26 Novembre 2007
L'Unità

«Scalmanate noi? Macché Non volevamo il palco politico»

Adele Cambria

Com’è il giorno dopo le «sgridate»? Come reagiscono ai rimbrotti più o meno «comprensivi», e con firme femminili autorevoli, le organizzatrici della manifestazione del 24 novembre? Che, riconosciamolo subito, ha riportato in piazza il movimento delle donne
tredici anni dopo la splendida camminata attraverso i prati di Villa Borghese, ideata dal Centro Studi-Università delle Donne Virginia Woolf: «Cercavo il mio posto nel mondo, ora so che il mondo è il mio posto», era il bellissimo slogan coniato allora da Alessandra Bocchetti…. Altre parole, altri tempi, forse anche altre élites femminili che nascevano attorno all’elaborazione originale, (e certo privilegiata, non c’era l’assillo della precarietà), di uno sguardo di donna sul mondo.
«Dopo vent’anni che non c’erano le donne in piazza- mi dice infatti Tatiana, del collettivo “Le mele di Eva”- ce le abbiamo riportate in piena autonomia, due mesi di impegno per la preparazione e soldi di tasca nostra, e si meravigliano della contestazione? Ci trattano come “scalmanate”, “ragazzine fuori dal mondo” a cui si deve da spiegare come se fa politica? Ma io la politica la faccio da nove anni! Ne ho 27 e sono una cocoprò… Ma non per colpa dell’immigrato, per colpa della legge Biagi. Dico: ma che t’aspetti? La nostra non era una passeggiata bipartisan dove siamo-tutte-donne. Le donne ministro non ci dovevano aspettare sul palco televisivo in Piazza Navona! Noi non volevamo nessun palco, tanto meno, destinato alle donne politiche, quelle ci volevano mettere il cappello, sulla manifestazione nostra. C’era pure Alessandra Mussolini, non bastava il governo – Pollastrini Melandri Turco- ma anche l’opposizione! Scherziamo?». Prende fiato e continua: «Non ce l’ho con la Turco, di cui non metto in discussione il passato, né con la Melandri né con la Pollastrini, come persone. Ma come donne che mi dovrebbero rappresentare sì! Prendiamo la Pollastrini coi suoi minuetti tra Dico, Cuscus e legge contro la violenza… Che non viene discussa mai, e forse e meglio così, perché l’aggravamento delle pene non serve a nulla, serve un salto culturale».
«Mi spieghino loro che cosa hanno fatto, le donne ministro, da quasi due anni che stanno al governo. Hanno firmato il pacchetto-sicurezza! L’abbiamo detto e ridetto che non vogliamo essere strumentalizzate per salvare chi governa le città dalle responsabilità. Non sono gli immigrati senza casa e senza lavoro che ci uccidono quotidianamente, sono gli uomini, è la mentalità maschile! E le donne che dovrebbero rappresentarci dicono parole in vetrina, non fanno politica».
Ma tu pensi- riesco a chiedere a Tatiana- che il movimento delle donne possa fare politica senza passare dalla mediazione parlamentare? Che si possa fare una legge Zapatero contro la violenza, quell’ottima legge che consente a una donna molestata di cambiare addirittura città con il sostegno delle istituzioni, senza mediazioni parlamentari o di governo?
«E come avete fatto voi, ai vostri tempi?», è la fiduciosa replica. «Il divorzio, l’aborto, la legge contro la violenza sessuale….».
Sì, ma per la legge contro la violenza sessuale ci abbiamo messo diciassette anni.
Monica Pepe, del collettivo Controviolenzadonne, (www.controviolenzadonne.org): che,insieme alla Mela di Eva, e nell’ambito della Casa Internazionale delle Donne, ha organizzato la manifestazione, parla di una «piattaforma» che aveva al primo punto la denuncia della violenza maschile in famiglia. Al secondo, il rifiuto della strumentalizzazione, che affonda nel razzismo, addebitando la violenza contro le donne agli immigrati. Il terzo punto è la denuncia delle «politiche familiste e quindi repressive del corpo della donna». Anche Monica pensa che la legge contro la violenza ha un deficit culturale, perché si limita ad inasprire le pene. «Mettere dentro un marito, e lasciarne fuori cento a che serve?». Tento una battuta: allora non resta che abolire i mariti…. «Magari!».
Ma insomma, le chiedo, come giudichi i rimbrotti che vi siete presi? «Ingiustificati. La piattaforma rimarcava la nostra distanza dalle istituzioni, rivendicando il protagonismo e l’autonomia del movimento delle donne. C’è oggi, di nuovo, un soggetto politico femminile intergenerazionale, e le giovani non si riconoscono nei vecchi modi della politica».
Succedeva anche trent’anni fa , nel movimento, ma allora la distinzione non era generazionale, eravamo tutte abbastanza o quasi-giovani, ma passava tra chi aveva un partito alle spalle e chi no. Poi la sinistra storica cominciò a capire: Lotta Continua, si sciolse sul conflitto innescato dal femminismo… Le donne di Via Dogana, intellighentsia milanese del Movimento, ieri come oggi, non furono mai interessate, e continuano a non esserlo, alle donne che «sono costrette» a disputarsi un posto in Parlamento.
M’arrivano due e-mail: una è firmata da Maria Luisa Gizzio, e si riferisce ad un’assemblea di alcune associazioni che s’è svolta, per preparare il corteo del 24. Sottolinea che è «la debolezza degli uomini ad uccidere le donne», ricorda che «un numero crescente di uomini sta prendendo coscienza» e si augura «che almeno alcuni spezzoni della manifestazione del 24 mostrino che è possibile un altro modo di stare in relazione tra donne e uomini, sfilando insieme, a testimonianza di un amore liberamente condiviso».
Poi c’è la Casa Internazionale delle Donne. Ribadendo «la grande affermazione di autonomia politica delle donne», di fronte alle critiche riafferma che «non di intolleranza si tratta, né tanto meno di violenza verbale», ma troppi «organi di dis-informazione hanno perso l’occasione di esplicitare il senso e la novità dell’autonomia politica delle donne».

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