di Luciana Tavernini
Recensione al n. 58/2020 della rivista DUODA Estudios de la diferencia sexual
Accade che un testo che contiene scoperte importanti per la politica delle donne si e ci illumini in modo potente quando viene ripubblicato e posto insieme ad altri che propongono sfaccettature diverse dello stesso tema.
È quello che è accaduto a me rispetto al tema monografico della rivista DUODA dell’Università di Barcellona «L’invidia delle donne» che ci offre in traduzione spagnola il saggio di Chiara Zamboni «Invidia e amore nell’esperienza dell’eccedenza femminile»i e quello più recente di Wanda Tommasi «L’invidia, male sacro: María Zambrano e Melanie Klein»ii proprio perché accostati tra loro e proposti insieme a quello della psicologa Candela Valle Blanco «La envidia de las mujeres: cómo entenderla y cómo sanarla» (L’invidia delle donne: come capirla e come guarirla). Essi rispondono «alla necessità di fare ordine e offrire luce politica all’invidia delle donne», come scrive Laura Mercader Amigó nella presentazione del tema. I testi di Tommasi e Zamboni seguono tre linee della ricerca filosofica che dal 2005 sta portando avanti la comunità di Diotima dell’Università di Verona, cioè quale spazio hanno l’inconscio, il lavoro del negativo e l’ombra della madre nella politica delle donne oggi.
I quattro testi del tema monografico costituiscono un contributo all’elaborazione simbolica dell’invidia delle donne, un contributo importante per tutte e soprattutto per le femministe che sanno come la politica delle relazioni sia il fondamento della libertà femminile.
Le autrici concordano con riflessioni diverse sul fatto che l’invidia è una passione che tocca sia uomini sia donne, ma nelle donne, in epoca post-patriarcale, l’invidia tra donne non è più per la conquista di un uomo ma ha qualcosa di illimitato che ha a che vedere col fatto che siamo dello stesso sesso della madre e ci riporta alla relazione con lei.
I saggi sono ricchissimi per cui accennerò solo a qualche altro elemento, invitando a una lettura diretta.
Wanda Tommasi sottolinea che, non essendoci differenza sessuale con l’altra donna, è più facile che vi sia confusione senza limiti. Espone il contributo filosofico di Zambrano e quello psicanalitico di Klein e alla loro luce alcune dinamiche dell’invidia femminile, proponendo un percorso di crescita di una donna che, pur conservando il legame con la figura materna, sa allontanarsi da lei, contrattando le condizioni della sua libertà e correndo il rischio della sua singolarità. In questo percorso può affiorare l’invidia negativa, il cui danno maggiore è farci deviare dal nostro desiderio più vero per competere o danneggiare l’altra, invece è possibile recuperare l’ammirazione e giocare al rialzo.
Chiara Zamboni ci ricorda come con l’indebolimento dell’autorità maschile noi donne spesso cerchiamo la misura in una donna e che l’invidia di ciò che più amiamo nell’altra diviene una passione più profonda e anche più distruttiva perché è importante dal punto di vista sociale ma prima di tutto da quello simbolico. Prende spunti da Hannah Arendt, Donatella Borghesi, Luisella Brusa e sviluppa il concetto di gratitudine, che Melanie Klein vede come sentimento che ripara l’invidia, proponendo una gratitudine creativa che rilancia «l’elemento di valore che si ama nell’altra» impedendo che diventi oggetto di aggressioni invidiose. Non si tratta di saldare i conti di un senso di colpa e neppure di fare riconoscimenti formali. Segnala inoltre come spesso per controllare l’invidia si idealizzino le donne invidiate e quindi non si perdoni la loro «naturale fragilità», quando si presenta. Nell’invidia c’è anche il timore verso qualcosa di eccessivo che ci affascina nell’altra, che ci pone fuori di noi perché risuona in noi ma indica una mancanza, ci trascende e allo stesso tempo ci tocca.
Candela Valle Blanco, psicologa di Madrid, si pone due domande: chi ha invidia delle donne? Che cosa invidiano le donne? Per rispondere ripercorre la teoria freudiana dell’invidia del pene, mostrandone i danni e le falsità. Presenta la figura dell’invidiosa come una donna potente e intelligente capace di coinvolgere l’invidiata in una relazione di dominio e manipolazione che appaiono come interesse e accompagnamento nel suo sviluppo, in modo che l’invidiata non possa «dispiegare la sua libertà di essere che è quello che l’invidiosa non può tollerare. La donna invidiosa proietta nell’invidiata il suo mondo interiore non risolto, pone fuori il male che porta dentro, posto che lei non sente la libertà di essere se stessa, si sente piena di valore però non riconosciuta e, nel suo male oscuro interiore, crede che ogni volta che si manifesta questo valore non sarà riconosciuto». A me ha ricordato la regina di Biancaneve. Inoltre l’autrice accenna alla figura di una terza che vede le dinamiche e che molto difficilmente potrà farle riconoscere all’invidiosa ma potrà accompagnare l’invidiata a capire perché rimane invischiata in questa relazione. Descrive il disordine in se stesse e nelle proprie relazioni generato dall’invidia e ci avverte che non si può cambiare con la volontà e neppure parlandone solo dal punto di vista teorico. Ci suggerisce di connettersi con proprio sentire per addentrarsi in un percorso che porti all’origine della ferita, quando è sorta la desolazione del sentire di non aver ricevuto l’amore di cui si necessitava, a partire dal momento della nascita.
La rivista, oltre al tema monografico ci offre un saggio di María-Milagros Rivera Garretas in cui con grande erudizione l’autrice prova che il quadro nel monastero dell’Escorial di Madrid è l’autoritratto di Sor Juana Inés de la Cruz (1651-1695) dipinto per María Luisa Manrique de Lara y Gonzaga, viceregina della Nueva España (Messico) e da lei portato in Spagna nel 1688. Dell’autoritratto vi è una copia nel Philadelphia Museum of Art (USA). In questo modo ci mostra come fossero intrecciate e valorizzanti le relazioni femminili.
Un esempio di relazioni transoceaniche è la conversazione tra Luisa Muraro e Carolina Narváez, Clara Ramírez, Claudia Llanos del Grupo de Investigación Escritos de Mujeres de la Universidad Nacional Autónoma de México e due amiche della Libreria delle donne di Milano, dove si è svolta il 26 aprile 2017. Il testo «Vuelos de una feminista» ha la freschezza di un’opera teatrale in cui Muraro, a cui tutte riconoscono autorità, sa creare le condizioni per la valorizzazione e la circolarità dell’autorità delle altre. Così veniamo a conoscere, tra l’altro, come i libri e le scoperte di Muraro si diffondano nelle Americhe, quali e con quali modalità molte femministe portino avanti le loro lotte in Messico, quali ricerche stiano facendo, oltre a riflessioni sul femminismo italiano a partire proprio dalle richieste di queste giovani donne.
Inoltre, come sempre, la rivista è attenta a diversi linguaggi. Apre con un’arguta vignetta di Pat Carra. Ci presenta nella sezione Creació literària 13 poesie di Susanna Pruna Francesc di cui segnalo in particolare il Manifiesto de la perra del 2017, un percorso allegorico che dalla fedeltà rassegnata a un padrone porta alla conquista della libertà. Nella sezione Projecte d’artista vediamo «Diversas obras» di Toni Crabb, un’artista che, dalla scrittura dei suoi sogni ha lasciato emergere figure le quali, ripresentandosi, chiedevano di essere rese visibili. Trasformandosi continuano ad aprirsi a nuove interpretazioni.
Infine vi sono sei recensioni che segnalo perché testimoniano e sviluppano sia l’interesse fra diversi linguaggi sia il continuo lavoro di scambio tra femminismo spagnolo e italiano. La poeta Juana Castro recensisce la raccolta di poesie di donne scelte da Ana Mañeru e Carmen Oliart e pubblicate in Palabra de Diosa. 44 siglos de poesía; Gloria Luis Peralvo ci parla Diarios de la alegría di María García Zambrano, poesie-diario che convocano l’allegria. Due recensioni ci mostrano quanto sia importante rileggere figure storiche per dar forza alla nostra genealogia e raffinare il simbolico: quella di Nieves Muriel García al libro di María-Milagros Rivera Garretas Sor Juana Inés de la Cruz. Mujeres que no son de este mundo e quella di María-Milagros Rivera Garretas a Del delirio al Amor. Teresa de Jesús (1515-1582) di Alejandra Atala. Inoltre segnalo l’attenzione alle riflessioni italiane sulla prostituzione e sul diritto, messe in luce da Ana Mañeru Méndez nel presentare Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione di Daniela Danna, Silvia Niccolai, Grazia Villa, Luciana Tavernini e da Lola Santos Fernández nel discutere di Femminismo giuridico. Teorie e problemi, libri che, pur presentando peculiarità nazionali, sanno offrire uno sguardo più ampio sui problemi affrontati.
La rivista on line si può leggere in spagnolo e si possono scaricare i testi in pdf con questo link https://www.raco.cat/index.php/duoda
Ripubblichiamo in italiano il saggio di Chiara Zamboni, quello di Wanda Tommasi è disponibile nel libro già citato L’inconscio può pensare?
(www.libreriadelledonne.it, 12 novembre 2020)
[i] Pubblicato in Marisa Forcina, ed., Tra invidia e gratitudine: la cura del conflitto, Milella / Università degli Studi di Lecce, Lecce 2006, pp. 201-208.
[ii] Pubblicato in Chiara Zamboni (ed.), L’inconoscio può pensare?, Moretti&Vitali Editori, Bergamo 2013, pp. 21-37.