di Luisa Muraro
Mercoledì 8 maggio 2019 i giornali hanno dato la notizia della sentenza della Cassazione che risponde no alla richiesta di riconoscimento della paternità congiunta da parte di una coppia maschile. No, in pratica, a registrare anagraficamente dei bambini come se fossero nati da due padri. La sentenza è ben motivata ma è scritta nel linguaggio del diritto con riferimenti che non sono tutti di immediata comprensione. Richiede quindi una qualche spiegazione. Ma la richiede ben più anche per un altro motivo, che viviamo in un tempo di passaggio dal patriarcato a una civiltà capace di accordare uguaglianza e differenza, problema niente facile di lettura e applicazione delle leggi.
La richiesta del riconoscimento veniva da una coppia maschile unita civilmente in Italia, che quel riconoscimento aveva già ottenuto da un giudice straniero, nel paese dov’era nato il bambino (più precisamente, i bambini che sono infatti due). La coppia voleva che il riconoscimento della paternità fosse congiunto anche in Italia. Il che, per noi, equivale al misconoscimento della donna che, nella nostra civiltà e nello spirito della legge, è la madre. Lo voleva inoltre con un procedimento irregolare rispetto alla legge dell’adozione.
Il telegiornale di Raitre ore 14.20 ha dato un riassunto molto, troppo breve, della notizia lasciando lo spazio del commento unicamente all’avvocato della coppia. L’avvocato ha fatto il suo lavoro e nel telegiornale ha parlato schierandosi contro la sentenza della Cassazione, dalla parte dei suoi clienti.
Ma, chiedo alla redazione del telegiornale di Raitre, se voi non parlate, se non invitate altri a parlare, chi parla per gli ascoltatori nel senso di informarli meglio che si può sulla legge e sul problema?
L’avvocato, tra l’altro, ha invocato il bene del minore, lasciando credere che i bambini nati all’estero, in Italia restano senza genitori. Falso! Essi avranno un padre, quello biologico, che è uno dei due adulti della coppia maschile. Nel telegiornale nessuno lo precisa e nessuno dice che la sentenza della Cassazione indica la strada giusta per venire incontro al desiderio di paternità dell’altro uomo della coppia.
Devo ammettere che c’è stato un progresso nell’informazione, e mi rallegro. In passato, al telegiornale di Raitre la comparsa di bambini “nati” da due padri in assenza di madre pareva cosa possibile, una notizia fra le altre. Era finzione e il telegiornale non era il posto giusto per offrirla al pubblico. Questa volta una donna c’è, anzi sono due, quella che ha dato gli ovuli e quella che ha portato al mondo la creatura. Non si dice però che lo sdoppiamento del ruolo femminile non era in sé necessario (la gestante a pagamento è per definizione una donna giovane e sana) ma lo esige il buon funzionamento della gpa, che è un affare complesso in cui c’entrano medicina, legge, mercato, bisogni e desideri… E qualità dell’informazione.
Sono molte le cose sottaciute in questa faccenda, quella dei soldi per prima: la visione ideale è molto importante per propagandare la surrogazione, che tocca un’esperienza umana tra le più delicate, quella della relazione materna. E per tenerla ben distaccata dalla prostituzione. Perciò, le donne che in questo nuovo mercato mettono corpo, tempo e salute, in sostanza la loro vita, dovrebbero farlo gratis e così si è cercato di far credere al grande pubblico: tutte donatrici! Lo hanno detto per anni. Molte e molti, specialmente in Italia, ci hanno creduto.
Nella notizia di Raitre c’era ancora un resto importante della falsa visione del gratuito (la parte per il tutto?), infatti si è parlato di “donatrici” di ovuli. Peccato che sia falso anche questo. Il 23 dicembre scorso il Corriere della sera, dopo aver dato il suo contributo alla visione ideale, dà anche una notizia ben diversa, ma la dà come fosse una piccola notizia di cronaca: mancano le donatrici di ovuli, bisogna pagarle… Ah, com’è difficile dire la verità, quando c’entrano le donne!
(www.libreriadelledonne.it, 9 maggio 2019)