Chiara Gatti
Su una pianura dei Balcani, sotto un´acqua scrosciante, in mezzo alle pietre e al fango si consuma un rito ancestrale a metà strada fra un sabba erotico e una danza della pioggia . Mentre dodici donne si strizzano i seni e agitano al vento la vagina, i loro compagni, nudi come lombrichi, copulano con la terra come se fosse un´amata da fecondare. È un antico rito propiziatorio contadino quello scelto per un video ad alto tasso di turbamento, protagonista da giovedì, negli spazi dell´Hangar Bicocca, di una mostra ideata da Art for The World e dedicata alla madre putativa della performance mondiale.Lei è Marina Abramovic, sessant´anni, serba di Belgrado, che negli anni Settanta ha esordito nel campo della body art ed è diventata famosa con una serie di lavori in cui ha utilizzato il proprio corpo come strumento di ricerca, esposto spesso ad esperimenti estremi. Stando immobile per ore su un blocco di ghiaccio o con un pitone sulla testa. Oppure permettendo al pubblico di utilizzarla come fosse un oggetto e di farle qualsiasi cosa o, ancora, restando cinque giorni in cima a una montagna di ossa da spolpare, cantando filastrocche slave e mondando ogni brandello di corpo in segno di lutto, all´indomani della tragedia nella ex Jugoslavia. Una performance, quest´ultima, intitolata Balkan Baroque, che le valse il Leone d´Oro come migliore artista alla Biennale di Venezia del 1997 e che sarà riproposta in mostra accanto al suo nuovo lavoro shock, Balkan Erotic Epic, e ad altre cinque video installazioni realizzate fra il 2001 e il 2003. Marina Abramovic, che cos´è una performance?”È una trasmissione di energia. È un modo per l´artista di condividere le proprie emozioni col pubblico, chiamato a partecipare all´azione messa in scena, soffrendo quando l´autore soffre, interagendo col suo corpo o reagendo istintivamente a qualsiasi cosa accada. Il pubblico è protagonista dell´opera. E se non reagisce significa che l´opera non funziona”. Talvolta il suo pubblico ha reagito superando i limiti?”Studiare i limiti fa parte della mia ricerca. Anche se può essere rischioso. Anni fa, a Napoli preparai 72 oggetti che i visitatori potevano utilizzare su di me a loro piacimento. Fu terrificante. Una persona mi puntò addirittura una pistola alla tempia. Lì ho capito che testando i propri limiti si scoprono quelli degli altri”. Tutte esperienze spaventose?”Non sempre, a Bologna nel ´77 fu divertente. All´epoca lavoravo con l´artista tedesco Ulay. Ci mettemmo nudi all´ingresso della galleria. La gente faceva fatica a passare senza toccarci. Abbassava gli occhi e chiedeva scusa. Poi sono arrivati i carabinieri e si infuriarono perché, ovviamente, non avevamo con noi i passaporti”. Come reagirà il pubblico alla provocazione del suo ultimo video erotico?”Non è una provocazione. Non inseguo il facile senso dello scandalo. Con Balkan Erotic Epic intendo dimostrare che l´erotismo non coincide necessariamente con la volgarità. Per preparare il lavoro ho studiato su antichi manoscritti dedicati a riti pagani. Ho rappresentato quel rapporto viscerale fra l´uomo e la natura che fa parte della nostra cultura fin dal medioevo”. Gli attori non erano professionisti. Come ha fatto a dirigerli?”All´inizio è stato problematico. Le donne non avevano mai fatto nulla di simile. Per loro era difficile mostrare la propria vagina davanti alla macchina da presa. Così, durante le prove, sembrava tutto grottesco. Le ragazze e le donne più anziane si tiravano su le gonne a metà e ridacchiavano. Poi, chissà come, abbiamo cominciato a girare. E io mi sono accorta che più erano stanche, più erano inzuppate di pioggia e più cadevano nel fango, tanto più la cosa diventava credibile e… primitiva”. A quale video, presentato in Bicocca, è particolarmente legata?”The Hero, dedicato a mio padre, eroe della resistenza jugoslava, che ha combattuto con i partigiani di Tito contro le forze di occupazione tedesche. Durante questa performance rimasi per ora immobile su un cavallo reggendo una bandiera bianca, simbolo della resa”. Ci sono anche lavori particolarmente amari.”Count on Us, per esempio, è una performance dove ironizzo sulla storia di una scuola intitolata alle Nazioni Unite cui un compositore jugoslavo dedicò un inno infarcito di promesse di aiuti che non sono mai state mantenute. Qui interpreto uno scheletro che dirige un coro di bambini che cantano parole di una speranza. Accanto a loro, altri due bambini intonano come angeli motivi di un amore struggente, mentre sullo schermo di fronte io tengo in mano un tubo al neon e sto in mezzo a due bobine di rame. Le bobine rilasciano nello spazio oltre 35.000 volt di elettricità che passa attraverso il mio corpo e illumina il neon senza bisogno di cavi. Ecco cosa intendo quando dico che la performance è una trasmissione d´energia. Questa installazione-video dovrebbe trasmettere i ricordi del passato e gli interrogativi sul futuro”.Hangar Bicocca, a cura di Adelina von Fürstenberg, 20 gennaio-23 aprile, inaugurazione 19 gennaio ore 19. Sponsor: Capitalia, Fondazione Siemens, Pirelli RE, Morgan Stanley. Mar-dom 11-19, gio. 14.30-20. Info 335.7978214. Catalogo Skira.