di Luisa Muraro
Se avessi a disposizione due o tre campanili e più ancora, farei suonare le campane a festa. Finalmente l’editore Feltrinelli si è deciso a pubblicare La passione secondo G.H. che è il capolavoro di Clarice Lispector (1920-1977), una scrittrice che nella letteratura del Brasile è come il monte Bianco nelle Alpi.
Le campane suonano perché, tolte donne come Margherita Porete o Teresa d’Avila, nessuno e nessuna come lei ha saputo narrare l’esperienza femminile del prendere coscienza di sé che quando attinge il fondo, non trova più il sé ma lo sconfinamento puro: “Ed ero adesso così grande che non mi vedevo ormai più”. Sono tra le ultime parole di G.H., protagonista di una vicenda mistica e politica insieme in cui possiamo rispecchiarci per giorni e giorni. O mesi, o anni.
Le campane suonano perché nessuna come lei conosce e sa trasmettere nella scrittura il terremoto sotterraneo della violenza trattenuta che le donne ben sanno. Nel convegno a lei dedicato (Lectures Lispectoriennes entre Europe et Amériques, Parigi, 12-14 maggio 2011) una femminista del Brasile ha reso questa testimonianza: “Clarice non fu femminista ma in Brasile il movimento femminista si è subito riconosciuto in lei e da lei ha preso forza”. Non soltanto in Brasile, aggiungo io.
Le più vecchie di noi probabilmente ricordano La passione secondo G.H. apparsa a Torino nel 1982, nell’ottima traduzione di Adelina Aletti, con una nota di Angelo Morino, presso la piccola casa editrice La Rosa, fondata da Edda Melon. Erano gli anni d’oro del movimento femminista, tra i cui meriti c’è anche l’aver incoraggiato gli editori a pubblicare libri scritti da donne.
I diritti della Passione furono poi presi da Feltrinelli che ha lasciato passare un sacco di anni, ma ora finalmente la ripubblica nella traduzione della Aletti, giustamente. Ma non in un volume separato. Per ragioni che non so giudicare, La passione ritorna all’interno di un grosso volume contenente i racconti e i romanzi principali di Lispector. Sono esattamente ottocento pagine, con un titolo di fantasia: Le passioni e i legami e una prefazione di Emanuele Trevi.
Alla raccolta mancano parecchi titoli, fra cui segnalo Acqua viva (Sellerio), La scoperta del mondo (La Tartaruga) e le lettere scelte pubblicate da Archinto: La vita che non si ferma.
Il volume di Feltrinelli è inevitabilmente costoso, quaranta euro, però mi sento di dire che il libro li vale e non soltanto per il capolavoro, anche per gli altri titoli. Penso specialmente ai racconti, onirici e realistici insieme, stupefacenti, tutto guadagnato con la scrittura, senza ricerca di effetti letterari. Penso soprattutto all’ultimo romanzo, postumo, L’ora della stella, che ha come protagonista una miserrima creatura di nome Macabea, uno di quei diamanti grezzi della specie umana che solo i sommi – Dostoevskij – sanno “tagliare” con tanta perfezione.
Non sto certo rubando il mestiere alla critica letteraria, riferisco i pensieri di una lettrice.
Che dire della Prefazione di Emanuele Trevi? Per cominciare, sa che la nascita dell’autrice si colloca verso la fine del 1920. Non è un dettaglio, continua infatti a circolare una data sbagliata, purtroppo compare anche nel risvolto di copertina di Le passioni e i legami.
Però Trevi sbaglia sul riferimento biografico fondamentale. Non è il libro di Benjamin Moser che lui dà in nota. Lo precedono in ogni senso le ricerche biografiche di Nadia Battella Gotlib: Clarice. Uma vida que se conta (Sao Paulo, Atica 1995) e la veramente magnifica Clarice Fotobiografia (EDUSP 2008). Moser ha inoltre il difetto di caricare le tinte, per esempio sulle circostanze della malattia di Marieta, madre di Clarice, che non sono accertate.
Nell’insieme la prefazione di Trevi è degna e porta l’attenzione su aspetto importanti dell’arte di Lispector: la qualità mistica della sua scrittura, il rapporto tra vita e coscienza, l’impronta di Spinoza… Procede un po’ tentoni, ma con Clarice Lispector è pressoché inevitabile. Per l’essenziale, infatti, lei resta inafferrabile: lo sarà meno con la lettura, l’amore e lo studio? Forse. Però, pur inafferrabile, è godibile da chi accetta che il godimento venga come vuole, di colpo oppure a poco a poco. (Luisa Muraro)