Vi invito a cercare con me (Luisa Muraro) e Beppe Pavan (del gruppo Uomini in cammino di Pinerolo) una risposta ad alcune delle domande che spuntano come aghi dal libro di Mira Furlani, Le donne e il prete. L’Isolotto raccontato da lei (Gabrielli, 2016). Il libro ha fatto scandalo anche tra persone oneste, legate al ricordo di Enzo Mazzi.Mazzi, personaggio ormai storico, era un prete ribelle dei gloriosi anni Sessanta, parroco nel nuovo quartiere dell’Isolotto a Firenze: ribelle non tanto ai suoi superiori ecclesiastici ma all’intero sistema di potere, un “sovversivo”, come sarebbe stato al suo posto papa Francesco.
La rivista “Testimonianze” di Firenze, in un prossimo numero dedicherà parecchio spazio al libro di Mira Furlani. Lo ha recensito anche “Micromega”. Mira Furlani era l’unica donna tra i nove imputati del processo dell’Isolotto (1971) e in tribunale fu lei a raccontare la storia del quartiere, che conosceva meglio di tutti. Perché non ne ha mai scritto prima? Perché soltanto ora, a distanza di oltre quarant’anni?
Nel programma del Circolo della rosa (Libreria delle donne), si parla di “rivolta nellarivolta”. Che cosa significa? Le donne e il prete è un racconto autobiografico che va, veloce quasi volando, dalla ricostruzione postbellica (il padre di Mira abitava nel cantiere di via Legnano, a Milano, con la famiglia) fino al movimento femminista, passando per l’alluvione di Firenze, la rivolta dell’Isolotto, il terremoto nella Valle del Belice. Ma nel suo punto più alto il volo sembra precipitare a terra, per una faccenda difficile, mai raccontata prima. Era la cosa scartata, che non c’entrava…Secondo me, quando si sviluppa una rivolta, qualcosa viene sempre scartato e accade che lo scarto si riveli essere (o poter essere) il fondo della vera rivolta. Pensate al femminismo tra gli anni Sessanta e Settanta… Che cosa si nasconde in questo paradosso? Luisa Muraro.