2 Dicembre 2008
Mezzocielo

Abbracciare il mondo, Kimsooja un’artista in continuo movimento

 

di Mariella Pasinati

“La nostra natura è nel movimento” diceva Pascal e, in effetti, erranze e nomadismo sono inscritti nella stessa condizione umana – individuale e collettiva – e la pratica del viaggio è sempre stata una metafora dell’esistenza, per esprimere la morte(trapasso), la vita (cammino), i cambiamenti sociali ed esistenziali (riti di passaggio), o per indicare circostanze o scacchi dell’esperienza e del pensiero: “essere in vicolo cieco”, “finire fuori strada”, “giungere ad un bivio”: “Sono convinta che la vita sia, in effetti, un viaggio con uno scopo e che la compassione sia più importante della passione” sono parole di Kimsooja, un’artista in viaggio, che attraversa il tempo per vagare fra luoghi e memorie per poi tornare al mondo della singolarità e della differenza, quella di essere donna. Artista coreana ma formatasi fra Francia e Stati Uniti dove risiede, Kimsooja attinge, per il suo lavoro, alla propria esperienza personale, segnata dalle culture e dai luoghi in cui ha vissuto: della sua cultura di origine ha recuperato pratiche artigianali di matrice femminile (il cucito)e oggetti (lo ybulbo, il raffinato copriletto matrimoniale coreano, colorato e ricamato, luogo dell’amore, della nascita, della morte e i bottari, tradizionali fagotti utilizzati per trasportare oggetti e indumenti personali, assumendoli e trasformandone il significato dall’interno, per farne espressione di una condizione universale. Il cucire e l’ago, tessuti quotidiani e stoffe pregiate sono divenuti, così, elementi centrali di una grammatica e di un vocabolario formale tramite cui Kimsooja, connette frammenti di varie, disparate realtà. Elemento costante di questo linguaggio è l’uso di stoffe usate – copriletto o vestiti di gente anonima – che diventano segno materiale di corpi invisibili di cui il tessuto “trattiene” ancora l’odore, la storia:oggetti sospesi tra passato e futuro. Questa costante ha segnato sia le opere bidimensionali, in cui l’artista usava pezzi di stoffe cuciti insieme, sia la fase tridimensionale – di maggiore libertà espressiva – la fase dei bottari che evocano la condizione “nomadica” e che annunceranno il passaggio al video e alle performance. In Cities on the Move – 2727 Kilometer Bottari Truck, una performance del 1997, Kimsooja riempe un camion di bottari (fantasmi del passato) e su questi siede immobile, bottari lei stessa per percorrere la Corea attraverso luoghi per lei carichi di memoria. E il suo corpo diviene tramite, presente, tra passato e futuro: “sebbene abbia usato me stessa, ho cercato di determinare un punto universale dove tempo e spazio coincidono” dice Kimsooja. Così, il suo lavoro traduce e significa la natura insieme spirituale e corporea della stoffa in una nuova esplorazione/interpretazione della dimensione spazio-tempo. Ma il lavoro rimanda anche a più letture: è la stessa artista a ricordare che questo video è dedicato ai rifugiato del Kossovo “voglio affrontare questa urgenza del nostro tempo, in cui è difficile districare l’aspetto personale da quello pubblico”. La sua narrazione, pertanto, anche se si fonda sulla sua cultura originaria, ci parla della dimensione del profugo e non solo in termini politici ma più genericamente esistenziali, culturali e sociali: una questione centrale per noi, oggi. Con i primi otto video della serie A Needle Woman (1999-2001) proiettati contemporaneamente, l’artista diventa una donna ago, non più per cucire frammenti di tessuto, ma per connettere col suo stesso corpo luoghi (fisici e simbolici), stati di coscienza. I video mostrano Kimsooja, per le strade di alcune metropoli, immobile e di spalle, lo sguardo fisso avanti, fra passanti che reagiscono in modi differenti alla suo essere lì, presente ed estranea al tempo stesso. Il suo corpo si fa elemento di mediazione fra la gente per strada e noi che osserviamo il video e che con lei condividiamo la stessa visione e sperimentiamo la medesima dimensione temporale. Il suo corpo funge da “ago che lega insieme persone di tempi e spazi diversi”e, questa volta, si rovescia l’operazione fatta con le stoffe: non più involucri reali che coprono corpi invisibili, bensì un corpo reale (il suo) avvolto in modo immateriale. Negli ultimi video del 2005, pur mantenendo la stessa scelta espressiva, Kimsooja ha variato il contesto della performance, visitando luoghi emblematici delle ferite del colonialismo e di conflitti attuali, una prova non priva di pericoli nel suo farsi. Ne è risultata un opera di grande valenza etica e politica: la condizione di ago è la forma specifica del suo essere nel mondo, quel mondo che apre davanti a noi ed ha, per lei, il senso vero del coinvolgimento in prima persona, di un’autentica, fisica esperienza di spazio e tempo.

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