di Monica Ricci Sargentini
In Italia gli uomini sono responsabili della maggior parte dei comportamenti antisociali. I dati, forniti dall’Istat per il 2018, fanno impressione. La popolazione maschile rappresenta «l’85,1% dei condannati, il 92% degli imputati per omicidio, il 98,7% degli autori di stupri, l’83% dei responsabili di incidenti stradali mortali, l’87% dei colpevoli di abusi su minori e il 93,6% degli imputati per pornografia minorile». E ancora: «il 95,5% della popolazione mafiosa, l’87,5% degli imputati per rissa e il 76,1% per furto»; «il 91,7% degli evasori fiscali, l’89,5% degli usurai, il 93,4% degli spacciatori, il 95,7% della popolazione carceraria». Sono cifre incredibili, considerando che le donne rappresentano il 51,3% della popolazione, che hanno un costo spropositato per le casse dello Stato, dalle spese per le forze dell’ordine ai servizi penitenziari, da quelle per i processi a quelle per le cure mediche. Ma al di là dell’aspetto puramente finanziario vanno calcolate anche le centinaia di migliaia di vite perse, oltre alle sofferenze fisiche e psicologiche delle vittime.
Il costo della virilità è il titolo di un libro scritto da Ginevra Bersani Franceschetti, giovane economista con studi a Parigi, insieme con Lucile Peytavin, una storica dell’economia che ha pubblicato un analogo volume in Francia, per Il Pensiero Scientifico Editore . Lo scopo non è solo quello di denunciare l’indiscutibile propensione maschile alla violenza, ma di provare anche a fare una stima del prezzo che paga la collettività, e cioè «quello che l’Italia risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne» come recita il sommario del libro.
Le cifra
Le autrici, con formule matematiche rigorose, sono riuscite a calcolare la differenza tra l’importo speso per i comportamenti anti-sociali messi in atto da un sesso e dall’altro. Il risultato è sorprendente: mettendo insieme la spesa pubblica per le forze dell’ordine e il sistema giudiziario, l’amministrazione penitenziaria, le emergenze e i ricoveri ospedalieri, più i costi umani e sociali della «catena della violenza» maschile, si arriva a 98,78 miliardi di euro, una cifra pari più o meno al 5% del Pil italiano nel 2019. Naturalmente i calcoli tengono presente anche il fatto che gli uomini possano praticare un’attività più delle donne, per esempio la percentuale dell’83% dei responsabili maschili di incidenti mortali è calcolata a parità di tempo e chilometri di guida delle donne.
La mancanza di dati A rendere complicati i calcoli è la drammatica carenza di dati sulla differenza di sesso nelle statistiche relative ai comportamenti antisociali. Sembra incredibile ma i numeri diffusi dagli organismi statistici sui bilanci del sistema giudiziario, di quello sanitario, dei servizi di emergenza, e così via, sono raramente disaggregati in tal senso. Ad esempio quando l’Istat pubblica una rassegna di 230 pagine sulla criminalità in Italia viene prestata più attenzione alla nazionalità o all’età degli imputati piuttosto che al fatto che siano maschi o femmina. Come se questa fosse una cosa scontata. Per aggirare questo problema le autrici hanno dovuto incrociare i diversi dati tra quelli pubblicati dai ministeri a quelli forniti dai servizi statali incaricati di produrre statistiche.
Le cause
Qual è la ragione di questa incredibile discrepanza? Le autrici sostengono che i comportamenti anti-sociali degli uomini sono il frutto di una mascolinità tossica dovuta all’educazione che viene loro impartita. La società patriarcale promuove il modello dell’uomo-macho, virile, forte e superiore. Se ai bambini si insegna a sopprimere le emozioni, a mascherare il disagio o la tristezza ed ad utilizzare la violenza come indicatore di potere, i risultati sono quelli che vediamo. Il vocabolario Treccani alla voce virilità scrive: «La qualità propria dell’uomo forte, sicuro di sé e risoluto, coraggioso, che si manifesta nelle sue azioni». Ma attenzione anche i maschi sono vittime di questa cultura misogina perché sono obbligati ad adeguarsi a un modello di persona fatta di testosterone e sete di dominio. È questa la gabbia in cui sono costretti a vivere. Nel resto del mondo Ovunque nel mondo, come in Italia e in Francia, gli autori di delitti e di violenze sono in grande maggioranza uomini. «Possiamo pensare che, senza una concezione virile delle relazioni internazionali, le guerre e i conflitti sarebbero meno numerosi?» si chiedono le autrici. È venuto il momento di provare, potrebbe nascere un mondo migliore.
(Corriere della Sera, 8 marzo 2023)