di donne in relazione nella rete femminista Dichiariamo
L’8 marzo accomuna da più di un secolo chi vuole la libertà delle donne, quindi ci sentiamo coinvolte in questa data. Da alcuni anni, tuttavia, proviamo sconcerto per l’uso di parole neutre a base di asterischi: come può essere celebrata la giornata delle donne, se si rifiuta la parola “donna”? E l’estetica truce dei cortei, con i fumogeni e a volto coperto, non fa pensare al femminismo, che è conflittuale ma non violento. La rivoluzione delle donne è e rimane nonviolenta, fa leva sulla presa di coscienza soggettiva e sul partire da sé.
In Italia i temi dell’8 marzo ormai classificano l’umanità in base al grado di oppressione. Può sembrare un modo solidale di fare giustizia, di non lasciare indietro nessuno e di dare priorità ai bisogni più gravi, ma così si ricalcano conflitti che oppongono storicamente tra loro gruppi di uomini, non si mettono al centro le donne. Tutte siamo state educate ai valori universali che fanno apparire insufficiente occuparsi di una parte invece che di tutti e siamo state abituate a mettere gli altri prima di noi: sarà questo che fa considerare riduttivo il femminismo se non si fonde nelle lotte a favore di altri? Si propone allora un femminismo del 99% in marcia contro l’1% dei privilegiati, ma in questo magma proprio le donne rischiano di scomparire.
In questa Lettera aperta mettiamo a fuoco alcuni concetti per aprire una discussione, da tempo soffocata.
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(Profilo Facebook di Arcilesbica, 26 febbraio 2025)