19 Luglio 2014
Alias

La rivoluzione egiziana a colpi di pennello

di  Graziella Melania Geraci

I quadri dall’anima pop di Nadine Hammam raffigurano dei grandi corpi nudi, le donne-mucca di Shaimaa Sobhy sono legate da un filo rosso che le costringe e le stringe, mentre la mano che ne occlude la bocca rivela il divieto di parlare

Vio­lato, nasco­sto, mar­to­riato e desi­de­rato, il corpo della donna musul­mana e’ con­si­de­rato troppo spesso solo un oggetto. Par­larne e mostrarlo e’ un tabu’ inva­li­ca­bile soprat­tutto se a farlo sono pro­prio due donne, due arti­ste del Cairo: Nadine Ham­mam e Shai­maa Sobhy. A colpi di pen­nello le gio­vani dipin­gono la pro­pria rivo­lu­zione egi­ziana met­tendo a “nudo” il pro­blema fem­mi­nile. La loro arte e’ una rivo­lu­zione visiva che rac­conta quello che tutti sanno e non dicono sulla con­di­zione fem­mi­nile in Egitto. Entrambe par­tono dal corpo per rac­con­tare di una società miso­gina ed aggres­siva che educa la donna ad essere suc­cube, a vivere inca­sel­lata negli schemi maschi­li­sti men­tre il corpo diventa sem­plice oggetto di desiderio.

Nadine ha 35 anni, e’ sor­ri­dente e schietta, ha vis­suto all’estero e mostra gli usi e i costumi assi­mi­lati per­sino nell’arredamento della sua casa-studio. Nadine Ham­mam fuma sicura le sue siga­rette ma si adom­bra quando parla delle rea­zioni del potere costi­tuito per i suoi qua­dri. Ha espo­sto sotto Muba­rak senza grandi com­pli­ca­zioni, bastava non toc­care la reli­gione. Diverso e’ stato con I Fra­telli Musul­mani. E adesso? Si vedra’! La situa­zione attuale è ancora troppo ingarbugliata.

I suoi qua­dri dall’anima pop raf­fi­gu­rano dei grandi corpi nudi, silhouette di donne pro­vo­canti sulle quali appa­iono tal­volta delle scritte pun­genti e iro­ni­che con le con­se­guenti cri­ti­che alla cul­tura musul­mana. Ma que­sto stile e’ il punto di arrivo di un lungo per­corso ancora in iti­nere. Nadine e’ sem­pre stata alla ricerca di un lin­guag­gio che comu­ni­casse il disa­gio fem­mi­nile nell’opprimente mondo islamico.

Ini­zial­mente i suoi ritratti erano rea­li­stici, volti e corpi nudi di donne di dif­fe­renti classi sociali che posa­vano per lei, soste­nen­dola nella sua bat­ta­glia. Le nuove pro­ta­go­ni­ste, tra cui la stessa arti­sta, dalle posture sedu­centi, con lo sguardo ammic­cante e con il corpo deco­rato da pic­coli swaro­v­ski, erano sfac­cia­ta­mente in vetrina, erano pronte per essere comprate!

La pos­si­bi­lita’ di rico­no­scere le pro­ta­go­ni­ste dei qua­dri aveva susci­tato scal­pore ma forse aveva avuto mag­giore impatto la volonta’ espli­cita di abbat­tere le cate­go­rie sociali, di sca­val­care le bar­riere ser­ven­dosi pro­prio del tabu’ della rap­pre­sen­ta­zione del corpo. Nadine sente che e’ que­sto il vero pro­blema, il corpo della donna! L’artista svi­scera pro­vo­ca­to­ria­mente le frasi, le posture e il gioco ero­tico tra uomo e donna in dif­fe­renti serie pit­to­ri­che: la donna viene messa in ven­dita, viene defi­nita come un sem­plice con­te­ni­tore e ammo­ni­sce sui suoi sentimenti.

Que­sta scelta ha por­tato a Nadine non pochi equi­voci e peri­coli. Per la societa’ egi­ziana una donna che dipinge corpi nudi si dichiara espli­ci­ta­mente dispo­ni­bile e gli uomini si spin­ge­vano in avan­ces oscene, per­sino il padre di una sua amica non ebbe scru­poli a pro­porsi. Oggi Nadine ha paura, e’ piu’ attenta e non fa entrare nes­suno nell’atelier.

Dopo la rivo­lu­zione le aggres­sioni alle donne sono aumen­tate, l’artista si sen­tiva sotto con­trollo dei Fra­telli Musul­mani e l’ombra dei sala­fiti era sem­pre die­tro l’angolo. La sua arte ancora non si e’ con­fron­tata con il potere dei mili­tari ma la sua ultima mostra al Cairo ha avuto un tono diverso. L’analisi dei rap­porti tra uomo e donna ora appa­iono nei riflessi di uno spec­chio in fran­tumi. I suoi pezzi for­mano, come per un puzzle casuale, le frasi che scan­di­scono le rela­zioni amo­rose. Nadine con­ti­nua a dipin­gere corpi nudi, ma al momento ha messo da parte le pro­vo­ca­zioni in patria, pro­iet­tan­dosi verso il mer­cato estero nell’attesa di tempi migliori.

For­tu­na­ta­mente Nadine non e’ sola nella sua bat­ta­glia arti­stica per le donne, Shai­maa Sobhy con­dive con lei l’argomento vie­tato anche se con moda­lita’ differenti.

Shai­maa e’ timida ma decisa. Ha occhi grandi e pro­fondi, gli stessi occhi che hanno i suoi esseri Ibridi, meta’ donna meta’ ani­male, meta­fora della con­di­zione sociale e delle costri­zioni impo­ste alle egi­ziane sin da bam­bine. Ha stu­diato arte in Egitto e poi in Ger­ma­nia. In Europa si e’ con­fron­tata con un altro stile di vita ma soprat­tutto un con un altro tipo di arte. La pit­tura egi­ziana ha dimi­sti­chezza con la figura umana ma non certo con la rap­pre­sen­ta­zione del corpo, Shai­maa se ne serve e lo usa per rac­con­tare se stessa e le altre donne egi­ziane. Il suo lavoro si basa sul dop­pio, il lato sociale e il lato recon­dito. Cosi’ la parte ani­ma­le­sca dei suoi qua­dri mostra le pul­sioni intime, i desi­deri e le paure, ma anche le oppres­sioni educative.

La donna egi­ziana deve spo­sarsi e fare figli, e’ come un ani­male in cui pre­val­gono solo le mam­melle, per­che’ que­sto e’ il suo com­pito, ed e’ cosi’ che la dipinge Shai­maa. Le sue sono donne-mucca legate da un filo rosso che le costringe e le stringe, men­tre la mano che ne occlude la bocca rivela il divieto della parola. L’altalenarsi di posture e sim­boli rende i sog­getti e gli epi­sodi espli­ca­tivi dell’universo fem­mi­nile costretto anche ad armarsi ani­ma­le­sca­mente con le corna del bufalo o le unghie del gatto con­tro le aggres­sioni ses­suali. Que­sta evo­lu­zione sti­li­stica e’ stata una tappa obbli­ga­to­ria, prima degli Ibridi i rife­ri­menti di Shai­maa erano mag­gior­mente espli­citi, ma ora il mes­sag­gio e’ piu’ forte, rimane negli occhi come nella mente. Pros­si­ma­mente sara’ per una col­let­tiva al Palace of Arts del Cairo Opera House e suc­ces­si­va­mente, con una mostra per­so­nale, alla Misr Gal­lery per con­ti­nuare la sua rivo­lu­zione dipinta.

Alias 19.7.2014

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