20 Giugno 2024
Avvenire

Miseria e nobiltà: le lotte delle donne nella Milano di fine Ottocento

di Antonella Mariani


C’è la contessa del brod e la dutura dei poveri, i bordelli affollano Brera e intorno a Porta Garibaldi le fabbriche inghiottono le masse in arrivo dalle valli lombarde e rigettano fumi tossici che ammorbano l’aria.

È la Milano a cavallo tra Ottocento e Novecento: piena di possibilità, proprio come ora, ma anche di emarginazione, povertà, lotta per la sopravvivenza.

C’è miseria e nobiltà, nell’ultimo romanzo di Tiziana Ferrario, già primo volto femminile del Tg1, inviata speciale nei quattro angoli di mondo che dopo incursioni variegate nella scrittura – da La principessa afghana e il giardino delle giovani ribelli (2011) a La bambina di Odessa (2022), solo per citare i libri più recenti – si cimenta di nuovo nel racconto della sua città. Cenere (Fuori Scena, pagine 304, euro 18,50) è un romanzo ambizioso, basato su un certosino lavoro di ricerca storica.

Miseria e nobiltà, si diceva: i ceti popolari, sfruttati e disperati, e una borghesia intellettuale di sinistra – da Alessandrina Ravizza, la contessa capostipite delle cucine popolari, all’esule russa Anna Kuliscioff, compagna di Filippo Turati e tra le poche laureate in medicina dell’epoca, dalla poetessa Ada Negri all’antesignana della moda italiana Rosa Genoni. Nei loro salotti – descrive Ferrario svolgendo la trama del suo romanzo – si mettono a punto piani per colmare l’enorme e ingiusto stato di sfruttamento e subalternità delle donne, operaie per quattordici ore al giorno, sottopagate e costrette a lasciare a se stessi i figli.

Al centro del romanzo, che si apre con la repressione di Bava Beccaris l’8 maggio 1898, decine di morti nel centro di Milano tra la folla in rivolta per il pane, c’è l’amicizia tra due bambine appena uscite dall’infanzia, Giovannina e Mariuccia. L’una figlia di madre sola, componente dell’esercito delle piscinine, le apprendiste-schiave delle sartorie, che in cambio di un tozzo di pane e con la speranza di imparare il mestiere si sottopongono a turni massacranti e a lavori ben più pesanti di quanto il loro fisico gracile consenta. L’altra, Mariuccia, figlia del parlamentare socialista Luigi Majno e di Ersilia Bronzini, fondatrice dell’Unione femminile, già a dieci anni coinvolta nelle lotte della madre per l’emancipazione femminile.

Giovannina, tra realtà e finzione, sarà una delle coraggiose leader dello sciopero delle piscinine, che a cavallo del secolo portò alla prima legge di tutela delle piccole apprendiste sarte. La sua amica darà il nome all’asilo Mariuccia, storica istituzione ambrosiana di assistenza all’infanzia. Ferrario racconta in un intreccio narrativo incalzante la vita grama delle operaie negli opifici e nei tabacchifici che aprivano a Milano, delle povere donne chiuse nei bordelli che punteggiavano il quartiere allora malfamato di Brera, e insieme la genesi delle prime proposte di legge per la regolamentazione del lavoro infantile e femminile e per la tutela della maternità, scaturite nei salotti delle dame “illuminate” e portate in Parlamento dai loro mariti.

Una borghesia che si sporcava le mani: vediamo Anna Kuliscioff di giorno redigere articoli incendiari e proposte di legge, e la sera andare nei bassifondi a curare le donne malate, Ersilia Bronzini progettare di aprire case di accoglienza per donne maltrattate e intanto distribuire il cibo ai bisognosi. Se è il mondo socialista quello messo a fuoco dall’autrice tra le vie di una Milano in cui si intravvede il destino – il successo di una città che corre sempre avanti, e che talvolta travolge chi non sta al passo – si potrebbe dire qualcosa anche su ciò che faceva l’attivismo delle donne cattoliche, espresso ad esempio nella nascita, nel 1901, dalla Lega cattolica femminile, a sostegno delle operai, e nel 1905 dalla Federazione femminile milanese, un sodalizio che in pochi anni raccolse un alto numero di donne e di lavoratrici.

«Mi affascinava raccontare il periodo storico in cui è nato tutto, e soprattutto le prime misure per l’emancipazione delle donne. Sono loro le vere protagoniste di Cenere», dice Tiziana Ferrario. Giovannina, Mariuccia, le intellettuali di sinistra: tutte si muovono nella storia verso un fine comune, la liberazione femminile dalla schiavitù di un lavoro aberrante e il riconoscimento dei loro diritti di donne e di madri. E poi c’è Milano. I quartieri cittadini al centro dell’impetuoso sviluppo industriale nei primi anni del Novecento e di un disordinato fermento umano sono quelli dell’attuale movida: Garibaldi, Brera, soprattutto. Allora erano luoghi miserabili, oggi sono scintillanti e iconici. «Ma quella Milano generosa di cento anni fa – conclude Ferrario – rischia di diventare una città per pochi».


Libro: Cenere, ed. Fuori Scena, pp. 304, euro 18,50


(Avvenire, giovedì 20 giugno 2024)

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