Gemma De Magistris e Marina Santini
Una scommessa, scegliere Antonia Pozzi, la sua vita, le sue parole per dirci meglio tra noi e con le ragazze, che volava alto perché dava senso e forza a relazioni asimmetriche tra poeta e lettrici, tra studentesse e docenti. La scommessa è continuata nell’accettare l’invito a partecipare al convegno sulla poeta all’Università Statale di Milano (novembre 2008) in occasione dell’anno pozziano. Non siamo andate allo sbaraglio: Gemma ha avuto fiducia nella solida rete di relazioni di Marina, sulla base delle quali è nato l’invito, che garantiva la disponibilità all’accoglienza.
La fiducia, nella classe 5^ I dell’Istituto linguistico “Artemisia Gentileschi”, circolava già, rappresentata dalla nostra intesa professionale e personale. Noi due docenti abbiamo sentito la necessità e ci siamo reciprocamente date la libertà di lavorare insieme, anche nelle stesse ore. Le studentesse hanno “sentito” che ci sostenevamo, che ci affidavamo l’una all’altra, insomma mostravamo la nostra relazione importante e significativa per entrambe.
Dopo aver letto Per troppa vita che ho nel sangue, la biografia scritta da Graziella Bernabò, e aver lavorato sulla poesia, sul pensiero e sulla vita della Pozzi, le ragazze si sono esposte e, con le parole di Antonia, si sono raccontate, prima nella lettura e nelle ore di lezione, poi scrivendo brevi racconti, frasi, che dicono una conoscenza costata fatica, diventata emozione, pensiero, riflessione, consapevolezza di sé, confronto, dialogo.
Ad Antonia si sono rivolte come ad un’amica più grande, lontana nel tempo ma percepita vicina e, attraverso lei hanno detto le inquietudini e il disagio, l’amicizia e la condivisione, la speranza e la nostalgia.
Attraverso le tue parole, ho riflettuto sul valore che ha per me l’amicizia.
Quando mi trovo “in un cielo notturno”, io mi sento come te “una stellina cieca” che trova riferimento nelle “stelle bianche che conducono al mare”, le amiche. Tu, nella tua poesia, chiami Elvira e Lucia, sorelle; anche per me, le mie amiche rappresentano le sorelle che non ho mai avuto. Sono i miei pilastri a porgermi la mano dall’oscurità per portarmi con loro nella luce, nella folla… [Eloisa]
Molte volte mi veniva voglia di gridare “aiuto”. Tu Antonia mi hai aiutato a capire che non sono l’unica a provare sensazioni di abbandono e di solitudine. [Claudia]
Quando ho iniziato a lavorare sulle parole di Antonia non immaginavo quanto sarei stata coinvolta dalla sua emotività, le sue parole erano esattamente quello che pensavo, trovarla così ‘vicina’ mi ha sorpresa. È stato come se l’avessi conosciuta di persona. [Anna]
Dopo essere intervenute al convegno, spontaneamente hanno cercato un contatto con noi per dire questa esperienza anche attraverso i “loro” modi di comunicare: sms, mail, chat. Hanno così espresso la difficoltà di dirsi in pubblico, la gioia di esserci riuscite, lo stupore per l’emozione circolante: un regalo inaspettato.
Certamente non mi è stato chiesto di fare nulla di particolare, dovevo ‘semplicemente’ leggere il mio pensiero, così come tutte le altre compagne. È stato difficile rivelare qualcosa di così intimo a perfetti sconosciuti. Ma ci siamo riuscite! [Daniela]
La cosa che mi ha colpita non è stata tanto la mia emozione quanto quella che ho visto negli occhi delle persone che ci ascoltavano. Mentre sedevo lì davanti a tutti, e le mie compagne leggevano le loro parole, ho visto la vera e propria commozione negli occhi di una signora nelle prime file. [Giulia]
L’università è luogo di impegno che incute soggezione in ragazze che stanno facendo i conti con i desideri, le aspettative e le ansie di adolescenti.
Niente è andato come avevo immaginato: anche l’aula del convegno l’avevo pensata diversa. Anna tremava, io ero tranquilla, finché non mi sono alzata per esporre la mia poesia, qualcosa di troppo personale per parlarne con persone sconosciute con le quali condividevamo solo l’interesse per l’autrice e soprattutto dopo quei ragazzi universitari che avevano preparato lavori lunghissimi e specifici. È stato tanto lo stupore nel sentire persone che ci applaudivano e ci dicevano -brave ragazze, complimenti!-. Sono contenta di aver fatto questo lavoro. [Claudia]
La scommessa è stata vinta. “Ma allora prof., a scuola si può anche….?” È vero, a scuola si può anche essere coinvolte, commosse, appassionate o confortate.
Le parole di Antonia mi sono servite a scoprire anche me stessa e a ragionare su esperienze trascorse, su quanto sia importante avere relazioni e libertà e come posso ‘usare’ queste cose. [Noha]
Ed ora mentre ci avviamo all’esame di stato, resta un senso di complicità, una sorta di empatia e una grande riconoscenza per chi ha reso possibile tutto questo e ci ha creduto. Perché, insieme, la fatica diventa più leggera, si impara di più, non solo la poesia, la filosofia e che si può essere unite dallo stesso pensiero.
Così ci hanno regalato una loro poesia, restituendoci la nostra relazione come
appariva ai loro occhi:
Unite dallo stesso pensiero,
così diverse eppure così uguali,
come perle della stessa collana,
fianco a fianco.