Sara Gandini
Sono Sara Gandini e faccio parte della redazione del sito della Libreria delle Donne di Milano e di due gruppi di riflessione: uno è quello di cui hanno parlato precedentemente anche Elisabetta Marano e Umberto Varischio, misto, e uno di sole donne, o meglio di giovani donne, che discutono di politica a partire dalle loro pratiche politiche in diverse associazioni.
Il gruppo di uomini e donne e’ per me molto importante ma considero essenziale far parte del gruppo di giovani donne di cui accennavo, perche’ li’ ritrovo passione e coinvolgimento, forti relazioni duali che mi danno moltissima forza e una maggiore consapevolezza rispetto a quello che mi capita nel mondo.
Questi gruppi sono inevitabilmente caratterizzati da grossi conflitti ma credo che la pratica del conflitto sia una delle pratiche più difficili da mettere in atto in termini positivi. Sono convinta della sua importanza però credo di averla vista in atto, in modo creativo e fecondo, solo raramente. Le esperienze che ho avuto personalmente molto spesso mi hanno portato alla rottura della relazione. Credo sia necessario aver una grande fiducia nella relazione affinche’ si riesca a vivere i conflitti fino in fondo, senza arrivare allo scontro e alla contrapposizione, e lasciando uno spazio dentro di se’ per l’altro… I pochi conflitti che sono riuscita a vivere in modo positivo sono stati quelli aperti con donne e in quei casi la posta in gioco era alta. Quello che secondo me è stato fondamentale, nei conflitti che ho vissuto positivamente, è stata la capacità di mostrarsi e di mettersi in gioco fino in fondo, cosa assolutamente non semplice se non sei in una relazione degna di questo nome. Ora io credo che questa cosa capiti difficilmente tra un uomo e una donna e ancor piu’ raramente tra uomini. Tuttavia mi sono resa conto in un’esperienza che ho avuto da poco, con mio padre ed il mio compagno, che quando sono riuscita ad accettare le mie fragilità ma soprattutto a riconoscere ed accettare che le fragilità e le debolezze dell’altro sono anche mie, e quindi a far spazio per l’Altro, qualcosa e’ succcesso. Mio padre soffre di depressioni e di alcolismo da tanti anni. In questi giorni ho tentato di farlo ricoverare ma questo ha creato grossi conflitti. Sono andata a casa sua, ho tentato di impormi, di imporre la mia volontà, ma ho prodotto, in realtà, solamente uno scontro. Lui mi opponeva la sua aggressività, la sua volonta’ di non farsi curare, di stare a casa sua e di auto distruggersi. Poi, anche attraverso mediazioni di suoi amici, siamo riusciti a farlo ricoverare ma comunque continuava a non affrontare il problema. Ho tentato di parlargli di mettere sul piatto la cosa ma senza successo.Credo sia capitato qualcosa nel momento in cui ho chiesto al mio compagno di intervenire, di tentare di fare una mediazione. Nel momento in cui lui ha cominciato a parlare di se’, cosa non facile dato che non ama farlo, e il mio mettermi un po’ a lato, ha fatto si’ che mio padre cominciasse ad ascoltare diversamente. Questa cosa che un uomo mostrasse se stesso, con le proprie fragilità, a un altro uomo, in realtà è stata la cosa scardinante. A quel punto anche mio padre si è mostrato, ha accettato di raccontarsi e in qualche modo affrontare la cosa senza negarla.
Fondamentale pero’ e’ stato che, prima di tutto, riconoscessi e accettassi che le fragilità e i limiti di mio padre sono anche i miei. Cosi’ io credo che il conflitto possa avere una svolta se si riconosce in qualche modo l’altro dentro di se’, con tutte le difficoltà che questo puo’ provocare.