Mai come oggi ciò che mangiamo assume una valenza politica. in tutto il mondo c’è una rivoluzione in corso che riguarda la biodiversità.
di Vandana Shiva
Un tempo credevo che cucinare fosse soltanto l’anello di una catena. Adesso mi rendo conto che questo è un atto che induce la meditazione, che nutre lo spirito ed è pacifico nei confronti del mondo. Perché diventi davvero un’azione liberatoria, però, occorre che tutti – uomini e donne – cucinino. Anche i padri devono potersi dedicare a questa pratica con amore. L’industria ha fatto del cibo una gabbia, in grado di nuocere alla salute del mondo e dei corpi. La vera libertà, ormai, è poter decidere cosa piantare, innaffiare, mangiare, vendere. C’è una guerra in atto. Dichiarata contro il pianeta terra. E riguarda proprio il cibo. L’industria, le multinazionali vogliono controllare il modo in cui si alleva il bestiame e si coltivano i campi. La chimica dei diserbanti è nata dagli studi sugli esplosivi. Sostanze create per uccidere le persone, che ci fanno ammalare e continuano a uccidere in altri modi. La questione riguarda soprattutto le donne. Perché gli additivi che assorbiamo abbassano la fertilità, sono legati all’insorgere del cancro, provocano disturbi neurologici. Come se non bastassero queste consequenze, esistono anche gravi risvolti economici: le donne, nelle culture agricole, preparano composti per nutrire in modo naturale il terreno. Gli additivi chimici li eliminano e vanificano il ruolo femminile nell’agricoltura tradizionale, rendendo le donne inutili e mettendole ai margini. La guerra al cibo diventa anche una guerra diretta ai nostri corpi. L’obesità è in aumento in tutto il mondo. Utilizziamo prodotti che non sono nati per essere mangiati, come lo sciroppo di mais o l’olio di soia. Non dobbiamo credere che la globalizzazione sia un percorso naturale, che ci rende tutti fratelli. Al contrario è un progetto pianificato di esclusione, che risucchia risorse ed economie dei più poveri, distruggendo vite e culture dietro il paravento della crescita dell’economia planetaria. Produrre cibo è dunque un’assunzione di responsabilità etica. Si tratta di fabbricare nutrimento. Per tutti. In questa ottica il profitto diventa una voce non necessaria e la rivendicazione del diritto ad avere campi senza organismi geneticamente modificati, produzioni alimentari tradizionali, condizioni ambientali senza la presenza costante dell’inquinamento, risorse rinnovabili e compatibili, potranno diventare realtà. Solo allora la rivoluzione del cibo sarà completata. *fisica, economista e ambientalista, oltre che scrittrice. Tra i leader del Forum Internazionale sulla Globalizzazione, è consulente della Regione Toscana.