di Francesca Bonazzoli
Solitudine Sessi, protesi, arti, dentiere: troppo fuori dagli schemi, per stile e comportamenti, per avere successo popolareIl suo motto: «Io dipingo prima di tutto per guarirmi»
È stata ritratta da Andy Warhol e Man Ray, con il quale è rimasta in contatto tutta la vita; ha avuto per amici i personaggi della Torino intellettuale come Felice Casorati, Cesare Pavese, Edoardo Sanguineti, Corrado Levi, Massimo Mila, Italo Calvino, Carlo Mollino. Eppure il primo importante riconoscimento pubblico le è arrivato solo nel 2003 quando la Biennale di Venezia le ha conferito il Leone d’Oro alla carriera. Lei, Carol Rama, che oggi ha 95 anni, lo accettò con amarezza considerandolo tardivo per una carriera cominciata a undici anni e rimasta totalizzante, più ancora di una ragione di vita. «Io dipingo prima di tutto per guarirmi», ha detto. «Posso avere dei mal di denti micidiali, ma se incomincio a dipingere dopo un quarto d’ora non sento più niente, sono come drogata, è meraviglioso».Troppo eccentrica per avere successo popolare con le sue immagini conturbanti di sessi, protesi, arti, dentiere; troppo fuori dagli schemi dell’arte, per stile e per comportamento; troppo solitaria nel rifugio della sua claustrofobica mansarda torinese con le finestre coperte da tende nere. «Se è vero che sono così brava non capisco perché abbia dovuto fare tanta fame, anche se sono donna», disse in un’intervista del 1985 a Lea Vergine. Finalmente tutti oggi la riconoscono come un genio e una maestra del Novecento, e tuttavia il mercato continua a preferirle personaggi che hanno saputo vendersi meglio. Barcamenarsi fra povertà e debiti è stato il suo assillo fin da quando aveva otto anni e il padre si suicidò per il fallimento dell’impresa. Franco Masoero, uno dei suoi mercanti, stampatore torinese che l’ha introdotta alle tecniche dell’incisione seguendola a partire dal 1993 nelle sue sperimentazioni, dal 29 giugno prossimo le ha organizzato al museo comunale d’arte moderna di Ascona una mostra di cento grafiche, alcune delle quali fogli unici usciti ora per la prima volta dai cassetti del laboratorio, perché una volta stampata l’opera poteva diventare oggetto d’interventi successivi eseguiti a mano, magari con smalti da unghie o con l’acquerello. Molte sono anche le incisioni su fogli di seconda mano, soprattutto progetti d’architetture disegnati precedentemente da amici «affinché mi aiutino a inventare un’immagine erotica, sentimentale, un’immagine privata insomma, ma che non sia poi così legata a me». Questo gioco tra lo sfondo prestampato della carta e il soggetto inciso caratterizza in particolare due cicli di opere uniche. Su supporti di tela e di carta al tino sono state infatti riportate le matrici di alcune incisioni servite a Carol Rama per intervenire con pittura e collage. Per esempio, nella serie «La mucca pazza» (2001) in cui mammelle e dentature di mucca si muovono e si ripetono con ritmo musicale; o nelle tele del 2002, dove l’elemento prestampato infrange il rigore della struttura geometrica realizzata con camere d’aria di bicicletta, con carta vetro o con qualche vecchio oggetto. Insomma, la tecnica calcografica della Rama è decisamente fuori da regole e tradizioni. Del resto, anche per quanto riguarda la pittura, fu lei stessa a spiegare: «Non ho avuto modelli per il mio dipingere; non ne ho avuto bisogno avendo già quattro o cinque disgrazie in famiglia, sei o sette tragedie d’amore, un malato in casa, mio padre che si è suicidato. ? Il senso del peccato è il mio maestro». RIPRODUZIONE RISERVATACAROL RAMA. L’OPERA GRAFICA. Ascona, Museo comunale d’arte moderna, via Borgo 34. Ore 10-12 e 15-18; dom. e festivi 10.30-12.30; lun. chiuso. Ingr. fr. 15; www.museoascona.ch. Fino al 15 settembre
(26 giugno 2013 – Corriere della Sera)