Chiara Ricci
Moltissime ombre e poche luci dal rapporto Censis per quanto riguarda il sistema produttivo italiano. Di fronte alla crisi gli unici segni positivi arrivano dal mondo delle cooperative, dalla media impresa con una spiccata vocazione all’export, e dal settore delle Ict, in particolare delle applicazioni Internet, dove pure gli avviamenti (“start-up”) lo scorso anno sono stati soltanto 800. Una particolarità da non trascurare è invece il dato relativo delle imprese femminili, quasi un milione e mezzo nella penisola (1.435.000), il 23,4% del totale delle aziende italiane: dimostrando una capacità di adattabilità e di resistenza di tutto rilievo, nell’ultimo anno le imprese in rosa si sono ridotte appena di 593 unità, a fronte di una diminuzione di oltre 29mila imprese guidate da uomini.
Più in dettaglio, il comparto manifatturiero ha visto restringersi la sua base produttiva, con un saldo negativo di 30mila imprese (il 4,7% del totale) tra il 2009 e il2012. Atenere è stato soltanto il sistema della media impresa, che conta 3.220 aziende di cui il 90% dedito all’export, con un contributo del 15% alla produzione manifatturiera (il 21% se si considera l’indotto), e che negli ultimi dieci anni ha visto sempre in utile l’aggregato dei bilanci. Questo naturalmente grazie all’incidenza delle vendite all’estero, che sono state pari al 44% del fatturato complessivo. Per il resto, gli unici segnali di crescita perlomeno quantitativa arrivano dalle strutture della distribuzione organizzata (centri commerciali, ipermercati, outlet) che continuano ad aumentare, e sono passati da 17.800 nel2009 aquasi 19mila nel 2011. Aumentati di 3.500 unità anche gli operatori del commercio in rete, oltre che in tv e a distanza (passati da29.163 a32.718), a segnalare il passaggio all’e-commerce di un sempre maggior numero di cittadini-consumatori. Infine il rapporto Censis ricorda l’impatto positivo delle tecnologie “verdi”: viene stimato che che il 27% delle imprese industriali abbia fatto investimenti nel comparto, così come il 26,7% delle imprese di costruzioni e il 21% delle imprese di servizi, fino ad arrivare a punte di quasi il 40% tra le public utilities.
Alle imprese cooperative il Censis ha dedicato nei giorni scorsi un rapporto a parte. Dal quale trovano conferma le tendenze, ormai di lungo periodo, di una cooperazione che grazie alla competizione sul costo e alla flessibilità del lavoro, unite ai vantaggi fiscali del settore, riesce ad affrontare la crisi senza cedere troppo terreno. Segnando per di più una crescita occupazionale che dal 2007 al2001, afronte di un calo dell’1,2% dell’occupazione complessiva e del 2,3% nelle imprese, è stata dell’8%. Con un balzo del 2,8% nel solo 2012, pari a 36mila posti di lavoro che hanno portato il numero complessivo degli addetti a 1.341.000. La crisi tuttavia pesa, tanto che per la maggioranza delle imprese cooperative il 2013 sarà ancora un anno difficilissimo. Di qui gli obiettivi prioritari della riduzione dei costi (41,2%) e dell’accesso a nuovi mercati (35,3%), anche se il Censis ricorda che le coop sono generalmente poco orientate a operare all’estero (solo il 7,4% esporta, e solo il 2,2% è impegnato in joint venture con imprese estere). Dai dati emerge che la maggioranza delle coop (il 40,2%) sta attraversando una fase stazionaria, il 24,6% vive un periodo di consolidamento, il 17,4% è in crescita, e solo il 17,7% si trova in gravi difficoltà. Le più colpite dalla crisi sono le piccole cooperative, meno attrezzate per rispondere alla difficile congiuntura: di qui il “ridimensionamento” del 31% delle coop con meno di 10 addetti, contro il 14,6% di quelle con 10-19 addetti, il 10,5% di quelle con 20-49 addetti, e l’8% di quelle con più di 50 addetti. A fare da traino alla crescita dell’occupazione sono state le cooperative sociali, che hanno registrato un aumento del 17,3% di addetti nel periodo 2007-2011, proseguito anche nell’ultimo anno (+4,3%).