di Cettina Tiralosi
Cambiare musica, voltare pagina, cambiare registro, atteggiamento, tipo d’approccio, sguardo, modo di comportarsi e così via: si può fare e io ci provo.
L’agire artistico è materia vivente, modifica e si modifica attraverso lo sguardo, i pensieri e le azioni, nella consapevolezza di chi propone e di chi osserva.
I luoghi hanno sempre un proprio fascino e una propria attrazione, e chi organizza si presta a rimettere in gioco, in società, la loro storia ancora viva che così si rinnova.
È il caso della ex-pescheria della città di Giarre (Catania) e della curatrice di Musical Fragments, Benedetta Spagnuolo, il cui intervento espositivo aggiorna la storia di un luogo vissuto dalle donne e dagli uomini che lì abitarono e che lì vi abitano ancora.
https://artistiitaliani.wixsite.com/artistiitaliani/musical-fragments
Per la mia disposizione ad ascoltare il mio proprio “sentire viscerale” nel senso che intende la filosofa María Zambrano, ho creduto bene, come ogni volta che mi capita, di prendere parte alla realizzazione di un evento che in circostanze simili a questo, potesse mettere in mostra il valore storico-artistico non indifferente dei luoghi, attraverso l’esposizione delle mie opere foto-grafiche digitali.
Cambiare musica, cambiare ballo, passo di danza, per seguire attraverso un ritmo differente, il proprio sentire e lo sguardo che lo cambia, mentre cambia tutto intorno, è l’espressione della passione e del desiderio politico di libertà femminile delle donne che si affermano mentre vengono allestiti ed esposti pubblicamente i loro elaborati e alla quale anche gli uomini tra i più o meno sensibili, siamo tutte e tutti posti in atto a riconoscere e a dare seguito.
Quando è il momento di cambiare musica, lo è immancabilmente per tutte e tutti, e soprattutto fra chi fa musica, certamente sa cosa intendo in termini di coscienza e conoscenza. Preparare questo evento perciò mi ha dato il la, il verso e la direzione un po’ più in là, lontana da quella parte ristagnante della vita quotidiana che spesso arresta il fluire davanti al nulla pietrificante, il più in là verso quella parte dalla quale l’orizzonte si apre dopo una fitta coltre di nuvole minacciose di piogge torrenziali.
Un po’ più in là, laddove vi trovo armonia, al di là del caos, dove vi trovo speranza di almeno una soluzione e dove, senza disperazione, ritrovo pazienza e fiducia di non riperderle mai più.
La scrittura come la pittura, in particolare, attraverso gli strumenti digitali di oggi come la foto/grafia ovvero la grafia della luce vivente supera l’irremovibile delle cose attorno a sé, andando oltre i no delimitanti per i sì possibili.
La storia della città di Giarre porta nella sua origine le tracce delle condizioni di prosperità che fu della comunità laboriosa che la costituì, tale da divenire nel tempo uno dei mercati all’ingrosso più grandi della riviera ionica siciliana; essa nasceva dal progetto di riqualificazione territoriale e di espansione demografica per volontà di un vescovo conte di Catania, Nicola Maria Caracciolo (1513-1569) proponendo a coltura le terre abbandonate per migliorarle attraverso le concessioni in enfiteusi.
Oggi riviviamo lo spopolamento e lo sradicamento dovuto al conseguenziale abbandono lento e costante che dura oramai da troppo tempo, dei luoghi di lavoro, di studio e di vita perché non più ancorati all’essere vivente che cambia, dai quali perciò si fugge mentre ci sfugge in verità il nodo irrisolto della questione.
Giovani donne e uomini vanno via, mentre i percorsi di scrittura aumentano un po’ dovunque, forse per afferrare le fioche tracce di un “poi” che ha bisogno del “quando” che si rivela in un insufficiente “adesso”.
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(cettinatiralosiblognotes, 25 maggio 2019)