Libreria delle donne di Milano

Circolo della Rosa
Sabato 5 aprile 2003

Le DONNE IN NERO
resoconto di Serena Fuart

“L'incontro è stato presentato da Laura Colombo ed si è avvalso degli interventi di Luisa Muraro e di Luisa Morgantini.

Le Donne in Nero

"...I nostri occhi si muovono, non sfuggiamo gli sguardi delle persone che passano, vogliamo che sappiano perchè siamo lì, siamo nelle piazze, partecipiamo, anche dove non si vuole che si partecipi..." (Donne in Nero)

Il movimento delle Donne in Nero nasce a Gerusalemme da sette donne israeliane che si ritrovarono in piazza per manifestare con il loro silenzio la loro opposizione all'occupazione.
Il movimento oggi è attivo anche occidente caratterizzato dalla loro protesta silenziosa e tinta di nero.
"Mettere in pratica la solidarietà..." si trova scritto sul loro sito internet a proposito della loro missione "...mettere in contatto le donne dalle varie parti del mondo per tessere una tela di relazioni umane, poter costruire una politica internazionale delle donne, superare confini, barriere, nazionalismi pur essendo radicate nella nostra realtà. Il movimento riguarda un ricercare comune, intendendo con questo un concetto di più ampio dei semplici luoghi pubblici, visitare i luoghi più difficili della mente, della coscienza, quello che è nascosto dalle nostre paure e dai nostri pregiudizi, affrontare i nodi della violenza, della guerra, del dolore, dell'odio, dell'estraneità, della passività per conoscere e per conoscersi per cambiarsi.".
Le Donne in Nero, partono quindi da loro stesse, dal mettersi in gioco in prima persona e dalle relazioni che riescono a tessere con donne di luoghi lontani e a loro si riconosce il fatto di aver dato vita ad un nuovo modo di essere dissidenti e protestare, un metodo che va al di fuori delle logiche dei sistemi di potere. In tali sistemi è prevista l'opposizione, è calcolata e inglobata nel sistema del potere stesso costituendone la naturale contrapposione che lo sostiene.
Le Donne in Nero hanno quindi obiettivi comuni e precisi che partono dal presupposto di creare qualcosa di concreto.
La simbologia dei loro strumenti, il silenzio e il vestire di nero, evoca dei significati precisi: il silenzio è simbolo di forza, è il loro linguaggio per attirare l'attenzione e sottolineare la loro presenza, il nero è un colore che ha come effetto una comunicazione immediata.

"Io vivo un'insidia profonda a stare in questo occidente,..." dice Laura Colombo, "...questo occidente che pur lontano dalle bombe ci ubriaca con la retorica della guerra umanitaria, guerra per preparare la pace.
L'occidente rivendica un diritto onnipotente di distruggere e ricostruire e in qualche modo controlla la vita a chi occidentale non è. La situazione della guerra in Iraq è paradossale: oltre alle spese militari sono già previste quelle degli aiuti umanitari.
L'occidente va avanti per le sue logiche e mi crea rabbia: il disfare per poi fare. Tuttavia ogni protesta sta dentro questo sistema. Le Donne in nero mi fanno riflettere: c'è un modo di dissentire che non rientra nel meccanismo della normalizzazione dell'opposizione.
Il movimento è vivo anche in Italia da diversi anni e ritengo importantissimo quello che fanno: questo mettersi in relazione con donne che vivono in questi posti difficili, tessere con loro delle relazioni e sostenere quello che loro vogliono fare con opere di civiltà nei luoghi vicini. Questo è un modo che mi fa vedere che c'è qualcosa di buono e positivo anche in questo occidente inglobato quasi completamente in una rete di potere.".

"Non starci per esserci" e le Donne in Nero

Il dibattito della serata prende avvio con l'intervento di Luisa Muraro, che ripropone un articolo da lei scritto su Via Dogana intitolato "Non starci per esserci". Tale articolo ha generato delle incomprensioni con alcune esponenti delle donne in Nero, derivanti dalla posizione presa da Muraro in tale scritto.
"Conosco le Donne in Nero attraverso diverse testimonianze di alcune di loro..." Dice Muraro "...le apprezzo, penso ai silenzi delle donne in passato e penso che testimoniare in silenzio sia geniale.
L'idea che ho espresso e che ha creato qualche dissenso parte dal fatto che io sono la sorella di un gesuita che da quando ha vent'anni vive in Brasile e si occupa della teologia della liberazione. Vive in luoghi difficili dove ha rischiato la vita e tuttora la rischia assieme ai suoi collaboratori.
Nonostante questo io resto perplessa davanti alle mille opportunità che la società occidentale si crea per espandersi in nome di valori universali. Gli occidentali devono perdere questa abitudine perché, pur partendo con le migliori intenzioni, portano scompiglio e malattie. Tra le donne che si espandono dall'occidente cito anche le donne in Nero. Questa è una veduta estrema, che non ha sfumature e ne sono consapevole."

A questo punto a prendere la parola è proprio Luisa Morgantini che inizia a parlare raccontando di come sia sorta questa sua vocazione a spostarsi e conoscere.
"Da piccola mi sedevo sulla porta della mia casa che dava sulle montagne. Volevo distruggerele perchè le sentivo come un ostacolo per spostarmi e conoscere altri luoghi".
Morgantini non nasconde quindi quanto radicate fossero in lei le origini del desiderio di conoscere l'alterità. L'altro è diverso, dice, ma non poi così tanto. Certo c'è la differenza culturale ma è proprio all'interno delle asimmetrie e delle disparità che si può lavorare costruendo un terreno comune d'intesa.
"Il nostro percorso ha inizio nel 1986 e allora si chiamava "Visitare luoghi difficili"..." Continua Morgantini "...nasce in occasione del conflitto palestinese in Libano, tragico quanto complesso, che ci ha formato e fatto nascere. Tra noi eravamo differenti, arrivavamo da esperienze diverse ma ci guidava un pensiero comune: andare in quei luoghi non semplicemente per portare solidarietà e aiuti ma per avviare e creare scambio, promuovendo la costruzione di una politica internazionale di donne proprio attraverso relazioni di scambio."
Luisa Morgantini arriva al nodo cruciale del dissenso con Luisa Muraro "... non siamo occidentali che vanno in quei luoghi a portare delle cose ma a creare relazioni scambio partendo dalla matrice comune di essere donne".
Il movimento, continuava Luisa Morgantini, si basa sulla sfida di costruire una comunità di donne nei luoghi difficili e creare la possibilità di far riconoscere loro il diritto di esistere e di essere libere.
"Abbiamo incontrato donne israeliane che già stavano manifestando in silenzio per dire basta alla politica del loro governo" continua Morgantini, e spiega poi come all'inizio avessero avuto dei problemi di accettazione dovuto alla diffidenza che le donne del posto nutrivano nei loro confronti. Alla fine però gli obiettivi relazionali e costruttivi sono stati chiari ed è stato possibile instaurare un dialogo.
"La guerra distrugge..." continua ancora Luisa Morgantini "...noi siamo contro la guerra e la spirale allucinante degli aiuti umanitari, spirale che annienta e distrugge. Noi vogliamo essere fuori da questa logica. Come Donne in Nero critichiamo la logica degli aiuti umanitari per il modo in cui questi trasformino e rendano corrotte le società.
Articoli di giornali ci hanno definito indebitamente come seguito dei giornalisti ma noi abbiamo iniziato molto prima della guerra..."
Luisa Morgantini chiude questo suo lungo intervento parlando delle sue resistenze ad adottare i simboli della lotta del movimento che ha abbracciato.
"Vestire di nero per me è stato difficilissimo" dice, e spiega come per lei questo colore rappresentasse il lutto, il pianto delle donne, il partito fascista. "Non ho compreso subito come tale colore contenga in sé il significato di forza, criticità sostenuto dal silenzio che è linguaggio che parla alla coscienza."
Inoltre chiarisce il loro rapporto con la solidarietà. "Non disdegnamo la solidarietà. Abbiamo un progetto con le donne di Jenin per aiutare le donne e le ragazze ad andare a scuola e a trovare lavoro".

A questo punto hanno preso avvio una serie di interventi che richiedevano dei chiarimenti o contenevano spunti di riflessioni.
Uno di questi mirava a conoscere più dettagliatamente l'origine del movimento, ossia chiedeva se le donne in Nero, facendo notare la loro esistenza, fossero state invitate ad andare nei luoghi difficili oppure se avessero spontaneamente preso l'iniziativa.
Luisa Morgantini prende la parola rispondendo che ora le donne in Nero si muovono sia per loro iniziativa ma anche su convocazioni, mentre nell'86 la scelta di partire è stata loro.
Viene poi richiesto l'intervento di Luisa Muraro. In particolare le si chiede maggiori delucidazione sulla sua posizione, definita da lei stessa estrema, in cui vede un Occidente portatore di malattie in continua espansione.
"Le motivazioni sono di carattere storico, geopolitico..." risponde Luisa Muraro "...l'Europa moderna ha cominciato ad andare in giro con un moto espansivo della propria civiltà, della propria economia, dei propri usi e costumi trovando sempre nuove ragioni e argomenti per espandersi..."
Gli effetti di questa espansione però, tutt'altro che positivi secondo il suo pensiero, l'hanno spinta ad adottare una posizione estrema che si traduce in una frase: "Restiamo a casa nostra"
La risposta a tale intervento si fa sentire da una delle donne in Nero presenti in sala la quale invita Muraro ad andare in Afganistan con loro, oppure in Kurdistan o in Palestina.
"Io ho avuto più di quanto sia stata capace di dare, non credo di aver colonizzato nulla, sono stata io piuttosto a essere colonizzata da loro. Si tratta di viaggi di conoscenza in cui si cerca di capire com'è una situazione, fornendo aiuti dove possibile. Qui in Occidente non c'è informazione, c'è bisogno di vedere e non solo di scrivere e leggere, c'è bisogno di toccare con mano.
Quando ho visto le scuole di Rawa, mi sono resa conto che fare certe esperienze può cambiare la vita".
Tale intervento è supportato da Luisa Morgantini, la quale tuttavia afferma di capire quello che intende Luisa Muraro. L'Occidente è frammentato, dice Morgantini,"...ma quando ci telefonano dall'Iraq, dalla Palestina, da Israele ci fanno capire quanto sia importante per loro vedere che l'Occidente non è fatto solo di barbari e colonizzatori ma, dicono, ci siete anche voi che per le strade manifestate per la pace. Ci sono delle differenze"

Un altro intervento fa luce su di un aspetto poco evidenziato: il problema economico. L'idea della politica internazionale è molto alternativa ma viaggiare costa molto sia in termini di denaro che di tempo libero.
Luisa Morgantini risponde di come sia consapevole che problema del denaro è un problema reale e spiega come il movimento si sia sempre autofinaziato.
Ci sono stati diversi altri interventi sulla scorta delle parole di Luisa Muraro. Uno di questi, evidenzia l'opinione che l'Occidente abbia delle grosse colpe perché, partendo da una convinzione di superiorità, ha sempre avuto la presunzione di espandersi portando la sua superiorità o la sua verità, spacciata come universale, cercando sempre e comunque di apportare delle modifiche con lo scopo o la scusa di migliorare la situazione altrui. Viene inoltre ripreso un aspetto del discorso di Luisa Morgantini che nei suoi discorsi sembra non prendere in considerazione il differenziale femminile mentre al contrario esiste una differenza abissale tra le donne del mondo.
Un altro intervento vuole sottolineare come anche all'interno del movimento ci siano delle spaccature: il gruppo delle Donne in Nero di Firenze sembra stia per dividersi a causa di divergenze d'opinione riguardo la partecipazione al social forum: alcune trovano lì un luogo di ricchezze varie, altre ostentano un rifiuto pregiudiziale. Sembra comunque che alcune di esse siano così proiettate verso realtà lontane da non riuscire a risolvere le difficoltà relazionali più vicine.
Un ulteriore intervento mette in risalto la difficoltà a comprendere i moventi che spingono a tessere relazioni e andare nei luoghi lontani. I moventi forniti sono molto validi ma diversi l'uno dall'altro come la solidarietà, scambio, condivisione, cose differenti che possono generare confusione.

Un altro punto fondamentale della discussione parte da una domanda in cui si chiede qual'è il differenziale di pratica rispetto a quello degli uomini che fanno l'internazionalismo proletario.
Luisa Morgantini risponde che la differenza tra il loro progetto e gli altri sta nel fatto che non sono le donne in Nero a creare scopi e obiettivi di lavoro, loro si limitano a seguire e a sostenere le progettualità create dalle donne dei luoghi lontani. Inoltre ci tiene a precisare che le persone che hanno incontrato sono state donne che hanno lottato e lottano per la democrazia e la libertà; le donne in Nero quindi non si limitano ad opere di carità in senso generico ma sostengono la realizzazione di obiettivi di donne con progettualità democratiche e di libertà.
Altri due interventi sottolineano ancora la posizione di Luisa Muraro, uno evidenziando come il problema di quando si va "lontano" sia che, inevitabilmente, si porta con sé la nostra storia, impossibile quindi andarci con neutralità. L'altro intervento sottolinea il fatto che, a prescindere dalla motivazioni per cui si va in avanscoperta in altri paesi, è sempre in atto un processo di colonizzazione più o meno intenzionale perché, volenti o nolenti, qualcosa si prende sempre.

La discussione si arricchiva così di interventi e opinioni differnti. Nel corso di tutti gli interventi si creato un meraviglioso spazio di riflessione e di critica che ha offerto spunti per la creazione e l'elaborazione di un proprio pensiero arricchito così dalla diversità delle idee e della profondità delle tematiche affrontate.