12 Febbraio 2007

Una lettera da Catania

Disagio, ingiustizie, macismo, competizione, arroganza, corruzione, enormi ipocrisie, mafia, connivenze, beceri compromessi, …. sono una miscela esplosiva.
Catania è anche questa, e non possiamo nasconderlo.
La tragedia era nell’aria, solo che questa volta si è intrecciata con il calcio e ha coinvolto un onesto poliziotto e i suoi affetti più cari (due elementi che hanno portato tutto alla ribalta internazionale).
Esistono però tante, sicuramente meno eclatanti, tragedie a Catania, che non fanno notizia.
Inutile sottolineare che il calcio è un pretesto per scaricare questa rabbia e questa follia collettiva in modo scientifico e organizzato.
Il “vero catanese” è maschio, forte, non si fa mettere i piedi in faccia (piuttosto li mette), per lui le femmine o sono sante o sono puttane o comunque da sottomettere o da insultare (anche allo stadio). Dove scaricare questa virilità, questa violenza? Contro chi? Allo stadio dicono tutti.
[Magari fosse solo allo stadio – n.d.r.] In casa dico io, dentro la vita domestica anche di famiglie apparentemente tranquille e per bene. A scuola contro chi non si adegua o è diverso. Nel lavoro se qualcuno per caso decide di pensare con la propria testa. Nel quartiere se ti rifiuti di far parte del branco e non riconosci chi è il capo.
A me piace tantissimo andare allo stadio, lo trovo uno spettacolo immenso, e lo considero un mio diritto e me lo voglio riprendere, a Catania, insieme al diritto di poter pensare con la mia testa, di poter gridare contro i potenti e i prepotenti, insieme al diritto di vivere il mio essere maschio senza per questo essere violento e violentatore, ma occupandomi dei miei figli, della casa, andando allo stadio senza insultare le madri o le mogli di nessuno, pieno di dubbi, pauroso e fragile.
scusate il disturbo
Toti

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