14 Maggio 2021

Storia vivente: cronaca di un fertile incontro

di Marina Magnani


Relazione introduttiva all’incontro del 19 marzo 2021 a Ravenna


La presentazione del libro La spirale del tempo. Storia vivente dentro di noi era stata programmata con la Casa delle donne di Ravenna più di un anno fa, nel mese di marzo, all’insegna dell’“inviolabilità del corpo femminile”, poi rimandata a novembre 2020 a causa della pandemia, nell’ambito della rassegna “Una società per le relazioni. Strade alternative alla violenza”. A onor del vero ci tengo a precisare che la pandemia non fu la sola causa dello spostamento. In realtà si verificò un disaccordo politico fra le promotrici dell’evento, riguardante il sostegno che Laura e io dichiarammo pubblicamente alla posizione critica espressa da una parte del movimento femminista italiano al ddl Zan. All’interno della Casa delle donne vi fu un netto rifiuto di confronto su alcune tematiche controverse ma che alcune sentivano come irrinunciabili. In seguito la proposta fu ulteriormente spostata a causa della seconda ondata pandemica, ma grazie a una tenace ricerca di nuove interlocutrici siamo riuscite a mantenere questo impegno, che con Laura Minguzzi e Marirì Martinengo avevamo preso da tempo e a cui non volevamo rinunciare. Oggi, 19 marzo 2021, dedichiamo questo appuntamento a tutte le donne che desiderano approfondire e sviluppare il “pensiero della differenza” nella storia, una pratica relazionale che necessariamente parte da sé, in un calendario di manifestazioni che il Comune di Ravenna organizza in occasione del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza alle donne. Con Laura avevo da alcuni anni iniziato una relazione in occasione di un dibattito per ricordare il cinquantenario del ’68, dal punto di vista del movimento delle donne, promosso dal Gruppo Donneversoilmareperto, di cui io faccio parte. La invitai in quanto Laura è originaria di Torri di Mezzano, un piccolo paese del comune di Ravenna e mi incuriosiva il suo percorso politico ed esistenziale, avendo letto che da tempo viveva a Milano e in relazione con la Libreria delle donne. La conobbi, infatti, attraverso il sito della Libreria. Fu un incontro fertile poiché fu proprio in quella serata che lei ci parlò della Comunità di storia vivente, della cui pratica lei stessa è componente attiva, e in me nacque un forte desiderio di saperne di più e approfondire la sua conoscenza.

Di certo non servono date celebrative per sentirsi donna, tuttavia, se è vero che la storia siamo noi, è anche troppo semplice dire che la storia è la somma di tutto quanto è successo dai tempi dei tempi e che conoscerla è un modo per allargare lo sguardo, per uscire dal proprio orizzonte, quando ognuna/ognuno sa benissimo di vivere una sua propria storia. Abbiamo vissuto millenni di storia positivista, tradizionale, anche detta oggettiva, della dominanza del patriarcato, dove i rapporti basati su gerarchie di predominio, supportati dalla forza, dalla paura, dal dolore oggi si devono poter definitivamente interrompere, per trovare un modo di risvegliare, dal coma profondo in cui giacciono, troppo spesso inermi, una politica del nostro corpo, del nostro eros, un desiderio di connessione biologica con la storia della consapevolezza, nel solco già segnato da una parte del femminismo della seconda metà del ’900.

Tra l’altro la storia, se considerata come una forma di oggettività, è già per definizione un distacco dalla vita, è già una certa morte, mentre la conoscenza che muta secondo la nostra coscienza, della nostra lettura degli eventi, del nostro modo di interrogare, e soprattutto di sentire il mondo, può essere capace di porre nuove questioni, fino a diventare un processo che “resuscita i morti”. Gli storici cercano la verità in ciò che è realmente accaduto, ben sapendo che la verità non solo non si possiede ma semmai si cerca insieme con gli altri. Tuttavia, come ben sappiamo, noi donne siamo praticamente assenti dalla storia. E allora, come può esserci verità nella filosofia, nella storia tradizionale se il pensiero e le esperienze delle donne sono assenti? Quindi c’era una volta l’uomo, ma c’era una volta anche la donna, ideatrice oggi di una nuova pratica di autorità femminile, che cerca di mettere in atto il percorso già indicato da María Zambrano (1904/1991), filosofa spagnola del secolo scorso: «per essere veramente umana, la storia deve scendere fin nei luoghi più segreti dell’essere, fino alle viscere, a quella parte meno visibile del nostro corpo, perché quella è il luogo in cui la nostra differenza sessuale mette radici e radica il suo sentire. E il sentire ci costituisce più di ogni altra facoltà psichica: le altre le possediamo, mentre il sentire lo siamo».

Riflettiamo allora sul fatto che il tempo che passa deposita dentro il nostro essere profondo alcune esperienze, che domandano sensibilmente di uscire alla luce, di essere riascoltate, narrate, riconsiderate e rinarrate e immaginiamo che questo processo possa mutare non solo il corso della narrazione della storia ma anche chi l’ha vissuta: quindi con l’audace scommessa che il far emergere – dal varco tra le viscere – elementi apparentemente ignoti, impensabili, imprevedibili arricchisca, di fatto, la storia e il simbolico femminile.

La pratica della storia vivente della Comunità di Milano, iniziata nel 2006, ha prodotto la realizzazione del libro La spirale del tempo, edito da Moretti & Vitali, nella collana curata dalla filosofa Annarosa Buttarelli, preceduto nella stampa dalla pubblicazione degli atti dei Convegni tenutisi tra il 2012 e il 2014. Il libro contiene tre testi teorici e dieci racconti di storia vivente di Marie-Thérèse Giraud, Laura Modini, Giovanna Palmeto, Marina Santini, Luciana Tavernini, Rosy Daniello, Adele Longo, Anna Potito, Katia Ricci, María Milagros Rivera Garretas, nonché di Laura Minguzzi e Marirì Martinengo, nostre ospiti.

Tuttavia, il merito di riconoscere negli scritti l’origine di un nuovo modo di fare storia, una storia a partire da sé, dalla genealogia materna, va dato a una storica medievalista, docente all’università di Barcellona, María Milagros Rivera Garretas, in occasione nel 2005 della presentazione del libro La voce del silenzio. Memoria e storia di Maria Massone, “donna sottratta”, scritto da Marirì Martinengo, che poi sarà considerato il libro istitutivo della storia vivente. In particolare, dalle stesse parole di Marirì: «C’è una storia vivente annidata in ciascuna e ciascuno di noi», María Milagros ebbe la felice intuizione e il coraggio di definire la storia vivente una forma di conoscenza femminile, che lega esperienza, parola e scrittura insieme, mostrando l’intimo legame tra il desiderio per la storia e la propria esperienza personale, che richiede di essere reinterpretata, molto semplicemente perché le interpretazioni date non bastano più. A differenza di quanto avviene nella storia tradizionale, finalmente non è più il soggetto che indaga un oggetto, ma è lo stesso soggetto il documento principale cui attingere, «un corpo pensante, non silente, anzi sentente».

Quindici anni sono passati da quella innovativa proposta politica e storiografica, altre donne si sono aggiunte alla Comunità di Storia vivente di Milano, mentre altri gruppi si sono formati e si stanno formando in diverse città italiane, e anche in quelle di lingua latina nell’America meridionale.


19 marzo 2021


(www.libreriadelledonne.it, 14 maggio 2021)

Print Friendly, PDF & Email