Quasi un quarto delle famiglie italiane non desidera bambini
Un “modello” in crescita mentre calano le coppie con figli
Concita de Gregorio
Fare futuro. Anni fa parlando ai ragazzi di un liceo romano con un linguaggio, dunque, per nulla dottorale la sociologa Chiara Saraceno rispose ad una studentessa che le chiedeva “ma perché esista una famiglia sono necessari i figli?”. In un certo senso sì, disse Saraceno. “Non si può negare che quando una coppia rinuncia ai figli rinuncia a fare futuro”.
La realtà dell’Italia, quindi, ci apparecchia una tavola da cui sta scomparendo il futuro. Se ci contiamo troviamo un bambino ogni sette abitanti: una delle medie più basse d’Europa. Il saldo fra nati e morti, nella popolazione non immigrata, è negativo: i morti sono 13 mila di più. Ventidue famiglie su cento in Italia sono composte da coppie senza figli: ventidue su cento, quasi una su quattro. Sposate o non sposate, è lo stesso: il punto non è il tipo di vincolo. La questione è, piuttosto, che quasi un quarto delle famiglie italiane non desidera avere figli: preferisce di no. Si può ormai molto spesso dire che “preferisce” dal momento che i casi di impossibilità oggettiva di averne – non tutti, certo – sono stati da tempo soccorsi dai progressi della medicina, l’aumento delle adozioni ha fatto il resto. Volendo avere un figlio oggi molto più spesso di prima si può: a costo anche di aggirare le nostre leggi andando in paesi dove è più facile farne, od ottenerne. Ciononostante quel 22 su cento cresce ancora: del 19,6 in due anni. Diminuiscono, anche se molto meno, le coppie con figli.
Bruno Melappione, 56 anni, ascolta tutto questo mentre la moglie quarantenne prepara un caffè: “Mi sembra chiaro che l’istinto di conservazione della nostra specie decrepita, dopo millenni, si è consumato”, ride. La moglie arriva con le tazze: “A me i bambini non piacciono, quelli degli altri sì, intendiamoci: i miei nipoti sono meravigliosi ma per me non ne ho mai desiderati. Sto bene così, stiamo molto bene così”. Quando ha conosciuto suo marito aveva 31 anni, ora ne ha 42: undici anni di cene con gli amici, pomeriggi al cinema, viaggi. Non è stata una questione economica, dicono: non è che i figli non siano arrivati perché costano e non c’erano soldi, perché mancava la casa o il lavoro. Ci sono state difficoltà, certamente, ma non è a causa di quelle che hanno rinunciato. E’ facile capire che davvero è quasi sempre così. C’è il buon senso, c’è l’esperienza e ci sono studi che lo certificano: specialmente quando si tratta del primo figlio il conto dei soldi è secondario. Sono altre le ragioni che spingono a farlo, le difficoltà si superano. Semmai è al secondo e al terzo figlio che si rinuncia per non aggiungere spese e rinunce, non al primo: quasi mai al primo. “Certo che avremmo potuto farlo, semplicemente non abbiamo voluto”.
Bruno Melappione e Maricetta Lombardo sono nati in famiglie numerose.
Lui romano, settimo di nove fratelli. Artigiano specializzato, costruisce scenografie per il cinema. Scrive racconti, vorrebbe sceneggiare un film. Primo matrimonio a 24 anni: due figli di 34 ed 32, è già nonno di un bimbo di 4. Lei agrigentina, terza di sei figli. E’ arrivata a roma 16 anni fa per frequentare il centro sperimentale di cinematografia, fa il tecnico del suono. Per passione fotografa. In salotto alle pareti ci sono sono foto sue: un incontro di boxe, un autoritratto con Alberto Granado quello che ha fatto col Che il viaggio della motocicletta, “un vecchio bellissimo l’ho conosciuto a Berlino”. Vivono in una casa di 70 metri quadri, “una casa dei preti”: l’affitto è basso, mille euro al mese. Non fumano, non bevono. Il giornale ogni tanto, “ci sono quelli gratuiti”. Libri molti, “cinema tutti i giorni”. Tutti i giorni? “Sì, in un cinema di San Lorenzo al primo spettacolo il biglietto per le prime visioni è di due euro. Ci andiamo tutti i pomeriggi. Se si può, certo. Ogni giorno un film diverso”. E’ la loro spesa principale. Niente macchina (“c’è, ma solo per i viaggi in Sicilia”, quando vanno in estate a casa di lei), tessera dei mezzi pubblici. Maricetta: “Per il mangiare sì che si spende. Io adoro cucinare, si vede no?, guardi che taglia abbiamo raggiunto fra tutti e due… Ecco, questo sì: invitiamo molto spesso amici a cena”.
Si sono conosciuti undici anni fa, sette anni dopo si sono sposati. Perché il matrimonio? Bruno: “Io prima convivevo con una ragazza finlandese ma non avevo mai preso l’impegno di sposarla, non ho mai pensato fino in fondo che avrei voluto stare per sempre con lei”. Il matrimonio perché è un impegno. “Sì è così. Convivi se stai bene in quel momento, ti sposi se ti prendi un impegno per la vita. È anche un regalo che fai all’altra persona: per me non ci dobbiamo lasciare mei più, le dici. Delle volte mi dispiace averla sposata perché non la posso risposare”. La moglie gli sorride. E perché niente figli? Maricetta: “Non ho pazienza. Non ne ho voluti. Lui aveva i suoi già grandi, io lavoravo molto viaggiavo. C’è stato un momento, forse, ma poi ho preferito di no. Mi piace stare con i miei nipoti ma non torno mai a casa pensando vorrei un figlio anch’io. E poi vede quante storie infelici ci sono, che inferno può essere la famiglia, quei poveri figli… abbiamo visto un film proprio ieri no Bruno?. “Ieri. La riproduzione è un istinto animale, lo fanno le bestie senza essere famiglia. Fra uomini si può stare insieme anche in modi diversi, si decide cosa è meglio, cosa è possibile, cosa si desidera davvero”. Loro desiderano principalmente stare insieme: “Siamo felici così, col cinema al pomeriggio, le cene con gli amici la sera, il nostro computer, qualcosa da leggere e da scrivere, la macchina fotografica che ci accompagna nei viaggi”. Bruno progetta di scrivere un libro sui templari, la sua passione. “E’ chiaro che il tesoro se l’è magnato Filippo il Bello e che il papa era d’accordo”, questa la trama. Maricetta ha lavorato a un film di Pasquale Scimeca sullo sfruttamento dei bambini “e ora spero che esca, poi spero di avere presto un altro lavoro perché al momento non ce n’è”. Cosa servirebbe per stare meglio? Lei: “Qualche soldo in più ma non per essere ricchi, la ricchezza porta problemi. Per andare a teatro, fuori a vedere una mostra, per viaggiare un po’ di più. Prima avevo delle manie, gli occhiali gli orologi, poi sono stata in Africa e mi sono passate tutte. Bisognerebbe che fosse obbligatorio per tutti passare almeno una settimana in africa nella vita, così uno si rende conto del mondo dove viviamo”. Il futuro com’è? “Il futuro siamo noi, i nostri amici. Le serate a base di piatti siciliani e greci, brasiliani. Abbasso le diete, per carità, non sopporto il velinismo. Sono contro la taglia 38 a favore della 46”. Il futuro, Bruno? “Il mio futuro è lei, Maricetta. Forse un libro, forse un film: se vengono, chissà. Di certo ci siamo noi. La nostra famiglia cioè noi, la nostra casa cioè qui: il nostro futuro è questo, ce l’ho davanti agli occhi”.
13 Marzo 2007
la Repubblica