di Laura Badaracchi
Negli ultimi 6 mesi gli annunci delle “sex worker” sono aumentati del 24%. Un trend, in crescita già da anni, che ha spostato l’offerta di sesso dalla strada al web. Ma capire se dietro a questo business ci siano escort “libere” o sfruttate è difficile. Come denunciano le associazioni e un’attivista che ha indagato sul mercato delle Pretty Woman.
Secondo un’indagine EscortAdvisor.com (uno dei portali di
recensioni di escort più frequentati), negli ultimi 6 mesi gli annunci di
incontri sessuali pubblicati sul web sono aumentati del 24%. La ricerca rileva
anche che in 10 anni il numero di donne che praticano il sesso a pagamento
sulle strade è drasticamente calato: nel 2009 la percentuale di prostitute che
esercitava all’aperto era l’80% del totale, si è passati al 40% nel 2019.
Le “sex worker” sembrano dunque aver scoperto il web e luoghi di lavoro più
casalinghi (il Codacons ne segnala circa 18.000). Per Mike Morra, fondatore del
sito EscortAdvisor.com che richiede alle iscritte i documenti per verificarne
l’identità, «lavorare attraverso la Rete offre minori spazi per la
criminalità e maggiore sicurezza». Un’affermazione, però, che non convince.
Soprattutto chi da anni si occupa di proteggere le schiave del sesso.
«È difficile capire
se dietro l’annuncio di una escort ci sia uno sfruttatore»
Tiziana Bianchini è responsabile dell’Area “immigrazione e tratta degli esseri
umani” presso la cooperativa Lotta contro l’emarginazione, che dal 2017
collabora a una mappatura nazionale della prostituzione di strada insieme al
Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), alla Piattaforma
nazionale Antitratta e al Numero verde antitratta 800290290. Oltre 60 unità di
strada in tutta Italia, nello stesso giorno, monitorano sul campo le presenze
di persone che si prostituiscono.
«Secondo l’ultima indagine del novembre 2018, in seguito al calo degli sbarchi
di migranti le nigeriane sono diminuite al 31% e aumentano le donne dell’Est,
in particolare romene e albanesi» spiega Bianchini. «Quindi non possiamo
parlare di calo complessivo, ma di una riduzione motivata dalle scelte
politiche».
E riguardo alla prostituzione in casa, che sarebbe più “sicura” e tutelata
rispetto a quella in strada, Bianchini è categorica: «Per le donne si riducono
ancora di più ai minimi termini le possibilità di contatti sociali esterni e
quindi di chiedere aiuto. Abbiamo provato a valutare gli annunci di sesso
online, scoprendo in alcuni casi che a diversi numeri di telefono corrisponde
sempre la stessa persona. Difficilissimo capire se dietro la escort ci sia uno
sfruttatore».
«È un’illusione
tentare di regolamentare al chiuso il fenomeno per ridurre quello della strada»
Lo scenario descritto dai dati e da Tiziana Bianchini fa da sfondo al dibattito
che si è riaperto nel nostro Paese sulle case chiuse, dopo che il mese scorso
la Corte costituzionale ha riaffermato la legittimità della legge firmata nel
1958 da Lina Merlin. Questione sollevata dalla Corte d’appello di Bari, secondo
la quale la prostituzione sarebbe “un’espressione della libertà sessuale
tutelata dalla Costituzione”, e quindi punire intermediatori e clienti
equivarrebbe a compromettere l’esercizio di questo diritto, oltre a privare
della libertà di iniziativa economica la prostituta.
«La senatrice Merlin aveva escluso di considerare la vendita di prestazioni
sessuali come un lavoro, e aveva rubricato come crimine ogni attività volta a favorire
e sfruttare questo commercio» fa notare l’avvocato Grazia Villa, fra le autrici
del volume Né sesso né lavoro.
Politiche sulla prostituzione (VandA.ePublishing).
«Nelle ultime 2 legislature sono stati presentati 22 progetti di legge in
materia: in alcuni si chiede la depenalizzazione, in altri vengono ipotizzate
norme e sanzioni per i clienti. Ma è un’illusione tentare di regolamentare al
chiuso il fenomeno per ridurlo sulle strade: lo dicono i fatti in Germania e
Olanda, dove la normativa ha scatenato un boom esponenziale della domanda ma
meno di un quarto delle donne che si vendono legalmente è iscritta al
sindacato e gode di tutele».
«Non c’è “glamour”
per le ragazze che offrono sesso, solo danno»
A demolire l’idea della liberalizzazione delle sex workers contribuisce anche
l’inchiesta condotta in 40 Paesi dalla giornalista Julie Bindel, autrice del
libro Il mito Pretty Woman. Come la lobby
dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione (Morellini editore).
Secondo Bindel, una donna non può mai dirsi libera di svendere il proprio
corpo: «Si tratta sempre di abuso a pagamento, mai di lavoro. Considero la
prostituzione un modo per dare un’apparenza rispettabile al commercio sessuale:
nei Paesi in cui il fenomeno è regolamentato i “papponi” sono diventati
manager e le donne “sex worker”. I bordelli legali presenti in Germania, Olanda
e Australia arricchiscono lobby potenti e moltiplicano i compratori di sesso».
Invece in Paesi come Svezia, Norvegia, Canada, Corea del Sud, Irlanda e Francia
«la legge criminalizza la domanda di sesso commerciale ma non chi vende sesso,
per frenare la richiesta. Nel 2014 il Parlamento europeo e il Consiglio
d’Europa hanno approvato le raccomandazioni per implementare questo modello
come il modo migliore per affrontare la prostituzione». Secondo Bindel la lotta
per l’abolizione di questo mercato è parte di un movimento più ampio contro
la violenza di genere: «Non c’è “glamour” per le donne che offrono sesso, solo
danno. Tutte le prostituite sopravvissute che ho incontrato sono state
vittimizzate da trafficanti, sfruttatori, compratori. Nessuno dovrebbe essere
pagato per dare accesso al proprio corpo».
I numeri: 3,6 miliardi Il giro d’affari annuo della prostituzione in Italia. 90.000 Le prostitute donne, uomini o transessuali, in crescita del 28% nel periodo 2007-2014. 3 milioni I clienti delle sex worker in Italia (Fonte: Codacons).
(Donna Moderna, 16 aprile 2019, https://www.donnamoderna.com/news/societa/davvero-si-puo-essere-prostitute-per-scelta)
Nota: Il libro Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione di Daniela Danna, Silvia Niccolai, Luciana Tavernini e Grazia Villa (VandA.epublishing, 2019) verrà presentato alla Libreria delle donne di Milano, via Pietro Calvi 29, sabato 11 maggio 2019 ore 18. La giornalista Mariangela Mianiti introdurrà la discussione con la curatrice, sociologa, Daniela Danna e la costituzionalista Silvia Niccolai (Ndr).