Oscar Guisoni
L’aborto sembrava un tema già risolto per la società spagnola. Ma l’offensiva di certi settori della destra con un forte peso nella magistratura e della gerarchia ecclesiastica più conservatrice è riuscita a reintrodurlo nel dibattito politico. Mentre il Partido Popular all’opposizione pretende che l’attuale legge non si tocchi, il Partito socialista si ritrova in un forte dibattito interno sull’opportunità di ampliare l’ambito della disposizione in vigore, tirando via l’aborto dal Codice penale e incorporando il cosiddetto «quarto presupposto» che permetterebbe alla donna di allegare anche le ragioni economiche fra quelle previste per l’interruzione legale della maternità. La legislazione spagnola prevede, dal 1985, tre presupposti per l’aborto legale: che la vita della madre sia in pericolo, che la gravidanza sia l’effetto di uno stupro o che si presumano gravi malformazioni fisiche del feto. Nel programma elettorale del 2004 il Psoe, vincitore a sorpresa delle elezioni del 14 marzo, s’impegnava ad ampliare la legge incorporando un quarto presupposto e tirando via l’aborto dal Codice penale e a onorare così una rivendicazione storica del movimento femminista. Però il premier José Luis Rodriguez Zapatero ha ritenuto che si fosse già sfidato abbastanza la chiesa cattolica con la legge sul matrimonio omosessuale e ha deciso di lasciare nel cassetto la sua promessa. Adesso le femministe esigono dal Psoe che torni a incorporare la proposta nel suo programma elettorale in vista del voto fissato per il 9 marzo prossimo.
«Il movimento delle donne – ci spiega Consuelo Catalá, deputata socialista e portavoce alle Cortes della Comunità valenciana della politica per l’eguaglianza di genere – era sicuro che il tema dell’aborto fosse già risolto una volta per tutte e non l’ha considerato quindi prioritario». Però negli ultimi anni i settori più conservatori delle giustizia spagnola hanno cominciato una lenta però costante persecuzione delle cliniche private che praticano l’interruzione della gravidanza, ciò che ha finito per provocare un inedito sciopero di quelle case di cura terminato la settimana scorsa. La situazione si è fatta tanto critica da obbligare l’attuale ministro della sanità, Bernat Soria, a riunirsi con le cliniche per tranquillizzarle e dar loro garanzie di poter portare avanti il loro lavoro senza essere perseguite. «La destra si conferma molto crudele – spiega Catalá – perché non si può andare con la Guardia Civile a interrogare donne che hanno abortito, non importa per quale motivo».
La chiesa cattolica, come c’era da aspettarsi, con il pontificato conservatore di Benedetto XVI ha avviato un’offensiva conservatrice anche sul terreno dell’aborto e si è scatenata quando i socialisti hanno menzionato la possibilità di ampliare la legge in vigore includendovi il «quarto presupposto». Di fronte alla virulenza dell’attacco, le femministe hanno deciso di reagire. Al grido di «saquen los rosarios de nuestros ovarios», «via i rosari dalle nostre ovaie», le donne hanno manifestato mercoledì scorso per le strade di Madrid, Barcellona e altre undici capitali di provincia nella prima mobilitazione in difesa dell’aborto dopo molto tempo.
Intanto il Partito socialista ha concluso venerdì a Madrid il dibattito nella commissione incaricata di preparare il programma con cui il Psoe cercherà di vincere di nuovo le elezioni. «Noi donne spingeremo perché il partito torni a includere la proposta di togliere l’aborto dal Codice penale e di ampliare i casi previsti – afferma Consuelo Catalá – nell’ambito di un programma integrale di salute riproduttiva che dia al tema una cornice legale adeguata». Zapatero ha lasciato fredde, giorni fa, le donne vicine al movimento femminista quando ha suggerito che il tema sarebbe stato trattato nella prossima legislatura e che non sarà parte integrante del programma elettorale socialista. «Dobbiamo cercare il consenso» in vista dell’appuntamento decisivo di marzo, ha detto il primo ministro. Parole che all’orecchio di molte donne sono suonate come «non faremo niente che molesti ancor di più la chiesa».
Però se Zapatero si è mostrato tiepido, il Partido Popular fa molta più paura al movimento femminista. Mariano Rajoy, il candidato presidenziale del Pp, ha affermato di essere contrario all’ampliazione dell’attuale legge e questo significa lasciare l’aborto nel Codice penale consentendo ai giudici conservatori di tenere aperta l’offensiva in corso contro le cliniche e le loro pazienti. «Noi femministe ci eravamo smobilitate di fronte a questo tema – spiega Catalá – perché sembrava che ci fosse una sorta di normalizzazione sociale rispetto all’aborto». Ora questa smobilitazione sta finendo. Nelle manifestazioni si chiede un impegno chiaro del governo per riformare la legge, aprendo le porte anche della sanità pubblica all’aborto e per evitare che le donne e i medici si ritrovino in balìa delle crepe lasciate dalla legge in vigore.