di Alessandra Ziniti
In
Italia lo sfruttamento sessuale di bambini e ragazzini è in costante
grandissimo aumentato. E anche quello lavorativo, con un abbassamento dell’età
delle vittime che arriva fino alla soglia dei 12 anni. È una fotografia
impietosa quella scattata dall’ultimo rapporto di Save the children, Piccoli
schiavi invisibili, alla vigilia della Giornata internazionale contro la
tratta di esseri umani che si celebra il 30 luglio.
In Europa una vittima di tratta su quattro è minorenne ma a far rabbrividire è
il “mercato” italiano che risponde con numeri in costante crescita al business
dello sfruttamento sessuale che cambia modalità operative per rimanere
sommerso. Gli italiani e lo sfruttamento sessuale, dunque, di minorenni che
arrivano soprattutto dalla Nigeria ma anche dall’est europeo, Romania, Bulgaria
e Albania. […]
«Lo sfruttamento sessuale di vittime così giovani e vulnerabili lascia nelle loro vite un segno indelebile con gravissime conseguenze. Anche nel caso più fortunato di una fuoriuscita, sono diversi gli ostacoli che le giovanissime vittime devono superare durante il percorso di inclusione e integrazione indispensabile per poter costruire un futuro dignitoso e autonomo. Siamo impegnati da anni sul campo In Italia, con l’obiettivo di costruire relazioni di collaborazione sempre più forti con le organizzazioni e associazioni presenti sul territorio, e con le istituzioni ad ogni livello, per scongiurare il pericolo che la rete di intervento e protezione non riesca a trattenere proprio le vittime più fragili. Un fenomeno di questa gravità e di queste proporzioni necessita infatti di un intervento nazionale coordinato tra tutti gli attori, in grado di garantire gli standard necessari ad una vera e propria azione di prevenzione, che deve scattare con tempestività appena le potenziali vittime entrano nel nostro Paese, e deve anche fornire i mezzi più efficaci per promuovere la fuoriuscita delle vittime e il loro percorso di integrazione», ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Lo sfruttamento sessuale delle ragazze nigeriane e dei paesi dell’est Europa
Il
business della tratta internazionale a scopo di sfruttamento sessuale in Italia
si basa su un sistema in continua evoluzione, che si adatta al mutare delle
condizioni. Dopo l’editto della massima autorità religiosa di Benin City che
l’anno scorso ha dichiarato nullo il rito juju, adesso le ragazze nigeriane
arrivano dal Delta State. Le ragazze e le donne nigeriane, una volta giunte in
Italia, dopo un viaggio attraverso la Libia e via mare dove subiscono abusi e
violenze, devono restituire alla maman, la figura femminile che gestisce il
loro sfruttamento, un debito di viaggio che raggiunge i 30.000 euro e sono
costrette a “lavorare” fino a 12 ore tutte le notti, anche per 10-20 euro a
prestazione, raccogliendo dai 300 ai 700 euro al giorno. I trafficanti hanno
spostato il circuito della prostituzione dai luoghi più facilmente
identificabili, come le piazzole lungo le provinciali o le maggiori arterie
stradali, verso luoghi meno visibili, il cosiddetto giro walk, come le fermate
dei bus o i parchi, oppure all’interno delle case, che in alcuni casi sono
connection-house, gestite e frequentate prevalentemente da connazionali, come
quelle segnalate dagli operatori in Campania e Piemonte.
Sulle nostre strade è rimasta invece costante la presenza di ragazze di origine
rumena o bulgara, ma si segnala un aumento delle ragazze di origine albanese,
un ritorno che riguarda anche i gruppi criminali albanesi in Italia, secondi
solo a quelli nigeriani. Il reclutamento delle vittime nei Paesi di origine
avviene con metodi sempre più efficaci, come ad esempio in Romania, dove
diverse testimonianze di vittime raccolte in Italia hanno rilevato l’esistenza
di “sentinelle” dei trafficanti che individuano in anticipo negli
orfanotrofi le ragazze che stanno per lasciare le strutture al compimento dei
18 anni, e mettono in atto un adescamento basato – come per tutte le
connazionali – su finte promesse d’amore e di un futuro felice in Italia,
facendo leva sulla loro condizione di deprivazione affettiva.
Nelle loro attività di protezione delle vittime minori e neo-maggiorenni
orientata alla fuoriuscita e al successivo percorso di inclusione e
integrazione sociale, gli operatori partner di Save the Children impegnati nel
progetto Vie d’Uscita si vedono costretti a sviluppare continuamente nuove
modalità per entrare in contatto con le vittime e stabilire un rapporto di
fiducia con loro. Questo si rende necessario quando vengono dirottate su
circuiti meno visibili o all’interno delle case, o vengono spostate sempre più
frequentemente da una città all’altra, o addirittura in un altro Paese europeo
per far perdere le loro tracce.
Come
uscire dalla tratta
«Non si
può ignorare – ha aggiunto Raffaela Milano – il fatto che il fiorente
mercato dello sfruttamento sessuale delle minorenni in Italia è legato alla
presenza di una forte “domanda” da parte di quelli che ci rifiutiamo di
definire “clienti”, i quali sono parte attiva del processo di sfruttamento. È
necessario rafforzare l’azione di contrasto e, allo stesso tempo, promuovere
iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e in particolare i più
giovani sui danni gravissimi che questo mercato provoca sulle ragazze che ne
sono vittima».
Altri nodi critici riguardano il rilascio del permesso di soggiorno, che in
ancora troppi territori è vincolato alla denuncia nei confronti degli
sfruttatori da parte delle vittime, le quali, soprattutto in una fase iniziale
di fuoriuscita, spesso sono restie a formalizzare la denuncia per paura di
ritorsioni sui familiari nel Paese di origine. Il permesso di soggiorno
d’altronde non rappresenta per le vittime europee o albanesi un efficace
strumento di protezione, considerato che la posizione amministrativa di queste
donne è comunque regolare in Italia. Per tutte loro vanno messi in campo altri
strumenti per incoraggiare e sostenere la fuoriuscita. […]
(la Repubblica, 25 luglio 2019)
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