di Umberto Varischio
Sabato scorso l’assemblea nazionale del PD ha deciso di permettere la candidatura al ruolo di segretaria/o anche a chi attualmente non è iscritta/o; questo atto potrà consentire a Elly Schlein di aggiungersi a Paola De Micheli, iscritta e già candidata.
Dopo una donna diventata effettivamente presidente del consiglio e «un uomo che può portare avanti politiche femministe» (Letta dixit), finalmente anche in quello che si (auto)considera il partito leader del progressismo italiano è almeno possibile che venga eletta una segretaria, la ex vicepresidente della regione Emilia-Romagna; senza dimenticare la recente elezione di Mara Carfagna a presidente di Azione.
Indipendentemente dal fatto che non sono d’accordo con le posizioni di Schlein su GPA e ddl Zan (e anche su altro), come non sono assolutamente d’accordo con le posizioni e i primi atti di governo dell’attuale presidente del consiglio, mi sembra che, almeno dal punto di vista simbolico, si stia creando una situazione che può ulteriormente cambiare l’orientamento negativo riguardo a donne ai posti di comando che sinora ha dominato nel nostro paese. E nel febbraio 2023, oltre a una presidente del consiglio di destra, ne potremo avere anche un’altra in pectore come leader di uno schieramento progressista.
Potrebbe essere un ulteriore passo avanti; e lo sarebbe se il vero problema non fosse quello indicato storicamente dal femminismo della differenza, cioè che l’obbiettivo non può essere quello di conquistare i vertici della politica maschile, ma di cambiarla alla radice; e della situazione attuale noi uomini portiamo pienamente la responsabilità.
(www.libreriadelledonne.it, 23 novembre 2022)