29 Aprile 2022

Se le donne arrivano al potere

di Laura Colombo


Sappiamo bene che in tempo di guerra le notizie sono attraversate da menzogne, omissioni, propaganda e, se pensiamo alle piattaforme social, anche da svariate idiozie. Tuttavia, sono in cerca di un’informazione che mi avvicini alla comprensione dei folli avvenimenti di questi ultimi mesi, ed è così che ho trovato un articolo di The Times UK che a prima vista sembrava far sperare: “Se le donne avessero potere, ci sarebbe meno violenza” (https://www.thetimes.co.uk/article/if-a-woman-was-running-russia-thered-be-no-war-in-ukraine-h9w99b087).  Il titolo riprende le parole di Kaja Kallas, presidente dell’Estonia dal gennaio 2021, convinta che se ci fosse stata una donna a capo del Cremlino, questa guerra non sarebbe mai scoppiata. Condivido la sua argomentazione perché prende forza dalla sua esperienza e tocca il sentire comune di donne e uomini: “Probabilmente è molto sessista, ma lo voglio dire lo stesso: se hai dato vita a un essere umano, è così crudele ammazzare il figlio di un’altra donna” (“Maybe it’s very sexist, but I’m still going to say it: if you have given birth to human life, taking away the life of another mother’s child is just so cruel”). Simone Weil, in un saggio del volume La scienza e noi, parlando della costrizione del tempo tende il filo del ragionamento sul potere e sulla forza utilizzando esempi magistrali che risuonano in quanto detto da Kaja Kallas: “… è necessario un anno di fatica e di cure per far spuntare un’altra messe nel campo; non si resuscita un uomo morto e per far sorgere nel mondo un uomo nuovo ci vogliono venti anni. Questa necessità, che ci incatena strettamente, si riflette nella costrizione sociale mediante il potere che essa procura a coloro che sanno bruciare i campi e uccidere gli uomini, cose rapide, nei confronti di coloro che sanno far maturare il grano ed allevare i bambini, cose lente”.
Sanno resistere alla prova del presente queste parole di verità? Hanno la forza di esprimere qualcosa di nuovo, che scompagini la logica della forza e del potere, mettendo fine alla violenza cieca e insensata della guerra? Apparentemente no, perché nello stesso articolo la narrazione prosegue con un salto del pensiero nella prospettiva della contrapposizione amico-nemico, ricordando l’adesione dell’Estonia alla Nato dopo la caduta dell’Unione Sovietica, invocando ancora più soldati Nato, già presenti in forza in Estonia, nelle vicinanze del confine con la Russia, menzionando gli aiuti militari all’Ucraina pari a un terzo del budget dedicato alla difesa. E Kaja Kallas conclude dicendo che si trova dalla parte giusta della cortina di ferro, che è quella della Nato (“For us, we are now on the right side of the Iron Curtain, which is the Nato side”). La logica degli schieramenti porta a considerare tutto il male nella parte avversa e spinge a obliterare la vita degli altri, a dimenticarne il valore trasformando gli esseri umani in pedine sacrificabili sullo scacchiere di guerra.
Mi sembra incredibile che possano coesistere due posizioni così antitetiche, espresse in modo lampante nella manciata di righe di un articolo. Tendo a interpretarlo in senso differente a quanto vuole suggerire il titolo dell’articolo: se le donne arrivano al potere, devono radicarsi ancora più profondamente nella loro differenza per non perderla, e non perdere così la possibilità che davvero la guerra sia messa fuori dalla storia. Certo, gli uomini dovrebbero saper vedere questa radice, abbandonando narcisismo ed esercizio della forza per un vero cambio di civiltà. Ma qui si apre un altro capitolo.


(www.libreriadelledonne.it, 29/04/2022)

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