lettera di Iaia de Marco (Associazione DonneSudonne, Napoli)
Cara Unità, la settimana scorsa leggendo per tre giorni consecutivi gli interventi di Silvia Ballestra, Valeria Viganò e Maria Pace Ottieri sulla violenza contro le donne, ho da un lato apprezzato la sensibilità dimostrata dal mio giornale e dall’altro ho biasimato la scelta di affidare i commenti esclusivamente a firme femminili. Avrei voluto che su un fenomeno delle dimensioni evidenziate e che attraversa l’intero genere maschile, il direttore o Furio Colombo si interrogassero su queste pagine, che, con l’intelligenza lucida e anticonformista che li contraddistingue e che contribuisce a rendere così speciale l’Unità, avviassero una seria riflessione sul problema visto dall’interno, dal punto di vista degli uomini, senza gli alibi della devianza e della mostruosità. Luisa Muraro, martedì, ha espresso chiaramente questa esigenza, dando voce al mio e al pensiero della gran parte delle donne. Lei ha puntato l’indice sulla luna e il lettore Marcello Bernacchia (lettere all’Unità 23/5) ha guardato il dito invece che guardare la luna, rilevando una forzatura operata da Muraro ad evidente scopo esemplificativo e trascurando del tutto, invece, di misurarsi con lo scomodo problema sollevato di appartenere ad un genere di violentatori e sopraffattori. Così come, sempre in questi giorni, il buon Luigi Galella ci ha offerto una riflessione sulle adolescenti «un po’ maschie e molto sensibili»(15/5) e Gianfranco Pasquino (18/5) ha scaricato sulla lingua italiana la responsabilità di non poter usare il femminile per ‘ministro’. Alle ‘lettrici’ certe omissioni, certe scelte di tematiche e/o linguistiche fanno pensare che ci sia anche da parte degli uomini che stimiamo, un tentativo di elusione.