di Ketty Giannilivigni
Il 28 gennaio 2021 il presidio che da ottobre le Mamme in piazza per la libertà di dissenso organizzano ogni giovedì dinanzi al carcere delle Vallette di Torino per portare affetto e sostegno a Dana Lauriola, alle altre attiviste Notav e a tutte le detenute, ha visto l’adesione di diverse associazioni di donne che lungo la Penisola hanno raccolto l’appello (vedi pagina FB https://www.facebook.com/665374417260049/posts/1066898283774325/) lanciato dall’UDI Palermo il 23 gennaio, dopo che Dana e, successivamente, Fabiola e altre carcerate avevano intrapreso lo sciopero della fame per reclamare i diritti negati.
Il presidio in diretta Facebook del 28 gennaio ha visto la partecipazione a distanza di donne singole e associate, ma anche di uomini che hanno voluto esprimere sostegno al comitato delle Mamme, solidarietà a Dana e alle compagne in carcere perché è davvero intollerabile, come è stato rilevato anche dai Giuristi democratici e da Amnesty International, che in Italia si possano scontare pene detentive di due anni per il blocco di un quarto d’ora di un casello avvenuto in maniera pacifica e per l’uso di un megafono con il quale spiegare le ragioni della protesta, o pene da scontare ai domiciliari per aver distribuito volantini.
Tra le voci che si sono levate per chiarire le ragioni del presidio c’è quella di Diana, una delle mamme, che ne dà una testimonianza diretta nel corso di un’intervista: quando si sono viste recapitare le denunce e gli avvisi di garanzia indirizzati ai figli, lei e le altre madri, che risiedono in diversi luoghi d’Italia, sono rimaste in un primo momento disorientate e frastornate, ma poi dal 2015 hanno trovato conforto e forza nelle relazioni che hanno costruito, nella solidarietà reciproca e nella solidarietà con le figlie e i figli e le loro lotte, tese a rivendicare l’antifascismo, l’equità sociale, la salvaguardia dell’ambiente. Le relazioni che esse stanno costruendo e le azioni concrete con forte valore simbolico che stanno realizzando reclamano che venga restituita a Dana e alle/agli altre/i la vita non fra le sbarre di un carcere.
Le Mamme in piazza per la libertà di dissenso dichiarano di essere Madri non solo dei propri figli ma anche di Dana, Fabiola e dei/delle compagni/e dissenzienti rispetto ad alcune scelte economiche e sociali delle istituzioni; esse espongono tutte se stesse nel presidio settimanale; promuovono e realizzano azioni riconducibili alla politica delle donne, che è cura e attenzione per ogni vita, per ogni forma vivente, per ogni ecosistema. Un modo di fare politica in qualche modo corrispondente a quello di Dana e delle altre sue compagne di lotta che dal carcere hanno utilizzato l’arma non violenta dello sciopero della fame ottenendo una piccola-grande vittoria, stando alla notizia delle rassicurazioni da parte della direzione del carcere di Torino sull’accoglienza delle richieste delle detenute.
Le donne dell’UDIPalermo, «fermamente decise a custodire» la «nostra DEMOCRAZIA, un bene estremamente fragile», che da mesi denunciano l’intento di ridurre a questione di ordine pubblico «la protesta di un territorio» chiedendo «immediata libertà per Dana» nell’appello lanciato al Presidente della Repubblica, riconoscono e valorizzano la novità della forza politica delle Mamme in piazza per la libertà di dissenso come pure di Dana e delle altre e per questo hanno dato avvio il 28 gennaio a un’azione politica di più ampio respiro che vede coinvolte diverse associazioni di donne e di singole, ma anche di uomini e di singoli, da Palermo a Torino, dalla Val di Susa alla Sicilia. Lo ha ben rilevato Ugo Mattei, giurista e costituzionalista, erede di Stefano Rodotà nel suo impegno riguardo alla “dottrina sui beni comuni”, il quale ha salutato il «ponte di solidarietà, speranza, lotta comune che dalla Sicilia» ha raggiunto il «Piemonte attraversando l’Italia» e che con un comunicato si è unito al «coro di protesta in difesa del diritto di resistenza e di dissenso politico».
L’iniziativa del 28 gennaio dovrebbe far riflettere le donne che rivendicano le quote rosa nei luoghi della politica e nei governi: come mai non sono le prime a porre attenzione e ascolto alle Mamme in piazza che reclamano per le figlie e i figli «la vita che viene loro sottratta con la detenzione e le misure cautelari» mediante la sproporzione tra i reati contestati e le pene inflitte?
E come mai le deputate, le senatrici, le sindache, le consigliere, le assessore che dichiarano di avere i loro riferimenti culturali e politici nelle donne che hanno partecipato alla Resistenza, non danno voce alle richieste di libertà delle giovani attiviste in carcere?
Come mai le ammiratrici della politica di Lidia Menapace – partigiana e antifascista da poco scomparsa – ne disconoscono l’amicizia con Nicoletta Dosio, anche lei incriminata e carcerata per aver preso parte alla manifestazione Notav per cui Dana è detenuta?
Come mai le donne che si dichiarano rappresentanti delle istanze delle donne – anche grazie ai movimenti femministi – non ascoltano né recepiscono le richieste di libertà delle giovani attiviste in carcere, delle Mamme in piazza per la libertà di dissenso, dell’UDIPalermo, dell’UDI Nazionale, della Città felice di Catania, di Archivia donne, de Le Rose bianche, di Studi femministi, delle Onde donneinmovimento, di Femminile è politico: potere alle donne, di Iniziativa Femminista, di Ecofemministe e sostenibilità, del Coordinamento antiviolenza 21 luglio Palermo, e di tutte le donne singole e associate che si sono unite simbolicamente in piazza il 28 gennaio scorso?
C’è un’eccellenza femminile nel pensiero e nelle pratiche che è nel cuore delle donne e che ispira l’impegno quotidiano in un cambiamento concreto che riguarda tutti i piani dell’esistenza collettiva, dell’esistenza di ogni singola donna e di ogni singolo uomo, di ogni essere vivente, di ogni ecosistema. A questa eccellenza portatrice di una rivoluzione simbolica che si traduce in politica delle donne per donne e uomini è bene appellarsi anche quando si parla di diritti elementari quali la libertà di dissenso e di protesta, perché nel nostro Paese nel contesto odierno, al di là della TAV, è in gioco il fragile bene della democrazia e con essa la Costituzione italiana.
(www.pressenza.com, 31 gennaio 2021)