Intervista a Loretta Borrelli, Piera Bosotti, Pat Carra
La vostra storia comincia 30 anni fa, nel 1987, quando “Aspirina” era una rivista cartacea. Eravate un prodotto del movimento delle donne, un prodotto del femminismo. Tuttavia la vostra satira non risparmiava alcuni aspetti del femminismo stesso. Volete dirci qualcosa di questa fase iniziale?
Alcune di noi, alla Libreria delle donne di Milano, erano insofferenti al linguaggio politico del movimento, non ci bastava per nominare quello che stava succedendo.
Non volevamo collaborare a ponderosi saggi, anche se ne leggevamo tanti, o forse proprio per questo: in quegli anni cresceva la produzione teorica della differenza sessuale, da Irigaray a Fouque, e nel 1983 all’Università di Verona era nata la comunità filosofica Diotima, che Aspirina ribattezzò Diotimanda. Stava crescendo una sorta di accademia femminista che faceva lievitare in misura direttamente proporzionale il nostro senso dell’umorismo. Sentivamo il desiderio di un linguaggio diverso per ridere di noi e di tutto.
Nel libro Backlash Susan Faludi scrive che gli anni Ottanta sono stati il decennio della grande controffensiva maschile, guidata negli USA dai conservatori, per riprendere alle donne il terreno conquistato. Il femminismo occidentale ha lottato e quelli sono stati anni di forte espansione e radicamento. Gli anni Ottanta hanno diviso i destini di chi stava nei gruppi extraparlamentari e viveva radicalità politiche estreme (i compagni di strada di molte di noi nei 20 anni precedenti), e dall’altra parte il femminismo. Per i primi la parabola era in discesa, crollavano le lotte operaie e cominciava la delocalizzazione, per le femministe è stata un’epoca fondamentale. Noi non vivevamo la Milano da bere, ma una città aperta a tanti scambi e conflitti, a una libertà femminile in fermento.
La rivista è nata su carta in questo contesto storico, edita dalla Libreria delle donne che era aperta dal 1975, con un nome e un sottotitolo ideato dalla scrittrice Bibi Tomasi: Aspirina. Rivista per donne di sesso femminile, vale a dire donne che non vogliono essere come gli uomini, donne che segnano la differenza sessuale contro le politiche delle pari opportunità e il femminismo di Stato.
Non eravamo ossessionate dall’idea di quante ci avrebbero letto, eravamo dentro qualcosa che galleggiava ovunque, ci sembrava di poter arrivare ovunque.
La tiratura era di 1500 copie, diffuse in abbonamento e distribuite nelle librerie. Dopo dieci numeri il gruppo di Aspirina si trasferì fino al 1992 nel mensile Noi donne con numeri speciali e con l’inserto SottoSotto. Tra le testate di movimento Noi donne è quella che ci ha sostenute e rilanciate con una più ampia diffusione in edicola.
Nel 1986 era nato Tango, inserto satirico dell’Unità, poi seguito da Cuore nel 1989, in cui confluivano i fumettari perlopiù di sesso maschile, che venivano da Frigidaire e Il Male.
In Italia nel 1978 un gruppo di disegnatrici aveva pubblicato tre numeri di Strix, effimera rivista di fumetti femministi, in Francia erano usciti dal 1976 al 1978 nove numeri di Ah!Nana, rivista fatta da donne e per donne.
Tenevamo d’occhio quello che succedeva in giro, nel femminismo americano c’erano molte fumettiste, a Milano brillava Grazia Nidasio, a Parigi Claire Bretecher, autrici che hanno subito collaborato con noi.
Facevamo riunioni nelle case più che in libreria, rallegrate da ottimi pranzetti.
I numeri erano monografici, da quello sul lavoro “Donne in carriera, donne in bolletta” a quelli sull’attualità politica “Come difendersi in caso di stupro dalla legge contro la violenza sessuale” e ”Aspirina ricostituente per le donne del PCI”, a temi femministi “Come uccidere la tua migliore amica” e “Femminismo che ossessione!”.
Sentivamo il bisogno di differenziarci raccontando storie personali: la rubrica Echi dal guanciale è la trasposizione ironica nell’infanzia dell’amicizia reale tra due femministe, l’autrice Fio’ che parla sempre di dolori e avventure d’amore e la sua compagna di banco Lia/Sara, autorità politica in nuce che sforna teorie.
I fumetti a due mani Pat&Ste, che costellano tutti i numeri della rivista, sono dialoghi tra una femminista piena di fede nella salvezza delle donne con le donne e un’altra allergica ai gruppi, dubbiosa, a caccia di piaceri.
La redazione era ondivaga, c’era chi aveva già esperienze editoriali e giornalistiche, di fumetto e di scrittura, e chi no ma tutte con il desiderio di mettersi alla prova insieme: Piera Bosotti, Pat Carra, Fiorella Cagnoni, Bibi Tomasi, Sylvie Coyaud, Margherita Giacobino, Giuliana Maldini, Isia Osuchovska, Ketty Frost… Molto importante era la cura grafica, affidata a Stefania Guidastri che era la fumettista Ste.
Il lavoro redazionale e creativo era completamente volontario, la vendita della rivista copriva le spese di stampa.
Aspirina è stata una sperimentazione che ha formato e dato voce a molte, quelle che già pubblicavano e quelle che volevano farlo, in una compresenza leggera, dove circolavano anche conflitti sulle ambizioni e le suscettibilità, più o meno dolorosi, più o meno divertenti.
Riprendete l’idea della rivista quando ormai siamo nel pieno dell’èra digitale, nel 2013, e decidete di fare un prodotto online. Evidentemente dovevate disporre di professionalità in grado di gestire questo nuovo canale di comunicazione. Oltre ai testi e alle vignette cominciate ad inserire dei video. Potete dirci qualcosa di più preciso sulla vostra capacità informatica?
La redazione di Aspirina online è composta perlopiù da freelance, alcune hanno una consolidata esperienza di programmazione web e grafica editoriale, altre di lavoro redazionale e relazionale. Un gruppo che riunisce giovanissime e no: Loretta Borrelli, Piera Bosotti, Pat Carra, Anna Ciammitti, Manuela De Falco, Margherita Giacobino, Elena Leoni, Livia Lepetit. Il nuovo sottotitolo è Rivista acetilsatirica.
Il formato online ci ha permesso di ampliare i contenuti della rivista, aggiungendo video, animazioni, a volte test interattivi.
Nel passaggio all’online è stato importante il confronto tra noi, soprattutto perché siamo riuscite a svincolare il progetto dal normale utilizzo di sistemi già esistenti. Questo è quello che si fa di solito nell’informatica, cioè riprodurre gli stessi sistemi logici che ripropongono il già pensato.
La nostra esigenza invece era quella di pensare insieme, partendo da quello che volevamo: una rivista periodica i cui contenuti creassero un’opera corale.
Siamo rimaste distanti dall’imperativo della comunicazione odierna che prevede la produzione costante e frammentaria di contenuti. Abbiamo scartato l’approccio più comune adottato da numerosi siti, quello del blog e della sequenza di news, dove ogni singolo contenuto vive isolato come un’esca nel gioco dei continui rimbalzi degli utenti tra un contenuto e l’altro.
Abbiamo scelto un’impostazione che rende impossibile spezzettare la rivista e condividerne le singole pagine sui social network.
Per impaginare partiamo sempre da un menabò su carta, con i fogli sparsi su un ampio tavolo. Il nostro desiderio è rendere l’unità e la bellezza grafica di una rivista sfogliabile, un’esperienza che troppo spesso va perduta nei siti che aggregano varie firme. Abbiamo cercato di “costruire un’unità poetico/politica” nei termini di Haraway, attraverso una pratica di affidamento reciproco.
Nel 2014 si è inaugurata una collana di eBook animati e sonori in formato ePub3 che sono nello shop della rivista e in vari store digitali, insieme ai pdf di Aspirina anni Ottanta. La riedizione online dei numeri cartacei ha fatto parte del lavoro di radicamento e ripresa. *
E cosa ci sapete dire del vostro uso o non uso dei social?
Abbiamo riflettuto a lungo sul rapporto con i social network.
Aprendo la nostra pagina Facebook ci siamo poste una serie di interrogativi: questo strumento che cosa comporta? come è fatto e quali sono le cose che richiede di fare? quanto tempo e lavoro dedichiamo alle caratteristiche specifiche dello strumento?
In base a questo abbiamo scelto di sottrarre ore di lavoro su Facebook per dedicarle alle relazioni politiche tra noi e con altre. Non volevamo mettere a disposizione le nostre risorse per stare in quella dinamica social di continua interazione.
Ci è capitato di essere coinvolte dalle onde emotive tipiche di Facebook, per esempio nel caso “Charlie Hebdo” nel 2015. La velocità della comunicazione in quei giorni ci chiamava, come rivista satirica, a una reazione immediata a cui siamo sfuggite, preferendo dedicare tempo alla discussione in redazione e dare una risposta corale attraverso lo speciale Aspirina Parigina.
Nella rivista convive un duplice aspetto, quello del gruppo politico e quello dell’autorialità e percorso professionale delle singole.
Ci siamo accorte che l’ascesa di Facebook ha provocato un enorme cambiamento nella vita di ognuna e nel mercato del lavoro, e ha comportato la perdita di contrattazione lavorativa ed economica. Per molte autrici quella modalità di condivisione ha un impatto molto forte sulle vite personali. Si tratta di un sistema che accumula denaro e potere, che ha dietro un interesse e un’intenzione, strumenti apparentemente gratuiti, che paghiamo senza saperlo, fornendo contenuti in modo distratto e automatico.
Il sogno che il neoliberismo ha realizzato è accentrare capitali esorbitanti nella mani di pochi e far lavorare miliardi di persone senza pagarle.
Proviamo a chiamare le interazioni che noi utenti abbiamo con quelle interfacce per quello che sono: un lavoro per le aziende che forniscono i servizi. Affermare questo ribalta il senso di molte domande che ci affliggono. Come mai si dà per scontato che un lavoro non venga pagato? Come mai crollano interi settori, soprattutto legati all’informazione e all’editoria? Perché lavoro gratuitamente per queste aziende?
Aspirina non è estranea a queste problematiche.
Però voi lavorate gratuitamente (come tutti quelli che hanno redatto questo numero di Primo Maggio). Chi è senza peccato…
Fin dai primi passi abbiamo definito il nostro lavoro politico e volontario, esplicitando l’assenza di compensi. Naturalmente non crediamo alla retorica della gratuità del web e prendiamo decisioni scomode per una rivista online.
In molti danno per scontato che numero di visualizzazioni o passaggi di utenti su un contenuto siano l’unità di misura per indicare il successo di una comunicazione. Come se esistessero solo i parametri a cui ci sottopone un marketing capillare. Dimentichiamo che quei numeri hanno un valore unicamente all’interno di un sistema specifico, che ci spinge a dare credito a quell’unità di misura per qualsiasi tipo di progetto intraprendiamo. In Aspirina abbiamo incontrato questo problema, ma con leggerezza abbiamo deciso di continuare nel percorso che avevamo avviato. Nel tempo ci siamo accorte che l’impostazione scelta per la rivista ci racconta altro: che abbiamo un pubblico costante nonostante la periodicità, un pubblico che sfoglia l’intera rivista senza la tensione al consumo veloce dei contenuti. Succede qualcosa di molto simile alla concretezza delle riviste politiche su carta.
È molto diffusa l’idea di un funzionamento standard della tecnologia, ma è possibile sperimentare un modo diverso di essere nel digitale, sottraendosi in qualche misura all’accentramento di potere nelle mani di pochi.
Le relazioni tra noi sono state l’elemento fondamentale per uno spostamento di senso e per la riuscita della rivista. Questa pratica comporta fatica e spinge ad agire pensando. Ci ha portate alla consapevolezza della forza che scaturisce quando si scelgono soluzioni tecnologiche differenti, che tengano in maggior conto i desideri e le relazioni in piccoli gruppi. Questo tipo di lavoro, secondo noi, può fare la differenza e creare nuovi spazi di contrattazione non solo economica, perché per fortuna non tutto il lavoro è merce.
Alla vostra rivista collaborano anche grandi firme del fumetto internazionale, di qua e di là dell’oceano. Poiché oggi è tanto importante fare networking, potete raccontarci come avete costruito la vostra rete?
Fare una rivista è sempre così, si comincia con il desiderio di darsi un’identità per quanto fluida, di dire mi colloco lì, da qui guardo il mondo. Il primo numero è stato un classico numero zero, fatto solo dalle autrici della redazione. Dai numeri successivi abbiamo cominciato a invitare fumettiste e scrittrici che sentivamo affini, conosciute attraverso siti e pubblicazioni. Ci siamo presentate, eravamo un gruppo riconoscibile che veniva da una storia editoriale iniziata negli anni Ottanta. Abbiamo scritto a Liza Donnelly del New Yorker e alla mitica Alison Bechdel, ad Argelia Bravo in Venezuela dopo avere ammirato le sue opere alla Biennale di Venezia, all’egiziana Doaa el Adl indicata dal Museo della Satira di Forte dei Marmi. La rete si è estesa con naturalezza attraverso incontri politici o di lavoro, e passaparola amicali: una di noi conosce qualcuna a un festival spagnolo di animatrici o a un corso di fumetto, le parla di Aspirina, così sono arrivate la video artista Lotte Sweetliv, Anne Derenne, Marilena Nardi, Giulia Lupo, Susanna Martìn, Isabel Franc, Irene Coletto, Sara Menetti e molte altre.
Il magnete che ci attrae l’un l’altra è il linguaggio artistico e umoristico.
Aspirina online è aperta anche ad autori che sentiamo vicini, che si sono fatti avanti o che abbiamo invitato. Di numero in numero la rivista ha raccolto autrici e autori di storia e paesi diversi, firme importanti e altre che pubblicano per la prima volta.
L’intento non è diventare una vetrina, ma un luogo in cui le opere si parlano e creano una conversazione.
Aspirina ha creato accostamenti stabili tra chi scrive e chi illustra, come in Pensieri di una misantropa di Giacobino e Sdralevich, e Le sofistiche di Marzi, Maffioli e Osuchovska. Sono nate personagge: la epica e comica eroina WonderRina aspirante paladina di Ciammitti, La bracciante digitale di Pat in lotta contro i latifondisti del web, L’ormone mistico di Livia che vive a innumerevoli metri d’altezza dall’amare, Gioosy giovane e choosy di Elena che scandisce sempre NO.
Dal primo numero Piera Bosotti realizza le video narrazioni Il Muro della Bicocca, ex quartiere operaio di Milano. La personaggia vive vicino al muro che è una sorta di leopardiana siepe “all’ermo colle”, confine e contenitore della memoria del luogo, dalle battaglie della Resistenza ai cortei della Pirelli e Breda, i migranti nuovi abitanti, le lingue lontane, gli antichi dialetti.
Il tema del lavoro pervade la rivista, ricorre nelle illustrazioni ironiche di Dalia Del Bue e Ila Grimaldi, nei racconti satirici di bulander che immagina mondi grotteschi e apocalittici, nel surreale The Boss Design di Zenoni, nelle strisce Cose stupide che succedono a chi cerca lavoro di Menetti dove un’attonita freelance suona il banjo, nelle canzoni Frau Mescaline e Genio delle Pinne, e in tante vignette e animazioni.
Molto spazio è dedicato a sessualità, migrazioni, guerre, amori e poliamori, violenza maschile e lotte delle donne fino a #MeToo.
Come tutti i movimenti e le ideologie che hanno grandi trasformazioni da portare avanti, la comunicazione femminista ogni tanto è un po’ pallosa. Il vostro modo ironico di trasmettere dei messaggi forse riesce meglio a penetrare nelle orecchie degli indifferenti o degli ignoranti. Avete l’impressione che questa vostra risorsa sia riconosciuta nel movimento delle donne o percepite di essere considerate ancora un allegro passatempo?
Nel movimento si rischia a volte il vittimismo, o si parla un linguaggio accademico-femminista, o si imita la voce di altre donne non cercando la propria. Fai una rivista acetilsatirica quando hai guadagnato molta forza e molta rabbia, e senti che devi liberare la tua voce. Il linguaggio artistico e umoristico è sempre un po’ selvaggio, un corpo estraneo che svela qualcosa di nascosto.
Non ci aspettiamo riconoscimenti, ci basterebbe un contributo per realizzare il nostro sogno segreto: un Impero Editoriale di Aspirina. Da far concorrenza anche alla Bayer…
Loretta Borrelli
Piera Bosotti
Pat Carra
* Su Aspirinalarivista.it trovi:
– tutti i numeri online dal 2013
– gli speciali Aspirina Parigina e Gran Premio
– la sezione seria seria Mumble Mumble
– i pdf della rivista su carta dal 1987
– i pdf di SottoSotto dal 1989
– extra con le news, le mostre, la rassegna stampa
(Primo Maggio, numero speciale, marzo 2018)