Bruna Esposito per la Libreria delle donne di Milano.
17 febbraio – 19 marzo 2018
Il segnalibro è il punto tra ciò che si è letto e ciò che si attende. Un memo d’intimità che a volte rimane, per anni, nascosto tra le pagine, ma che fa aprire il libro in quel punto.
Bruna Esposito ha pensato di disseminare le parole scritte e dette in Libreria da oltre quarantanni, con i colori base della stampa: ciano, magenta, giallo, bianco, nero, aggiungendo carta a specchio.
Con questi colori ha creato migliaia di segnalibro in cartoncino (4×20 cm), e sul retro ha stampato la sua dedica. Sono destinati ai libri, alla libreria, alla lettura. Alle lettrici e ai lettori basterà lasciare una piccola offerta nel salvadanaio.
E’ il suo modo di ricordare il “gesto” dell’arte che passa da chi la crea a chi la guarda, da chi scrive a chi legge. L’opera, diceva Lucio Fontana, “prima o poi scompare, immortale è il gesto”. Chi guarda e legge lo fa proprio e lo trasmette.
Testo deriva da tectum nella variante textum, e quindi trattiene il significato di tetto e intreccio.
E’ l’etimologia chiave delle civiltà. Costruire, tessere, scrivere sono i cardini della vita e del pensiero.
Bruna ha intrecciato i suoi segnalibro in vari “tappeti”, e li ha applicati alla vetrina, facendo così della trasparenza l’elemento per leggere dentro e fuori, sopra e sotto, davanti e dietro. E’ questo che appare con la lettura dell’altro da sé, che prende fisionomia nei libri, nei dipinti, nei film. Provoca subbuglio? Nulla rimane al suo posto?
Intrecciare è l’attività millenaria delle donne, è la sostanza madre della vita. La tradizione racconta che le tessitrici di tappeti lasciano sempre un vuoto, invisibile, perché l’anima non resti imprigionata nella ripetizione. Nella vetrina di Bruna rimangono piccoli fori nell’intreccio.
Il Libro tramanda una sacralità che non riguarda solo il divino, ma anche gli scambi di conoscenze, qualunque e ovunque siano. La lettura di testi e di tetti è l’esercizio che avvicina l’uno all’altra, chiedendo di ritrovare il filo, a volte libero, a volte aggrovigliato, della vita.
Dedico a Bruna il ricordo folgorante di quando ho capito cosa significa leggere.
Mattino presto. Seduta sul letto accanto a mio nonno, a cui avevo portato il giornale. Insisto a chiedergli attenzione. “Aspetta non vedi che sto leggendo?”. “Ma come? se non parli?”.
Avevo cinque anni e non sapevo ancora scrivere. Ma avevo un rito, il nonno mi leggeva a voce alta libri e giornali. Mi ha spiegato che quei segni si potevano leggere anche soltanto con gli occhi. Questo è il mio segnalibro.
Francesca Pasini