifesta in forme sempre più feroci. Non è il web che ci rende peggiori, siamo noi che dobbiamo imparare a stare insieme. A rispettarci come persone, prima ancora che come utenti di un social network.
“La vita in diretta” ha un grande seguito anche sui suoi social. Come interagiscono gli utenti?
Commentando e spesso contribuendo al racconto che facciamo in diretta. Lo fanno con i canali ufficiali della trasmissione ma anche con quelli personali di noi conduttori. Il bello è che spesso riescono a stupirci. Un esempio su tutti: la campagna di solidarietà scatta per Salvatore Montalbano, il piccolo affetto da ipotonia muscolare e bisognoso di cure a Genova.
So che lei è un’attenta lettrice: tra un libro cartaceo e un ebook, quale preferisce?
Decisamente il cartaceo. Non è tanto per il piacere della carta o la facilità di lettura. La mia preferenza è del tutto pratica e un po’ nostalgica: sono ancora una che per segnalibro continua a piegare gli angoli della pagina. La scelta, quindi, è obbligata!
“La vita in diretta” le sta regalando grandi soddisfazioni…
È una trasmissione che dal punto di vista dei contenuti è sicuramente impegnativa. In questi mesi tutta la squadra ha fatto un gran lavoro per rendere questo prodotto sempre più competitivo ed efficace. Una sfida non semplice, ma affrontata con una determinazione e una serietà che lascia soddisfatti.
Un progetto e un sogno professionale nel cassetto
Di sogni ce ne sono tanti. Tutti uniti da un unico filo rosso, la voglia di mettersi sempre alla prova e di non accontentarsi mai. Di progetti, invece, al momento ce n’è uno a cui tengo particolarmente. Si tratta di un nuovo libro per bambini che uscirà quest’anno. È insieme una storia ma anche un libro per educare nel periodo dell’infanzia. Farà parte di una collana delle Edizioni Paoline pensata proprio per far conoscere ai più piccoli le parole che spesso utilizzano gli adulti e che, in contesti diversi, hanno significati diversi. Un lavoro a cui tengo moltissimo.
Digitalic, 05/2019_n.84 (www.digitalic.it)