Stefano Sarfati Nahmad
Caro Ignacio,
ho letto il tuo editoriale sull’ultimo numero de Le Monde diplomatique, che parla della violenza maschile. Presto sempre attenzione alle pagine della cronaca, qui in Italia, che raccontano di episodi in cui un uomo ammazza una donna, magari a volte anche i figli, o i parenti di lei, o il suo amante. Quasi sempre, dopo l’omicidio l’uomo si ammazza oppure si consegna alle autorità, cosa che ci fa capire che si tratta di uomini disperati, distrutti dal loro rapporto con la donna dalla quale evidentemente si sentono schiacciati. Ogni volta che ho letto questi articoli mi sono un po’ emozionato, mi sono un po’ sentito toccato nel mio intimo, ho sempre pensato che in qualche modo questa notizia mi riguarda e quando mi lascio andare con un po’ di coraggio a una sincera autoanalisi, ripenso a tutte quelle volte che ho provato anch’io una rabbia che facevo fatica a contenere, alle mie reazioni quanto meno ineleganti ma spesso proprio scomposte o addirittura aggressive davanti a donne più brave e disinvolte di me. Quanto lavoro su di me ho dovuto fare per godermi la relazione con mia moglie, una donna che fa meglio di me quasi tutto e in più ha messo al mondo nostro figlio, andando a lavorare anche il giorno prima del parto. È difficile essere uomini di questi tempi. Ma non per te. Per te si tratta di uno dei tanti problemi sociali che abbiamo in Europa e che, come tale, va affrontato con nuove leggi. Nuove leggi, ti rendi conto? Cari signori disperati che vorreste strangolare con le vostre mani vostra moglie, ormai uscita completamente dalla vostra sfera di influenza, che riesce a divertirsi senza di voi, ha altri interessi, altre relazioni mentre voi restate a casa depressi e ubriachi: da domani sarà vietato essere violenti tra le mura domestiche; stanzieremo un miliardo di miliardi, faremo un numero verde inter-europeo, costituiremo un ufficio speciale, con un presidente e un vicepresidente, cinque persone in ogni paese europeo che si occuperanno di questo problema… Ma se sono proprio i paesi nordici, dove abbondano le leggi sul diritto di famiglia, sulle pari opportunità, ecc. i paesi dove avvengono il maggior numero di queste violenze, non ti pare che le cose dovrebbero essere affrontate diversamente? Tu in realtà stavi per centrare il punto ma l’hai mancato, quando hai scritto che il privato è politico. Non è il privato ma il soggetto a essere politico. (“Il personale è politico”, dicevano infatti le femministe.) Sei tu, sono io, sono tutti gli uomini, che nella loro soggettività faticano a sostenere quotidianamente relazioni con donne, perché le donne sono cambiate. Per cui, caro Ignacio, temo che non basti più legiferare: quel che noi uomini adesso dobbiamo fare è mettere in gioco e nella politica la nostra soggettività, così com’è oggi e come vuole essere domani.