di Roberta Trucco
Scrivo dopo avere partecipato a un convegno organizzato da Arcilesbica Nazionale il 2 e 3 giugno a Firenze dal titolo ‘Cosa è successo alle donne? Autodeterminazione e sovradeterminazone oggi’. Ho partecipato in quanto donna etero, femminista, che da tempo si è dichiarata per l’abolizione internazionale dell’utero in affitto insieme ad altre donne femministe.
L’associazione Arcilesbica ha confermato il suo no all’utero in affitto il 10 dicembre scorso, a seguito dell’assemblea nazionale che ha eletto la nuova presidente Cristina Gramolini, e ha organizzato questo convegno proprio per approfondire temi complessi che richiedono prese di posizioni coraggiose. Non è un caso infatti che l’associazione oggi viva attacchi particolarmente violenti da coloro che, invece, si dicono a favore di tale pratica. Hanno partecipato diverse relatrici straniere tra cui Julie Bindel, dalla Gran Bretagna, giornalista e attivista che studia e scrive di questi temi ormai da molto tempo, con un intervento molto interessante dal titolo ‘Autodeterminazione o inganno? Cosa significa scegliere in una società neoliberale’, qui di seguito le mie riflessioni.
Noi siamo il nostro corpo.
Lo sappiamo: noi siamo tutte diverse e i nostri corpi portano le tracce dell’unicità delle nostre storie. La liberazione delle donne però passa attraverso la radicale affermazione che noi siamo il nostro corpo di cui il nostro sesso biologico è parte costitutiva fondamentale, visibile e concreta. Noi siamo donne in quanto il nostro sesso biologico ci conferisce unicità nella dualità dell’umanità. Non vogliamo dunque disfarci di questo corpo anche se vessato e sfruttato da millenni per la semplice ragione che deteniamo il potere della riproduzione, anche se considerato oggetto di desiderio dell’altra parte dell’umanità e per questo da sempre mercificato, anche se il nostro sesso biologico da sempre è descritto come un buco, impuro quando perde sangue (eppure quel sangue è il simbolo della nostra forza generativa) e buco non è, ma clitoride e vagina che sono il luogo del nostro piacere. Vogliamo ribadire che di questo sesso andiamo orgogliose e di questo corpo ci vogliamo riappropriare.
Per fare questo però occorre rovesciare la narrazione fallace dei tempi odierni che solo per una difesa estrema ed esasperata delle differenze dei singoli, oggi erroneamente confusa con il termine queer, apre la strada all’idea di un essere umano neutro fino a giungere al paradosso della creazione di un essere umano totalmente omologato in cui le differenze dipendono esclusivamente dalla volontà individuale. Questa narrazione di fatto non è altro che l’ennesima manovra per cancellare le donne dall’immaginario collettivo.
Ecco perché noi donne femministe, etero e lesbiche, ribadiamo con forza il nostro no all’utero in affitto, alla legalizzazione della prostituzione, oggi eufemisticamente definita sex work, e la nostra piena libertà nella scelta di una maternità responsabile e consapevole finalmente riconosciuta 40 anni fa dalla legge 194. Siamo soggetti a pieno titolo non per un diritto astratto conferitoci da uno Stato, o in relazione al sesso maschile, ma per nostra intrinseca natura umana. Già nel 1600 Anna Maria Van Schurman, filosofa e teologa, di cui la storia non fa menzione, contrapponeva al “Cogito ergo sum” di Cartesio il suo “Sum ergo cogito”. Tocca oggi ribadirlo forte e chiaro e, curiosamente, sembra una affermazione radicalmente rivoluzionaria.
(www.ferraraitalia.it 7 giugno 2018)