Vita Cosentino
Guardai indietro, dicono, per curiosità,
ma potevo avere, curiosità a parte, altri motivi.
da La moglie di Lot di Wislawa Szymborska
Che ci sia una questione, direi meglio una gabbia mentale, a livello dell’immaginario del cambiamento, è un’intuizione suffragata da molti fatti. Pensiamo, per esempio, all’automatismo per cui se le donne non rispondono a ciò che accade con manifestazioni di piazza, subito sui media si parla del “silenzio delle donne”. Oppure pensiamo all’ostinazione con cui politici di professione e intellettuali continuano a non vedere l’esistenza delle donne nella nostra società, ritenendo impolitiche o prepolitiche le loro forme di espressione.
Cambiare l’immaginario del cambiamento interroga il tema in un doppio versante: quello che analizza (e critica) di che pasta è fatto l’immaginario corrente del cambiamento e quello che prova a immaginare (e praticare) il cambiamento, che trova parole per dirlo.
Sullo sfondo, nella cucina di questo numero, entrano due libri di Diotima, usciti di recente a breve distanza l’uno dall’altro: Immaginazione e politica, voluto soprattutto da Wanda Tommasi, e Potere e politica non sono la stessa cosa. Nel primo dei due, i diversi contributi aprono al pensiero immaginativo e attribuiscono alla possibilità di immaginare altrimenti la forza simbolica di smuovere il reale da una fissità mortifera, impermeabile ai desideri soggettivi. Il secondo ritorna con una riflessione nuova sul punto sorgivo del femminismo che, per agire politicamente, non ha cercato né i posti né i mezzi del potere. In particolare Diana Sartori mostra come l’immaginario del cambiamento sia ingabbiato in uno schema “rivoluzionario”: destituzione di un ordine costituito, seguito dalla necessaria ricostituzione di un ordine diverso. In questo schema, che si tratti della rivoluzione francese che ha portato alla democrazia o di quella russa che ha portato al comunismo, al centro rimane il potere, come perno attorno a cui ruota tutto. E l’autrice commenta: se invece questo non succede, allora non è successo niente.
Guardando indietro, vi propongo di rileggere Sfera pubblica (VD 77) in cui Marina Terragni intervista e conversa con Lia Cigarini e Luisa Muraro, a partire da un interesse che la sua direttora di Io donna le ha manifestato per un’altra politica possibile. Con il contributo di entrambe, vengono definiti i contorni di uno spazio pubblico femminile che parte dal modo in cui le donne stanno nel lavoro, passa per i giardinetti con le madri e i bambini e la convivenza quotidiana nelle città, comprende l’amore che le donne hanno per la cultura e lo studio e via e via. L’autrice osserva che la diffusa critica femminile alla politica della rappresentanza va completata con questa pars construens, con il riconoscimento di una propria politicità che ancora manca. Ma non basta che lo sappiamo noi, bisogna che lo si sappia tutte (e tutti).
Invito a rileggere anche Il lavoro del negativo (VD 65) in cui Marina Di Bartolomeo riflette a partire dalla storia di un conflitto felicemente superato nell’ambito dell’Autoriforma della scuola e che l’ha vista protagonista. L’interesse politico che la muove è quello di riuscire a stare insieme tra differenti, di dar vita a forme politiche che, rompendo con il noi monolitico, lascino campo libero alle differenze, al loro incontrarsi, dialogare, confliggere. La prima mossa è notare che, sebbene le voci più critiche provenissero dal gruppo di Firenze, il disaccordo non è mai stato di schieramenti contrapposti. Chi ha partecipato lo ha sempre fatto in prima persona, agendo ma anche tenendo conto dei propri imprevedibili spostamenti interiori. Come postura propone che il conflitto va messo in parole, ma le parole non bastano. Che bisogna fargli spazio, accettarlo, guardarlo, e tuttavia guardarlo in tralice, mantenendo lo sguardo anche su altro. Ne ricava che il modo migliore di concludere è proseguire oltre con la consapevolezza che non c’è mai una fine nell’incrociarsi e a volte scontrarsi tra differenze.
In chiusura vorrei segnalare una Lettera antifemminista da Berlino (VD 40/41) di Khatarina Rutschky, amica e collaboratrice di Via Dogana, recentemente scomparsa. L’autrice lavora di fino alla critica dell’immaginario femminista a partire dal fatto, piuttosto scandaloso, che donne di sinistra e verdi siano state d’accordo con la decisione, di una Ministra conservatrice della regione del Baden-Württemberg, di rifiutare l’incarico di insegnante della scuola pubblica a una giovane afgana musulmana. Motivo: insisteva a indossare il chador.
Vita C.
P.S. I numeri arretrati possono essere ordinati in Libreria delle donne, tel. 02-70006265 e tramite il sito www.libreriadelledonne.it