Parla il ragazzo che ha avviato la ribellione contro il Pp. Con un semplice messaggino: «Aznar non fare il finto tonto»
Non ha nome né cognome, solo un cellulare. È stato lui, un ragazzo di Madrid, a lanciare sabato la protesta contro la strategia di occultamento delle informazioni seguita dal governo e dal Pp. La catena radiofonica Radiocable (www.radiocable.com) lo ha scovato e intervistato ieri. Questo è il testo
Sei tu l’autore del primo messaggio?
Sì, venerdì notte avevo scritto il messaggio e la mattina di sabato l’ho inviato a pochi amici
Immaginavi gli effetti della convocazione?
No. In verità no. L’ho fatto quasi come un atto di rabbia. C’erano le elezioni e si stava giocando con un’informazione che poteva essere molto importante per il loro esito. E l’ho fatto come un gesto alla disperata, senza immaginarne le conseguenze, la mobilitazione che poi si è prodotta.
Sei andato a calle Genova?
Sì. Andavo con alcuni amici, stavamo scherzando su quanta gente ci sarebbe stata, 15-20 persone. Già pensavamo di andare al cinema o da qualche altra parte. Mano a mano che ci avvicinavamo a calle Genova, arrivati ad Alonso Martinez, abbiamo notato un piccolo ingorgo di macchine e siamo rimasti allucinati. Quando abbiamo potuto scorgere l’entrata della metro, abbiamo visto che da lì usciva un casino di gente con cartelli di «no a la guerra» e «paz». Ci siamo resi conto immediatamente di ciò che stava succedendo. La gente aumentava, le tv internazionali piazzate di fronte alla sede del Pp mandavano in diretta le immagini. C’era molta stampa ma era tutto casuale. Molti hanno parlato di cospirazione quando invece è stato il frutto di un atto tanto semplice come mandare un messaggio. La fortuna è stata che c’erano moltissime televisioni stavano montando i propri set per la notte elettorale dalla sede del Pp. Immagino che i tecnici hanno avvisato i giornalisti e la voce è corsa. Anche la Cnn l’ha trasmesso per un’ora.
Appartieni a qualche piattaforma politica o partito?
No, l’ho fatto per una questione personale, mi sembrava vergognoso ciò che stava accadendo. Uno dei primi diritti è quello alla verità, soprattutto in una situazione come questa, quando la violenza terrorista uccide. E’ stato semplicemente un atto di protesta.
La manifestazione ha influito in qualche maniera sul risultato elettorale?
Non lo so. Per me la cosa più importante è che abbia influito sulla gente che sentiva quello che sentivo io: l’impotenza di non poter far nulla, la sensazione che non si dicesse quel che stava davvero accadendo. Personalmente, quando mi sono trovato in calle Genova con tutta la gente che arrivava, e rimaneva lì per ore, pensavo: in che cosa mi sono cacciato? Ma la gente era molto educata: nessun incidente, nessuna provocazione. Tutti avevano molto chiaro quel che volevano: la verità.
Ricordi il messaggio?
«Aznar non fare il finto tonto….» e poi si dava l’appuntamento per le 18 in calle Genova. Il mio telefono permette solo 160 caratteri, il messaggio ne ha 158. Me ne avanzavano due, sono rimasto molto tempo a limare il testo.
Si apre una nuova epoca per le mobilitazioni collettive?
E’ stata un’esperienza allucinante. Una convocazione che parte alle 10 di mattina per sms da un telefono e arriva a concentrare 6-7.000 persone è un’esperienza quasi da studiare. E’ stata una reazione a catena, a valanga in pochissime ore, un processo quasi istantaneo. Normalmente quando organizzi un’azione del genere, metti i manifesti, lo pubblicizza per giorni. Invece questa è stata istantanea. Cresceva a misura di quello che la gente sentiva per quello che stava accadendo.
Sapevate che Rajoy stava condannando la manifestazione?
C’era un filo diretto tra dentro e fuori. Quando Rajoy ci ha attaccato abbiamo iniziato a gridare «la voce del popolo non è illegale». La situazione era delicata, c’era la giornata di riflessione, la campagna elettorale sospesa. Ma la gente voleva stare lì.
Eri cosciente dell’illegalità di questa manifestazione?
Non la chiamerei manifestazione. E’ stata una concentrazione spontanea, non pensavo arrivassero in tanti. C’era la polizia. Se fosse stata illegale avrebbero potuto scioglierla. Ma noi stavamo lì per difendere la legalità.