di Elisa Cornegliani
L’associazione DonnexStrada, guidata da Laura De Dilectis, propone alcuni spunti per rendere il rientro a casa più sicuro per le donne. Fra questi anche l’idea di trasformare alcuni luoghi di frequentazione quotidiana – edicole, farmacie – in presidi territoriali formati al contrasto della violenza di genere. La fondatrice: “C’è una paura automatizzata e un conseguente grande bisogno di aiuto”
Carrozze di testa per sole donne su tutte le linee dei treni? Lo chiede una petizione lanciata nei giorni scorsi, che in poco tempo ha raggiunto quota 38mila firme. L’idea dopo due episodi di violenza sessuale – una tentata – ai danni di due ragazze ventenni che stavano viaggiando sulla linea Milano – Varese. La proposta ha innescato un dibattito: chi la sostiene, chi ne vede i limiti di fattibilità, chi non apprezza la scelta di agire sui comportamenti delle potenziali vittime tralasciando quelli dei potenziali aggressori. Non convince soprattutto l’ulteriore isolamento a cui andrebbero incontro le donne. “Soluzione efficace o no, il punto non è questo. Sono le firme che ha ottenuto: tantissime, in poco tempo. Significa che la gente vuole sicurezza e sa di non averla“, commenta Laura De Dilectis, presidente dell’associazione DonnexStrada. In pochi mesi hanno messo inventato qualcosa di nuovo: organizzano dirette Instagram per accompagnare le donne a casa se hanno paura e sono sole. “Abbiamo visto lo stesso con i follower sui nostri canali social. In due settimane 70mila. Da aprile, quando siamo partiti, 114mila”. Al di là della soddisfazione personale, spiega De Dilectis, questo è in realtà un dato forte: “Ci dice che le persone vivono una paura ormai automatizzata e normalizzata”. E quindi c’è una forte esigenza di aiuto. Non solo sui treni, ma in generale quando si tratta di mezzi pubblici o di rientri per strade solitarie. “La carrozza a parte non aiuterebbe, anzi, potrebbe indurre potenziali critiche nei confronti delle stesse vittime se decidessero semplicemente di sedersi nel vagone in cui ci sono tutti”, prosegue De Dilectis. L’associazione punta invece su quattro soluzioni: notturni sicuri, taxi sospeso, presidi antiviolenza sparsi sul territorio e – appunto, – le dirette via Instagram svolte con circa 40 volontari, per accompagnare a casa chi non si sente sicuro. Le prime tre sono proposte, l’ultima è realtà.
LA DIRETTA – “La prenotano oppure ci contattano tramite la nostra linea di emergenza. Chiediamo che la comunicazione si svolga senza auricolari, per renderla evidente, e con la videocamera accesa”. Un deterrente per gli aggressori: “Registriamo tutte le dirette, previo consenso. È necessario in caso di pericolo o di aggressione. Sono sia pubbliche sia private: in entrambi i casi dialoghiamo con la donna fino al portone di casa, omettendo riferimenti alla vita personale nel caso in cui il video sia pubblico. Garantiamo inoltre la chiamata al 112 in caso di necessità”. Da sottolineare, ricorda De Dilectis, che il servizio va contattato per prevenire eventuali aggressioni e non per gestire un pericolo già esistente: in quel caso vanno contattate le forze dell’ordine. Dall’inizio dell’attività, ad aprile 2021, l’associazione ha accompagnato a casa circa 700 persone.
LE PROPOSTE – Se le carrozze dedicate non servono, allora, cos’altro è necessario per rendere i mezzi di trasporto più sicuri? “A livello globale si tratta di fare rete con le istituzioni e la Polizia di Stato. Nel concreto, noi abbiamo elaborato alcune proposte”, prosegue De Dilectis. “A cominciare dal notturno sicuro, che prevede per esempio la formazione e la sensibilizzazione alla violenza di genere per gli addetti di tutti i mezzi di traporto, l’aumento dei controlli e l’affissione di numeri specifici da contattare in caso di molestie”. C’è poi il problema dell’attesa durante la fascia serale, quando la frequenza dei mezzi cala quasi fino a scomparire. È necessario perciò intervenire anche sulle fermate stesse, con azioni mirate: “Per esempio, una presa per il telefono. Averlo carico è utile e induce sicurezza. L’alternativa è un rischio, soprattutto se si tratta di aspettare – al buio e senza batteria – un bus che non arriva”. Un’altra proposta è il taxi sospeso: funzionerebbe come il più celebre caffè. In questo senso Roma si è già mossa, proponendo uno sconto del 50% sul costo della corsa singola (fino a un massimo di 20 euro) per donne, uomini con più di 65 anni e disabili residenti in città. Qualcosa di simile ha fatto Firenze, dove dalle 22.00 alle 4.00, è attivo il TaxiRosa. “Il punto è l’accessibilità alla sicurezza, che in alcuni casi costa e compromette la libertà di spostarsi”. L’associazione sta pensando a vetture che siano riconoscibili tramite bollini colorati, segnalati su una piattaforma apposita dove potrà essere denunciato qualsiasi violazione degli standard (compreso l’eventuale comportamento molesto del conducente). E infine c’è la proposta più difficile da realizzare, i punti viola: “Presidi in ogni città, partendo da Roma, formati alla violenza di genere e consultabili tramite mappa. Una farmacia aperta 24 ore su 24, un’edicola già aperta alle 6 di mattina”. Posti cui le vittime possono rivolgersi in caso di necessità e dove sanno di poter trovare ascolto o solidarietà, attivando i cittadini a partecipare in prima persona partendo dagli ambienti lavorativi. All’ interno dell’attività brochure esplicative in merito alle risorse territoriali utili per contribuire al supporto della vittima. L’intenzione di Donnexstrada è ideare un protocollo da attivare in tutti i comuni. Fino ad allora, 24 ore su 24 e gratis, ci sono le dirette via Instagram.
(Il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2021)