da “il paese delle donne online”
Bianco e nero, il colore della fotografa adolescente
di Zina Borgini
Francesca Woodman è protagonista di una retrospettiva di 116 scatti, tra cui 15 immagini, esposte in esclusiva per Milano, e cinque video che ripercorrono tutta la sua carriera, interrottasi a soli 22 anni. Una biografia, quella della Woodman, che fa parlare – giustamente – di talento precoce e straordinario, rivelatosi fin da quando era appena tredicenne.
Nella sua breve vita Francesca Woodman ha prodotto più di 500 tra negativi, provini e stampe scattate dai 13 ai 22 anni, nata a Denver il 3 Aprile del 1958, ha messo fine alla sua vita nel gennaio del 1981 gettandosi dalla finestra del suo studio newyorkese proprio il giorno seguente alla pubblicazione della sua prima ed unica collezione di fotografie.
Cresciuta in una famiglia di artisti, Francesca Woodman ha sviluppato un interesse per la fotografia a partire da un’età molto precoce: aveva solo tredici anni quando ha iniziato a fare le sue prime fotografie. Come studente alla Rhode Island School of Design di Providence, tra il 1975 e il 1979, è stata accettata nel Programma che le ha permesso di trascorrere un anno presso il campus della scuola nel sontuoso Palazzo Cenci a Roma. Nel corso di tale anno (1977-78), Francesca ha frequentato la libreria/galleria antiquaria Maldoror, specializzata in libri d’arte sul surrealismo e il futurismo, qui ha anche incontrato i giovani artisti della Transavanguardia romana. Dopo il ritorno negli Stati Uniti ha completato i suoi studi a Providence e si è poi trasferita a New York, dove ha avviato progetti più ambiziosi di fotografia.
La Woodman ha sempre usato la pellicola in bianco e nero, con esposizioni lunghe o doppie esposizioni e con gli autoscatti che le permettevano di essere parte attiva e soggetto principale del suo lavoro. Raramente appaiono altri soggetti nelle fotografie. Si è ritratta in ambienti vuoti e abbandonati, unico vero modello predominante è il suo corpo. Messo a nudo con trasgressione, mimetizzato tra gli infissi di una porta o finestra, o solo proiettata su muri screpolati quasi a confondere la sua pelle con l’intonaco, ha usato il suo corpo come testimonianza del dialogo aperto sin da giovanissima con tormentato desiderio che la invadeva.
E’ difficile, a volte, trovare le parole per descrivere le sue fotografie che richiedono uno sforzo di lettura e generano confusione e ambiguità, così come la forza dei sentimenti che hanno permeato il suo mondo interiore in contrapposizione alla spontanea e urgente curiosità di indagare la realtà che la circondava descrivendo il momento precario tra l’adolescenza e l’età adulta, tra l’esistenza e la scomparsa definitiva, la morte.
Si è parlato di un’influenza surrealista per le sue interpretazioni del corpo femminile, la si è paragonata anche alla più nota artista Cindy Sherman. Ma, nell’uno e nell’altro caso, è rischiosa la similitudine. Il surrealismo evoca eventi casuali invece le foto della Woodman hanno ben poco a che vedere con l’improvvisazione. Anche l’allineamento con Cindy Sherman trova una connotata differenza di rappresentazione: pur usando lo stesso mezzo artistico per esprimersi infatti la prima ci fornisce tante immagini di donne in trasformazione corpi frammentati, mentre la Woodman ci mostra un unico corpo che però riassume diversi modelli.
Interior Geometries, è il titolo della sua unica collezione di fotografie. Alcune disordinate geometrie interiori l’hanno spinta a porre fine alla sua vita. “Ho dei parametri”, scriveva, “e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate.” Sublimazione dell’onnipotenza giovanile, paura dell’impermanenza o solo disperazione ci hanno private di una giovane vita che prometteva un lavoro artistico molto stimolante e riflessivo sul corpo femminile come riassunto delle inquietudini.
Dal 16/07/2010 al 24/10/2010 Milano ospita la Woodman a Palazzo della Ragione, uno splendido palazzo che risale al Duecento: l’edificio non lontano da Piazza Duomo e affacciato sulla Loggia dei Mercanti. Il salone di quasi mille metri, sito al primo piano e splendidamente affrescato, è destinato principalmente alle mostre fotografiche.