17 Marzo 2005
CORRIERE DELLA SERA

Il Csm boccia il piano per agevolare le donne magistrato

«Ci sono priorità diverse, lo ha detto Ciampi». Rognoni e la sinistra per il sì mentre laici del Polo, Unicost e Mi hanno votato no
No al gruppo di studio per conciliare lavoro e famiglia
Dino Martirano

ROMA – Il Consiglio superiore della magistratura celebra il quarantennale dell’ ingresso delle donne in magistratura bocciando un progetto per le pari opportunità. Saltano, dunque, il finanziamento europeo di 210 mila euro e il gruppo di studio che avrebbe dovuto approfondire il tema della «conciliazione tra la vita familiare e quella lavorativa». La proposta di studiare da vicino i diversi percorsi professionali che rallentano le carriere delle donne magistrato è stata bocciata (13 voti contro 11) nonostante che il vicepresidente Rognoni, il primo presidente della Cassazione Marvulli e il pg della Corte Favara abbiano votato a favore, insieme ai laici di centrosinistra e a Magistratura democratica. Nulla da fare, dunque, perché hanno fatto fronte comune i «laici» di centrodestra, i togati di Unicost e di Magistratura indipendente e Giuseppe Fici del Movimento per la Giustizia. 40 ANNI – Nel 1965, quando le prime 4 donne entrarono in magistratura, il problema delle pari opportunità era relativo. E così anche nel ‘ 71, quando la presenza femminile non superava il 2,9% o nell’ 81 quando le toghe rosa erano il 10,3%. Ma oggi la situazione è addirittura ribaltata: agli ultimi concorsi di accesso in magistratura, il 60% dei promossi erano donne. E tra i magistrati sotto i 30 anni, il 58 per cento sono donne e presto gli uomini saranno in minoranza in tutte le classi d’ età. I CAPI – L’ unica eccezione sono i ruoli direttivi. Qui gli uomini dominano perché le donne occupano 18 poltrone su 421 di cui 14 nei tribunali e nelle procure per minorenni. Stesso discorso vale per i semidirettivi: 51 donne su 665 posti disponibili. E proprio dalla lettura di questi dati, conferma il consigliere togato Giuliana Civinini (Magistratura democratica), «era partito il progetto che prevedeva l’ istituzione di un gruppo di lavoro esterno composto da quattro magistrati (Luisa Napolitano, Ezia Maccora, Iside Russo e la dottoressa Gattiboni, ndr), da un sociologo, da uno statistico e da tre addetti di segreteria». Ma il consiglio ha ritenuto di non dover percorrere questa strada, spiega il «laico» Nino Marotta (Udc): «L’ iniziativa era importante, ma in questo momento di ingorgo dei lavori ci sono priorità diverse. Il Csm è in una situazione di sofferenza e noi non abbiamo fatto altro che adeguarci all’ ultimo, meditato appello del capo dello Stato». Marotta dice questo perché, proprio alcune settimane fa, il Carlo Azeglio Ciampi, che è anche presidente del Consiglio superiore della magistratura, aveva rimarcato i tempi lunghi che il consiglio impiega per nominare i capi degli uffici e per i trasferimenti dei magistrati. CARRIERE – La motivazione di chi ha azzoppato il progetto «pari opportunità» non convince Giuliana Civinini: «E’ strumentale tirare in ballo l’ appello del capo dello Stato, perché qui si parlava di un gruppo di lavoro esterno al consiglio la cui istituzione, fra l’ altro, è stata discussa in una commissione che nulla ha a che fare con le nomine dei capi degli uffici». Conclude la dottoressa Civini, con un po’ di amarezza : «Devo dire che in occasione del quarantennale dell’ ingresso delle donne in magistratura il Csm ci ha fatto davvero un bel regalo». Il vicepresidente Virginio Rognoni ha fatto quel che poteva e in questo caso ha abbandonato quella posizione di neutralità che tante volte ha rimarcato con l’ astensione. Parla invece il «laico» di centrosinistra Luigi Berlinguer: «Le due esigenze che si sono manifestate erano compatibili. Resta, comunque, il problema per la donna magistrato tra impegni di lavoro e vita familiare». Se ne parlerà il 26 aprile a Roma, quando le donne magistrato celebreranno i loro primi quarant’ anni con la toga. All’ ordine del giorno il nuovo ordinamento giudiziario che, a loro parere, immagina un magistrato uomo che sgomita e fa i concorsi per i posti direttivi e un magistrato donna che accetta un ruolo impiegatizio. E che non diventerà mai capo dell’ ufficio. Dino Martirano SILVIA GOVERNATORI «Mi batto da 13 anni, troppi ostacoli» ROMA – Nel ‘ 92, il giudice Silvia Governatori abitava a Modena, aveva due figli piccoli e lavorava a Siracusa. E fu proprio lei, 13 anni fa, a mettere in mora il Csm affinché «rimuovesse gli ostacoli che impediscono la realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne». Dottoressa Governatori, il Csm non affronta il problema. Nulla è cambiato? «Credo che la delibera non sia passata perché nel Csm ci siano molte persone che non amano promuovere un magistrato per la sua competenza e il suo impegno professionale». Eppure tante donne magistrato son temute, rispettate. «Non è femminismo il nostro, men che mai vecchio stile. Ma se la magistratura è un sistema democratico, allora tutti i magistrati, uomini e donne, vanno valutati per ciò che sanno fare». E’ vero che agli ultimi concorsi le donne risultano più preparate dei colleghi magistrati? «Sono più determinate. Ma la nostra è una battaglia per la limpidità. Perché la compresenza è anche una scelta di professionalità, quella che si vede tutti i giorni in udienza».

Print Friendly, PDF & Email