di Marina Terragni
Centinaia di donne – insieme ad alcuni uomini di buona volontà – stanno chiedendo al segretario Cgil Maurizio Landini che spieghi come mai il più grande sindacato italiano si stia impegnando per rendere lecito l’utero in affitto: il corpo delle donne come luogo di lavoro.
In un convegno che si apre oggi presso la sede romana della Cgil – ne abbiamo dato notizia per primi – saranno presentate due diverse proposte di regolamentazione: in poche parole una Gpa aperta a tutte/i e “solidale” alla canadese, in cui alla voce tariffe si leggerebbe l’eufemismo “rimborso spese”. La sostanza non cambia, i contraenti nemmeno: da una parte ricchi committenti single, etero o gay, dall’altra donne a cui servono soldi. Nessuna donna si presterebbe a partorire un figlio per perfetti sconosciuti, mettendo a rischio la propria salute fisica e psicologica, se non fosse mossa dal bisogno.
Forse, eugeneticamente, le gestanti italiane costerebbero molto meno delle californiane, per le quali nelle agenzie di primo livello si possono sborsare anche 200 mila dollari.
Ma agli appelli sottoscritti da iscritte Cgil, dal femminismo più autorevole, da Udi, da studenti e lavoratrici, casalinghe e pensionate, cattoliche e laiche, di sinistra e probabilmente anche di destra, Landini non risponde, rifiutando anche le interviste.
L’utero in affitto «rientra nella vostra mission di tutela del lavoro?» è scritto in una lettera lanciata tra le altre dalla “storica” Alessandra Bocchetti. «Pensate che se ne debba far carico il Sistema Sanitario Nazionale? Cosa intendete per nuovi diritti? È amaro pensare di doversi difendere anche dalla CGIL».
Molto probabile che Landini non fosse informato dell’iniziativa dell’Ufficio Nuovi Diritti, comparto modaiolo e very proud alla cui cura vengono esternalizzati certi temi, in primis quelli che interessano il mondo Lgbt, e che il meteorite gli sia piombato sulla testa.
Senza scomodare Giuseppe Di Vittorio, storico capo Cgil che teneva la dignità al centro delle sue politiche; o Antonio Gramsci: «Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote… Venderanno la possibilità di diventar madri», il quale non avrebbe mai immaginato che nell’era del capitalismo neoliberista la parte del commesso viaggiatore sarebbe toccata alla sinistra; o Karl Marx, che in La Miseria della Filosofia (1847) avvertiva che tutto sarebbe diventato merce, compresi i corpi e le loro funzioni; senza ripercorrere la genealogia di una sinistra partita dai bisogni umani più essenziali e commoventi (il pane e quel po’ di giustizia) e approdata ai diritti-capricci illimitati dell’individuo neo-lib, a Landini direi questo: che alle donne che ti interpellano si risponde, sempre. Che alle donne di questo Paese in difficoltà, welfare vivente a cui tocca il più della fatica, non si può negare la dignità di interlocutrici. Che i costi di questo sprezzante silenzio si potrebbero configurare piuttosto alti. Che il sindacato dovrebbe stare senza possibilità di dubbio dalla parte delle donne sfruttate e non da quella dei ricchi sfruttatori.
E che l’utero in affitto non è questioncina laterale, da delegare a un estroso funzionario arcobaleno, ma dice precisamente quale civiltà ti appresti a costruire.
(Quotidiano Nazionale, 19 giugno 2019)