di Pina Mandolfo
Gentile Stefania Giannotti,
Sono d’accordo con Anna Di Salvo.
Sono Pina Mandolfo (non Mandolfi), autrice del documentario «Orizzonti mediterranei, storie di migrazione e di violenze». Ho letto il tuo contributo sul documentario di Rosi «Fuocoammare» a seguito di quello di Anna Di Salvo. Sono d’accordo con la tua lettura sull’intensità cinematografica con cui Rosi mostra la tragedia dei naufragi e dei soccorsi. Ma sono d’accordo con la lettura di Anna Di Salvo rispetto al punto di vista strettamente maschile del film e l’analisi lucida di chi è a conoscenza della realtà lampedusana. Per raccontare la quotidianità a fronte del “non quotidiano” degli esuli è veramente riduttivo scegliere una donna nell’esercizio del più stereotipato e servile quotidiano. Ancor peggio è, narrando di esuli che fuggono dalla guerra, mostrare un bambino che immagina, già così piccolo, di guerreggiare. Gli uomini guerreggiano e sono violenti anche quando giocano da bambini o scherzano tra loro al tavolo di un bar, io non so immaginare un testo filmico che non abbia una pedagogia. E vedere un bambino che sogna un mitra nella traiettoria strabica di una fionda per me è il segno di una brutta pedagogia, così come non mi piace una anziana signora che accudisce. C’è poi un grave rimosso nel film di Rosi, che è proprio la realtà dell’isola dove lui è stato accolto e ha vissuto per un anno in funzione dell’ispirazione. Il segno maschile è anche nell’aver scelto come eroe mitico del buon isolano che accoglie e cura il medico del poliambulatorio, tacendo sull’opera dell’intero staff e soprattutto della psichiatra che accoglie gli animi “malati” di molti migranti e molte donne stuprate nel corso del viaggio, donna da lui a lungo intervistata e poi taciuta. La complicità maschile è sottile e visibile ad un occhio “vigile”. Insomma un ottimo lavoro, senza dubbio, utile a colpire lo sguardo dello spettatore e della spettatrice con l’emozione del momento. Ma un film i cui piani narrativi, il mare e l’isola, non si fondono tra loro. La spettacolarità del gesto così importante cinematograficamente non ha riscontro con il piano narrativo di tutto il film. L’epico e il reale stridono tra loro. Comunque questo è un film che divide, molti e molte lo amano, altri/e lo trovano interessante ma noioso, altri non lo apprezzano affatto. Tuttavia in un clima di grave populismo di destra che si aggira pericolosamente in occidente ha una sua funzione, così come è ben accetta la scelta politica della Berlinale.
(www.libreriadelledonne.it, 18 marzo 2016)