di Rejoice
La storia di Rejoice (pseudonimo), arrivata in Italia nel 2016, è stata raccolta e trascritta da Flavia Bottaro e Clelia Pallotta. Flavia fa parte dell’Associazione AccoglieRete di Siracusa, che dal 2013 accoglie e sostiene migranti minori non accompagnati. L’associazione lavora con tutori, volontari e volontarie, legali.
Appena sono sbarcata ad Augusta, ho avuto tanta paura, c’erano molte persone bianche così come avevo visto molti bianchi in Libia. Avevo 15 anni e sono rimasta spaventata tutta la notte. L’indomani mattina però è venuta una ragazza bianca che si chiama Gloria e parlava la mia lingua, questo mi ha molto meravigliata perché non avevo mai visto un bianco che parla il nigeriano. Gloria mi ha rassicurato perché guardando i miei occhi ha capito che avevo molta paura. Mi ha detto che qui i bianchi non sparano e non mettono bombe e non ti mettono in prigione se ti vedono per strada. Mi ha anche spiegato le cose che fanno qui le nigeriane e cioè che vendono i loro corpi. Io lo sapevo e le ho detto che non volevo farlo anche se la mia famiglia mi aveva fatto giurare che avrei fatto tutto quello che mi diceva la madame. Così le ho detto che il mio desiderio era andare a scuola e poi trovare un lavoro.
Dopo due giorni passati in una comunità vicino al porto, con il pullman ci hanno portate in un centro in campagna ma prima abbiamo attraversato la città. La prima cosa che ho notato erano le persone che camminavano piano e sembravano tranquille, per strada parlavano e non sembravano spaventate, così ho capito che Gloria diceva la verità perché in Libia non c’era nessuno per strada.
Quando sono arrivata al centro ho conosciuto Alessia, anche lei parla bene il pigin english. Mi ha spiegato come mi devo comportare in Italia, per esempio non parlare a voce alta o litigare con le mie amiche, non alzare le mani. Vedo infatti che per strada qui non litiga nessuno e mi sembra molto strano perché nella mia città è facile vedere gente che litiga per la strada, che parla gridando. Oppure capita anche che il marito butti fuori di casa la moglie e che litigano e si picchiano e non si fanno problemi a litigare per strada e farsi sentire da tutti quelli che sono presenti o nelle case accanto. Quando uscivamo dal campo con le assistenti, mi faceva ridere sentire parlare italiano perché non ci capivo niente e mi chiedevo di cosa potevano mai parlare così tanto e ridere sempre questi italiani. Però qui per la strada ci sono anche persone che sembrano fuori di testa, me ne accorgo quando li guardo negli occhi. Una volta, per esempio, stavo andando a scuola e camminavo sul marciapiede e uno ha detto “Ehi spostati stupida!” e il suo amico si è messo a ridere, allora io ho guardato dietro di me per capire a chi lo stava dicendo e ho capito che lo diceva a me, ma non ho capito che cosa avevo fatto di sbagliato. Una cosa che vedo spesso qui e che però non mi piace, sono le persone che fumano per strada. Da noi non ci sono tutte queste persone che fumano, specialmente perché se sono donne a fumare per strada vuol dire che sono delle prostitute. Un’altra cosa strana che ho saputo stando qui è che l’orario di lavoro è deciso dalla legge, in Nigeria vedevo mio padre, i miei zii e le persone che conoscevo lavorare dalle 7 di mattina alle 8 o 9 di sera, tutti i giorni.
Quando sono arrivata mi avevano spiegato che avrei avuto un tutore, che è una persona che ti aiuta a fare i documenti. Così quando ho conosciuto la mia tutrice ho pensato: “finalmente è arrivata”. Siamo andate all’ufficio immigrazione della polizia per i documenti e vedevo che erano tutti molto gentili, infatti la mia tutrice mi ha detto che quando vedo persone in divisa non mi devo spaventare. Quando ero al campo non potevamo uscire sole perché le assistenti avevano paura che ci fermassero le persone cattive per farci prostituire. Ormai sono maggiorenne, ma la mia tutrice e la sua famiglia sono come la mia famiglia. Conosco anche tanti loro amici e quando ci sono le festività le raccomandano di invitare anche me e siccome mi vedono nera pensano che sono musulmana e che non mangio il maiale; ma sono cristiana e mangio tutto, anzi non tutto perché ora sono a dieta. Questo mi rende molto felice perché da noi gli amici dei genitori ti considerano piccola fino a quando non ti sposi e alcune volte per strada non ti salutano neanche. In Nigeria non potevo fare amicizia perché quando hanno visto che i ragazzi mi fermavano per strada mia zia mi chiudeva in una stanza e potevo uscire solo con lei o con mia mamma. Qui in Italia mi piacerebbe fare anche amicizia con le mie compagne di classe, ma loro non vogliono perché forse mi vedono più grande, però con i professori scherzo e ridiamo, anche con le suore, anche se mi dicono “Mamma mia Rejoice, stai ferma che mi fai girare la testa e io sono vecchia”, però ridono.
Adesso vivo dalle suore, vado a scuola e frequento il loro laboratorio di cucina, preparo pane, pasta, pizza e dolci e mi piace e mi dicono che sono brava.
Dalle suore c’è l’asilo per i bimbi e quando faccio i biscotti sentono il profumo e allora alcuni piccolini si affacciano in cucina e so che ne vorrebbero qualcuno, ma il ragazzo col quale lavoro mi dice di non dargliene, ma quando lui si gira e fa finta di non guardare, di nascosto glieli do e loro si mettono a ridere e scappano di nuovo all’asilo. Una delle bambine che viene a prendere i biscotti mi chiama mamma, le dico di non chiamarmi così perché la sua vera mamma potrebbe arrabbiarsi, sua mamma però non si arrabbia e mi dice che la sua bambina scherza sempre con le persone che le fanno simpatia anche se sono nera e così siamo diventate amiche. Quando sono arrivata dalle suore tutte le ragazze che erano già lì mi avevano detto che non mi avrebbero fatto i documenti, invece le suore hanno visto che ho buona volontà, che mi sveglio presto, mi ordino e pulisco la camera come mi ha insegnato la signora che pulisce l’asilo e così ora ho cinque documenti: il permesso di soggiorno per 3 anni, il codice fiscale, il conto alla Posta, la carta di identità e, il contratto di lavoro per 6 mesi. Quando sono arrivata non avevo niente, ma quello che posso fare lo sto facendo. Da quando sono venuta qua ho imparato tante cose che non si facevano nel mio Paese, ho imparato ad essere forte, a fare sacrifici, mi alzo alle 5 e mezzo per lasciare la mia stanza pulita, lavarmi ed essere pronta alle 6 per andare a lavorare nel panificio. Le mie amiche preferiscono lavorare nel laboratorio di ceramica, ma io dico loro che quando usciranno il lavoro sarà nei panifici e nei ristoranti e non nella ceramica. Io non avevo niente e so che non sono brava per tutto, sto imparando tante cose e per questo sono molto felice, le suore mi vogliono bene e la mia tutrice e la sua famiglia mi hanno preso come una figlia e sono libera di chiedere di andare a casa loro nel fine settimana quando non lavoro. Incontro anche Alessia del campo di Capo Corso che quando ero triste mi diceva “forza Rejioce vieni con me, non stare chiusa nella stanza”. Mi piacerebbe restare qua perché qui posso avere un lavoro sistemato bene e le persone mi aiutano; nel mio paese no, per esempio la mia mamma, ora lei è molto arrabbiata con me, perché non mi prostituisco e non le mando tanti soldi. Spero che lei cambi perché altrimenti andrò solo da mio padre, loro sono separati. Un fidanzato lo voglio solo se si comporta bene, perché altrimenti via, quella è la porta! Perché mi sono trovata male nel mio paese e non voglio più che nessun ragazzo mi tratti male.
Qualche volta mi viene nostalgia dei miei posti. Ci penso quando qualcuno mi fa male o mi insulta, penso che se ero nel mio Paese queste cose non mi sarebbero successe; però quando inizio a lavorare dimentico tutto e penso solo al lavoro e così ho trovato il modo per stare bene.
C’è stata un’esperienza che ho fatto qui che mi è molto piaciuta. Sono andata in Calabria con le suore e, mi hanno portata al circo. C’erano leoni, tigri, elefanti, mi sono divertita tanto, anche quando hanno messo le tigri vicino a dove ero seduta io. C’era un elefante che giocava con il pallone ed era veramente buffo, le persone erano serie ma a me ha fatto ridere tanto e anche dentro al pullman ci pensavo e ridevo; la suora mi ha detto che non mi aveva mai visto così felice. Non avevo mai visto questi animali nel mio Paese, solo in televisione e basta. Comunque credo che anche in Nigeria ci sono gli zoo, ma io non ci sono mai andata. Vicino al mio villaggio ho visto solo dei serpenti e al mercato vendevano i coccodrilli, ma non interi, per fare cose woodo.
(Erbacce, 6 giugno 2021)
1 Nei giorni successivi alla divulgazione di questo appello, il quadro della repressione si è aggravato: alla data del 20 maggio, gli episodi di violenza da parte della polizia sono arrivati a 2387; 51 persone hanno perso la vita, di cui 43 per mano delle forze dell’ordine; 33 persone hanno subito ferite agli occhi. Si sono registrate inoltre 18 vittime di violenza sessuale per mano della Forza Pubblica (ndr).