Sara Gandini e Umberto Varischio
Caro manifesto, del dibattito avviato dall’articolo di Manuela Cartosio e dalla trasmissione L’Infedele, del primo maggio, un aspetto ci turba profondamente: la quasi completa afasia maschile. Per ora, salvo qualche accenno di Gad Lerner sulla propria esperienza personale, solo Roberto Tilio è intervenuto, ringraziando una migrante e riconoscendo il suo affidarsi a lei per risolvere una sua esigenza oltre alla sua impagabilità”; e altrettanto giustamente ha denunciato l’inciviltà di una società che obbliga queste donne e questi a situazioni inumane anche solo per poter ottenere il permesso di esserci insostituibili;ma sulla questione specifica della cura gli uomini non hanno null’altro da dire? Se il lavoro di cura continua ad essere svolto dalla donna anche in presenza delle/dei “badanti” questo non pone nessun problema? E se parte di questo lavoro viene affidato soprattutto a lavoratrici migranti la questione riguarda solo le datrici, e gli eventuali datori, di lavoro? Grazie alla libertà femminile, che le donne hanno ottenuto dopo anni di femminismo, e a relazioni più significative con le donne stesse, sta emergendo sempre più il desiderio maschile di ribaltare quelli che sono i modelli del patriarcato. Sempre più uomini cominciano a sentire e ad esprimere il desiderio di paternità, partecipando concretamente anche alla cura dei propri figli; è un dato di fatto che sempre più uomini chiedono congedi di paternità e si occupano dei figli quando le compagne sono impegnate in altro. Non vogliamo dire che le donne e gli uomini hanno ruoli equivalenti e che non esistono differenze fra i sessi nel lavoro di cura o nel modo di stare in relazione nella famiglia. Siamo però convinti che la presenza viva di entrambi, uomini e donne, ognuno con le proprie ambizioni e modalità, possa aiutare entrambi a vivere più liberamente anche i propri desideri di realizzazione, al di là di schemi prestabiliti. E aiuti a ridare valore anche al lavoro di cura salariato svolto da donne (e alcuni uomini) immigrati da paesi più poveri. Come dice Luisa Muraro, senza fomentare risentimenti e confusione e senza menare colpi alla cieca sulle esperienze degli esseri umani.