di Elisa Cornegliani
Costi alti, librerie di catena e poco sostegno dopo anni difficili stanno facendo abbassare molte serrande. I racconti e le soluzioni dei librai
«Abbiamo appena restituito le chiavi». Anita Ballabio e Alice Angelotti iniziano così la telefonata con noi. Sono le ideatrici e titolari della libreria indipendente Corteccia, aperta da loro nel 2014 in zona Solari. Ha chiuso ufficialmente a fine febbraio, fra la delusione e le proteste dei clienti abituali. «Il 2023 è stato un anno difficilissimo. Ci siamo interrogate a lungo su cosa fare», spiegano.
A dicembre la decisione definitiva, comunicata in gennaio tramite social e newsletter. «Non sappiamo nemmeno quante volte abbiamo modificato questo testo, parole che non avremmo voluto scrivere e voi non avreste voluto leggere. Ma è arrivato il momento di dare corpo alle voci che vi hanno accompagnato in questi ultimi mesi: Corteccia chiuderà», si legge sul loro account Instagram. Segue un coro di commenti rattristati: «Tutti i nostri clienti si sono fatti avanti per chiederci come possono aiutare. Ma lo hanno già fatto nel corso di questi anni, sostenendoci sempre. Il loro affetto è bellissimo. E straziante, perché ormai la decisione è presa».
Le difficoltà
Vendita online, cambiamenti nel quartiere e aspettative disattese sono infatti fra le cause che hanno portato la Corteccia a chiudere. Non è un caso isolato: recente anche l’interruzione della libreria Tintoria, in via Govone. In generale, le librerie indipendenti a Milano stanno attraversando un momento di difficoltà che si inserisce su un contesto di crisi cronicizzata e minaccia la resistenza delle singole attività.
Il cantiere e la pandemia
«Abbiamo iniziato dieci anni fa con l’idea di offrire soprattutto testi per l’infanzia, a cui poi abbiamo aggiunto libri di design», spiegano le titolari di Corteccia. «Fin dalla nostra apertura il quartiere ci ha accolto benissimo. È da sempre molto vivo». Nel 2017 arrivano i primi problemi con il cantiere della metropolitana M4: «La strada è stata completamente chiusa e parte della nostra utenza ha cambiato giro. Passavano in continuazione mezzi pesanti addetti ai lavori. Ci siamo ritrovati in una nuvola di polvere».
A risollevare la situazione è – per quanto inusuale – la pandemia. L’interesse per la lettura cresce nei giorni di lockdown e Ballabio e Angelotti mantengono acceso il rapporto con i clienti tramite consegne a domicilio e attività da remoto. «Le aspettative di quegli anni sono state tuttavia disattese nel periodo successivo». Si arriva perciò al 2023, l’anno più difficile. «L’impatto del mercato online è stato molto forte. Ma non è l’unico problema che riguarda il nostro mestiere. La Lim (l’associazione delle librerie indipendenti di Milano) non è supportata a livello istituzionale o comunale. Una libreria compie un lavoro importante sul tessuto sociale di un quartiere, e non viene valorizzato. Si tratta di un impegno nei confronti dei clienti intesi come persone con esigenze e interessi specifici, che non si può mettere a bilancio», proseguono Ballabio e Angelotti.
Qual è la principale differenza fra un librario di quartiere e uno di catena? «L’ascolto. Per esempio, in molti ci chiedevano libri utili per aiutare i propri figli o i propri amici a superare un momento difficile. E nel tempo siamo riuscite a mostrare la nostra visione al punto che i clienti stessi la condividevano: se intorno a Natale notavano qualche titolo più commerciale in vetrina, protestavano», sorridono le due titolari. I loro acquirenti in un primo momento erano in prevalenza famiglie, a cui si sono aggiunte molte persone con un’età superiore ai sessant’anni. Apprezzavano il fatto che i libri, una volta ordinati, arrivassero in tempi brevi. «In generale pensiamo sia molto importante promuovere un contesto editoriale variegato, in termini di idee e di offerta. È giusto ci siano le librerie di catena, ma è altrettanto giusto che abbiano una controparte. Ci deve essere un dialogo con alcune realtà dall’identità marcata».
Il sostegno che serve
Secondo Luca Ambrogio Santini, presidente Lim, la presenza delle librerie indipendenti serve a mantenere alto il livello di “bibliodiversità”, cioè a garantire a tutti la possibilità di far conoscere il loro prodotto. «Ogni anno escono in media circa 90mila titoli. Una libreria indipendente ne può contenere un numero molto ridotto, variabile a seconda della sua grandezza. Il cliente che ci sceglie, quindi, non sempre troverà quello cerca. Ma incontrerà una proposta ben definita e assente altrove», spiega.
La Lim sta cercando di colmare le mancanze riscontrate all’interno del settore. Nei giorni scorsi ha lanciato un appello al comune per avere un confronto diretto (anche) sui finanziamenti. La richiesta arriva a seguito del Forum dell’economia urbana, che ha affrontato fra i tanti temi anche lo stato di salute dei negozi di prossimità. Fra le proposte avanzate da Lim c’è l’istituzione di un albo che superi quello già esistente, l’Albo delle librerie di qualità: «Quest’ultimo esiste dal 2022 ma non ha avuto conseguenze concrete sul nostro settore. Quello che abbiamo in mente noi risentirebbe del modello francese e permetterebbe agli iscritti di ottenere agevolazioni fiscali e sugli affitti», spiega Santini. «Vorremo inoltre che venissero concessi – a prezzi calmierati – locali di proprietà comunale per l’apertura di nuove librerie. L’interesse ad avviare attività c’è: continuiamo a ricevere richieste».
Al momento si è svolto un incontro con l’assessore alla Cultura del comune di Milano Tommaso Sacchi, che a detta di entrambe le parti ha dato esito positivo. Secondo Sacchi, infatti, le librerie indipendenti sono «un presidio culturale fondamentale per la città» ed «è necessario trovare forme di supporto. La nostra Amministrazione, pur avendo margini di manovra di bilancio sempre più limitati, offrirà tutto il sostegno che sarà possibile alla rete dei librai. Spesso, è proprio grazie al loro coraggio che i quartieri meno centrali acquisiscono ricchezza sociale, culturale e occasioni di rinascita». A breve ci sarà un’altra riunione, con l’assessora al Lavoro e allo Sviluppo economico Alessia Cappello.
I libri tra i quartieri fuori dalle librerie
Santini ha chiuso la propria libreria dieci anni fa e l’ha resa itinerante. Gira il sud di Milano con una bici attrezzata per portare con sé i titoli che rientrano nella sua proposta: «In tutto circa duecento, è un’accurata selezione. E non posso fare errori, sarebbe solo peso in più». Sebbene le librerie indipendenti siano in difficoltà, infatti, nel tempo sono riuscite a rinnovarsi: «In particolare durante il Covid, molti colleghi hanno capito l’importanza di guardare oltre la propria vetrina. Hanno perciò tentato di portare la lettura al di fuori della libreria, con le consegne a domicilio. In seguito, quando è stato possibile, si sono creati i gruppi di lettura. Persone che si accordano per leggere lo stesso libro in un determinato periodo di tempo e poi ne discutono». Questo ha compensato in qualche modo i due fattori responsabili della parabola discendente in corso: «La vendita online e la carenza del numero di lettori».
Anita Ballabio e Alice Angelotti non sanno ancora cosa ne sarà dello spazio che lasciano, ora che non ospiterà più la Corteccia. Sono però consapevoli dei problemi principali del settore: «Servirebbe uno snellimento delle pratiche burocratiche. Noi avevamo molte richieste di eventi esterni alla libreria stessa: un esempio su tutti è fare letture al parco. I clienti erano interessati e noi disponibili, ma spesso si incontravano ostacoli», chiudono. «Per quanto riguarda i finanziamenti, sono le istituzioni a doversi mettere le mani in tasca. Loro devono smuovere i fondi necessari. Il margine di una libreria è molto basso: gli imprenditori devono sempre metterci del loro, e non tutti lo possono fare senza aiuti».
(Milano Today, 17 marzo 2024)