di Lucrezia Ercolani
Nelle sale dal 16 gennaio il film pluripremiato sulla violenta occupazione in Cisgiordania. La lotta per difendere la propria casa, i diversi destini oltre i check point
«Gli israeliani hanno chiuso le nostre scuole, ci hanno tolto l’acqua e questo per mandarci via dalle nostre case e costruire insediamenti illegali e avamposti che violano ogni diritto internazionale». Sono chiare e dirette le parole scelte da Basel Adra, regista e giornalista palestinese classe 1996, nel ritirare a Lucerna lo scorso dicembre il premio per il miglior documentario agli Efa (European Film Awards). No Other Land, che Adra ha realizzato insieme a Hamdan Ballal, Yuval Abraham e Rachel Szor e che uscirà nelle sale italiane giovedì 16 gennaio grazie a Wanted, è altrettanto pregnante. Mostra la storia del villaggio di Masafer Yatta, in Cisgiordania, attraverso gli occhi di Adra che lì è nato e cresciuto, e quelli di Yuval Abraham, giornalista israeliano nato a Gerusalemme nel ’95 che, dopo aver studiato l’arabo, ha modificato radicalmente il proprio modo di vedere. Le ingiustizie sono ora palesi per lui come lo è la violenza del governo israeliano, che da un momento all’altro interdice l’accesso a strade e abitazioni, appropriandosene e rendendo «abusiva» la vita di prima, con l’ausilio di una subdola propaganda.
Nel film, il giovane Adra si ricorda di quando, piccolissimo, suo padre lo portava alle manifestazioni per difendere un diritto che sembrerebbe scontato: quello di abitare nella propria casa. La resistenza è insomma nel dna di famiglia, tanto quanto l’avanzata di quei bulldozer che arrivano a spazzare via le costruzioni e gli oggetti di una vita, a volte uccidendo chi si oppone. Lo stato israeliano vorrebbe in quel territorio una base militare, e non c’è verso di convincerlo a desistere dalla sua fame di conquista. Eppure la comunità di Masafer Yatta non abbandona la sua terra, anziani e bambini dormono nelle grotte mentre i giovani ricostruiscono di notte. In effetti non c’è altra scelta: come recita il titolo, non c’è «alcuna altra terra» dove andare.
I giovani del villaggio accolgono Abraham, nonostante abbia la stessa nazionalità degli occupanti, e lo coinvolgono nella loro opera di ricostruzione notturna, quasi un fare e disfare la stessa tela senza alcuna speranza all’orizzonte. Il rapporto di amicizia che nasce tra Abraham e Adra misura la vicinanza e la distanza tra due ragazzi coetanei, entrambi con studi alle spalle, interessati al giornalismo e alla divulgazione.
Yuval è impaziente, vuole documentare tutto pensando che questo basterà a innescare un cambiamento; Basel è abituato invece alla lentezza di una resistenza che non si piega, perché «va avanti così da decenni». Abraham però può rientrare dall’altra parte, attraversare i check point – punti di passaggio «solo per israeliani» – scegliere di fare della sua vita ciò che desidera. Adra è bloccato a Masafer Yatta invece, ha studiato legge, ma cosa se ne fa del suo titolo?
Una discrepanza messa in luce anche dal discorso alla Berlinale, dove il film è stato presentato la prima volta l’anno scorso. I due giovani sono saliti insieme sul palco per ritirare i premi vinti, quello per il miglior documentario e il premio del pubblico. Abraham ha affermato: «Siamo qui ora di fronte a voi, io e Basel, e abbiamo la stessa età. Io sono israeliano, Basel è palestinese. E tra due giorni torneremo in una terra dove non siamo considerati uguali. A differenza di Basel io non vivo sotto una legge militare. Viviamo a trenta minuti di distanza, ma io ho diritto di voto, Basel no. Sono libero di muovermi dove voglio in questa terra, mentre Basel, come milioni di palestinesi, è bloccato nella Cisgiordania occupata. Questa situazione di apartheid, questa ingiustizia deve finire». Parole ancora una volta molto chiare, che sui media tedeschi sono state però bollate come antisemite. Vedere un giovane palestinese e uno israeliano lottare per lo stesso obiettivo deve aver incrinato le certezze di alcuni. Un paradosso fortunatamente non recepito dalla Academy, che ha incluso No Other Land nella shortlist per il Miglior documentario nella prossima edizione degli Oscar. Un ulteriore riconoscimento per un film che ha fatto incetta di premi, dall’Idfa al festival di Vancouver, da Cph: Dox a Visions du Réel.
Nel “galleggiare” che caratterizza la vita di Adra, emerge il rapporto con la telecamera, che già il padre utilizzava per riprendere le lotte: tracce di un villaggio che non c’è più, immagini del passato che testimoniano la vita e la sua tenacia – proprio ciò che si vorrebbe distruggere – così come quelle girate dai quattro giovani nel 2020. Cinque anni dopo a Gaza c’è un genocidio, ma quella immortalata da No Other Land è già guerra a tutti gli effetti, una prevaricazione insopportabile che non può non chiamarci in causa. «A Gaza – ha dichiarato Adra agli Efa – c’è attualmente una pulizia etnica che nasce da una precisa scelta: quella di non firmare nessun accordo di cessate il fuoco in cambio della libertà degli ostaggi israeliani ancora brutalmente detenuti».
(il manifesto, 12 gennaio 2025)