Natalia Aspesi
Alla fine, il marito irrispettoso si è pentito, almeno apparentemente, come capita nelle pochade, e la bella moglie coraggiosa, come nei romanzi per signore, ha ottenuto quel che voleva, le scuse più sentite, e sino a un paio di giorni fa negate cocciutamente, anche dopo i conciliaboli infastiditi del reprobo con avvocati e consiglieri di fiducia. Scuse pubbliche, come giustamente imposto dalla signora, magari in privato avvalorate dai soliti diamanti di cui lei deve ormai essere sicuramente sazia se non infastidita.
Silvio Berlusconi, l´uomo che non si piega, il potente circondato solo da laudatori ubbidienti e in ginocchio, il cavaliere che non deve chiedere mai, figuriamoci scusa, il simpaticone che nega sempre di aver detto quello che ha detto, il massimo tombeur de femme del nostro paese di Don Giovanni falliti, questa volta ha dovuto cedere: per amore della bella moglie e dei loro tre figli o a causa dei sondaggi (anche i berlusconiani tengono famiglia), non importa. L´Italia tutta ha fibrillato l´intera giornata, certo con più batticuore che per i pacs, in una soap opera istituzionale come non se ne erano mai viste, almeno nel nostro buon paese, dove gli uomini politici non hanno vita erotica almeno apparente e dove se non la loro prima, almeno la seconda famiglia vive in ferale armonia priva di gossip. Tutto è bene quel che finisce bene, o così si spera, anche se finora la signora tace: ma comunque la moglie offesa e combattiva ha ottenuto soddisfazione, e quel ragazzone settantenne e «giocoso» come lui si definisce intenerito, ha ribadito la sua eterna devozione, stile Beautiful, e si è pentito per le volte, una di troppo, in cui, spensierato, si è lasciato (si lascerà?) andare tra belle signore (attorno a lui il fior fiore, mai una così così) «al riferimento galante, alla bagatella (?) di un momento».
Lettera di scuse, certo, simpatica, amorosa, un po´ Scherzi a parte, però superficiale, di uno che ancora una volta non ha capito, priva cioè di anche un solo lampo di autentica angoscia per aver passato il segno forse per sempre; una lettera pubblica, come richiesto, con cui è certo, sempre non capendo, di far contenta coram populo, la sua pazientissima moglie tacitandola e riconquistandola; e di mandare in visibilio come sempre il suo popolo di veri uomini e di autentiche mogli. Al di là di quello che deciderà Veronica Berlusconi e di come accoglierà o respingerà il suo Silvio pubblicamente pentito, resta l´importanza di questa sua lettera appassionata affidata non al mezzo più consono al marito, la televisione, ma a un quotidiano a lui antipatico, Repubblica, e per conoscenza al mondo, che tante tantissime donne hanno immaginato, ma non hanno mai avuto il coraggio di scrivere al loro non più amabile compagno, nel silenzio angusto del loro privato. Un gesto audace da una persona totalmente riservata, un azzardo pubblico al di là della sua rivolta coniugale, fatto con estrema lucidità: le donne, forse persino il tipo Carfagna o addirittura Yespica, berlusconiste accanite, ne sono rimaste incantate. Da tempo, tra tanti interventi femminili o troppo cauti o incavolati all´eccesso per minuzie di genere, non si era visto, su un giornale, un manifesto politico in difesa delle donne così forte e definitivo. Un manifesto che ha detto basta per tutte loro, a una vita, dorata quella di Veronica, grigia forse quella di molte altre, in cui le delusioni, e le amarezze, e le esclusioni, e le ferite, e il senso di solitudine e vuoto, si sono accumulati per anni, insopportabili eppure sopportati. C´è una parola molto bella e ormai poco praticata che la signora usa più volte e che deve aver colpito anche Berlusconi, lasciandolo interdetto: dignità, la sua, di donna e di moglie, e quella delle altre donne e mogli, di tutte le donne e mogli; dignità troppo spesso ignorata, calpestata, neppure percepita o immaginata: soprattutto in questi ultimi anni, in cui le donne hanno ricominciato a provare paura, a temere la solitudine, ad accettare, ferite, unioni diventate umilianti pur di non affrontare le incognite della libertà.
Dignità: Berlusconi, confuso, a proposito delle sue carinerie alle troppe signore deliranti per lui e con le poppe da telepromozioni sempre mezze fuori, ignare di dignità almeno fisica; «Ma la tua dignità non c´entra, la custodisco come un bene prezioso nel mio cuore». Tipica, la frase innocente, di chi mette la moglie sul piedestallo, però si sa, l´uomo è uomo, dove è la villanata? Ma in cosa consiste la dignità per una donna, per una moglie? Lo dice la signora Berlusconi, lo ricorda alle donne che ci hanno rinunciato, agli uomini che non ci hanno mai pensato o che pensano che la dignità massima per una donna sia averli come mariti: è vivere per anni, nel caso della signora, 27, nella riservatezza, accanto a un uomo pubblico di grande potere e vistosità, per essere nel privato il centro dell´equilibrio e della serenità della famiglia: è accettare con rispetto e discrezione nel lungo rapporto coniugale, gli inevitabili momenti di sconforto e di incomprensione; è far finta di niente, anno dopo anno, di quelle che gli uomini chiamano scappatelle e che le donne chiamano volgari tradimenti; è sentirsi, come la protagonista del libro di Catherine Dunne, che Veronica cita nella lettera, La metà di niente.
Calpestando la dignità di una moglie che aveva scelto il silenzio e la riservatezza, continua la lettera, un marito come Berlusconi ha calpestato la sua stessa dignità: «per l´età, il ruolo politico e sociale, il contesto familiare, (due figli da un primo matrimonio e tre figli dal secondo)», certe frasi «non possono essere ridotte a scherzose esternazioni». Dice insomma Veronica, da un uomo di settant´anni, ex premier, a capo dell´opposizione e di un impero mediatico e non, con cinque figli, ci si aspetterebbe, o per lo meno lei si aspetterebbe, o molti si aspetterebbero, più serietà, più pensiero, insomma più dignità.
Con il suo comportamento, quello dei tanti anni di riservatezza e silenzio, quello adesso della sua pubblica ribellione e richiesta di scuse, la signora Berlusconi, tiene molto a dare l´esempio alle due figlie già adulte, di come sia un dovere tutelare la loro dignità di donna, al suo figlio più giovane perché non dimentichi mai «di porre tra i suoi valori fondamentali il rispetto per le donne così che egli possa instaurare con loro rapporti sempre sani ed equilibrati». Rapporti cui forse lei, malgrado il suo impegno, è stata costretta, dolorosamente, a rinunciare.