Silvia Marastoni
«Siamo italiani. Ci sentiamo europei ma nello stesso tempo siamo consapevoli dei nostri legami indissolubili con tutti i popoli del Mediterraneo. Il razzismo non fa parte della nostra civiltà, che ha visto nei secoli un continuo e proficuo scambio con i popoli che si affacciano su questo nostro mare. Quanto avviene a Lampedusa ci umilia e ci imbarazza. Non è questa l’Europa che vogliamo, non è questa la nostra Italia». Comincia così la nota diffusa a fine marzo da Ilario Ammendolia, presidente del comitato direttivo dell’associazione dei 42 Comuni della Locride. Sindaco di Caulonia, Ammendolia ricorda come il comune che amministra e quello di Riace siano diventati due modelli d’accoglienza riconosciuti anche a livello internazionale: storie che mostrano come la convivenza con gli “altri” non solo sia possibile, ma possa rappresentare un guadagno per tutti, quando avviene in accordo con le comunità locali, trovando le mediazioni adeguate. Esperienze, quelle di Riace e Caulonia, ispirate a loro volta dal “laboratorio Badolato” – il primo tentativo di far rinascere un paese spopolato a causa dell’emigrazione accogliendo i curdi che arrivavano sulle coste calabresi – voluto e avviato negli anni ’90 da Tonino Perna (docente dell’università di Messina da molti anni impegnato nel “terzo settore”). Invenzioni felici, tentativi riusciti: anche grazie a queste esperienze il comitato direttivo dei comuni della zona Jonica ha deciso oggi di dichiarare l’intera Locride terra di accoglienza. «Un’ accoglienza» afferma Ammendolia «che tende non solo a porgere la mano ai disperati che bussano alle nostre porte ma che ha, come obbiettivo di fondo, l’idea – certamente di non facile attuazione – di far rinascere le campagne abbandonate ed i borghi disabitati grazie agli immigrati ed ai rifugiati. Dinanzi a quanto sta succedendo a Lampedusa e sulle coste dell’Africa non restiamo indifferenti. Non ci giriamo dall’altra parte». E, aggiunge, «non si tratta d’una semplice dichiarazione di principi». Cita esempi concreti: il comune di Gerace e quello di Antonimina, infatti, hanno già dato la disponibilità ad ospitare una “tendopoli” che accolga gli immigrati, purché abbia come requisito prioritario la tutela della dignità umana. Il sindaco di Benestare ha messo a disposizione degli alloggi e un fabbricato sequestrato alla ‘ndrangheta; altri comuni sono pronti a collaborare, così come numerosi medici e volontari, e molte cooperative che hanno già esperienza in questo ambito. «Non dimentichiamo mai chi siamo stati, quante volte siamo stati noi a bussare alle porte degli altri e quante volte siamo stati invece un rifugio sicuro per altri popoli» conclude Ammendolia anche a nome degli altri sindaci dell’associazione «vogliamo ribadire che la Locride non è terra di mafia. La Locride è, prima di tutto e innanzitutto, una Terra di civiltà antica, di gente generosa, di naturale ospitalità».