11 Marzo 2011
Via Dogana n.96

Lettere e interventi

La mia differenza nel Movimento
Valeria Mercandino

Nel collage Autoriforma versus Bologna Process, (Via Dogana n. 96, marzo 2011, Situazioni a rischio di politica), c’è una mia riflessione sul movimento dell’autunno scorso. In breve, scrivevo riguardo la politica fatta nella mia facoltà, mettendo l’accento sul 14 dicembre, giorno in cui il movimento, in piazza, si era espresso con particolare violenza. Nel mio testo dicevo che quel giorno aveva segnato la mia differenza all’interno del movimento. Scrivo ancora a Via Dogana perché vorrei rendere conto delle cose che sono avvenute dopo quelle parole così da integrare e sviluppare quelle riflessioni che erano ancora parziali, mancanti della condivisione che le ha succedute.
Dopo quei giorni di sospensione (l’interruzione natalizia) che mi hanno trascinata in modo innaturale verso una quotidianità senza politica – che sembrava esser stata spazzata via dalle giornate di occupazione della mia facoltà –, la politica finalmente riprende. E il grumo denso delle emozioni che si era generato con la partecipazione a quel corteo esce, incontra altri punti di vista della stessa esperienza, viene a far parte di un discorso comune. La differenza non come motivo di allontanamento, di mancato coinvolgimento in ciò che accade (e in quel che era accaduto) ma ciò che mi permette, di nuovo, di stare nel luogo della responsabilità politica, dell’agire di concerto in una rete di relazioni che non si sono disperse, ma nel tempo alimentate.
Nel mio gruppo di politica le attività sono riprese febbrilmente, non ci siamo fermati con la sospensione delle scadenze nazionali e abbiamo proseguito nei modi che sentiamo nostri: gli incontri in assemblee, la creazione di gruppi (separati e misti) di approfondimento e studio su temi che riteniamo fondamentali per il nostro percorso politico, l’apertura verso altre soggettività con le quali confrontarci. Personalmente, il salto che ho fatto va ben oltre la presa di posizione rispetto ai modi di piazza e va verso un’appropriazione di quello spazio politico a cui, nel momento in cui diventava più mio, sentivo di appartenervi sempre più.

Il discorso sui modi di stare in piazza non si è fermato: non abbiamo dato nulla per scontato e abbiamo messo in comune le differenti posizioni e intenzioni che ci animano quando parliamo di contestazione: questo discorso comune mi ha permesso di tornare a riflettere sulla manifestazione, e di trovare molto altro da dire di quell’esperienza. Quella giornata è stata partecipata in modi diversi, e in quelle diverse forme anche io mi sono potuta esprimere. Nel decidere la forma di partecipazione a quel corteo, insieme alle mie compagne abbiamo deciso di costituire un cordone di sole donne che fosse di difesa e contenimento del nostro spezzone di corteo.

[…]

Sono senza lavoro, cerchiamo di trarne guadagno
Giulia Ghirardini

Non mi piace e stento ad ammetterlo: ho 61 anni e sono senza lavoro, una condizione che non ho conosciuto per tanti anni. È capitato dopo una brusca e lunga interruzione per malattia. Quando ho ripreso la consueta vita quotidiana il lavoro non c’era più. Inoltre si era acuita la crisi economica con la conseguente crisi occupazionale. Perdere il lavoro quando lo si interrompe è inevitabile per chi come me fa un lavoro autonomo. Ma succede sempre più spesso anche a chi lavora come dipendente. Restare senza lavoro e senza reddito è un fenomeno diffuso. Se non si hanno rendite, vivere senza reddito da lavoro è faticoso. C’è molto da fare per sopravvivere: spesa, medicine, casa, cibo, spostamenti, relazioni, svaghi, richiedono più tempo. Ogni cosa va scelta in modo oculato, bisogna far da sé prodotti e servizi che si comprerebbero se ci fossero soldi. Restare senza lavoro crea scompiglio alle singole persone e alle famiglie. Si è visto anche al cinema fin dagli anni Novanta. Ciononostante rivolgo l’attenzione ad altro. Il lavoro è un valore? Che valore gli viene attribuito? Cosa abbiamo da dire come perdenti lavoro? E cosa hanno da dire quelli che il lavoro non l’hanno mai avuto? In quali luoghi disoccupati e inoccupati, in età giovane o matura, si confrontano sulla propria condizione? Quali scambi e quali condivisioni sono possibili? Su queste domande ho bisogno di confronto. La parola è lo strumento per avviarlo. Ciascuno ne dispone senza spesa. Cerchiamo di trarne guadagno.
Giulia Ghir
ardini

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